Pm e avvocati: stop al decreto intercettazioni
Decreto Orlando Ci sono tutti da Pignatone a Melillo e a Lo Voi Il penalista Miliucci: mortificante. Albamonte: urge rinvio
Un’armonia d’intenti tra pubblici ministeri e avvocati penalisti fino a poco tempo fa era impensabile ma ieri si è avuta la rappresentazione plastica di quanto sta accadendo da alcuni mesi attorno alla riforma Orlando sulle intercettazioni che dovrebbe essere attuata il 12 luglio.
LA SALA EUROPA della Corte d’Appello di Roma era gremita per un convegno promosso dalla Camera penale di Roma. Magistrati e avvocati insieme per chiedere un rinvio e modifiche sostanziali a quella che il presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci ha definito una riforma “mortificante”, che deve andare davanti alla Corte Costituzionale. Insomma, per dirla con il presidente uscente dell’Anm Eugenio Albamonte, allo stato è una riforma “inattuabile”.
Durante il dibattito coordinato dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che si è limitato a parlare di legge con “molte lacune” e ha fatto l’ospite che dava la parola, imagistrati hanno puntato il dito soprattutto sul problema della valutazione e della selezione delle intercettazioni rilevanti ai fini di un’inchiesta. Ora la polizia giudiziaria è tenuta a redigere quello che in gergo si chiama brogliaccio, un riassunto delle intercettazioni in modo che pm e avvocati possano avere sotto gli occhi a grandi linee tutto il materiale e valutare se ci siano registrazioni utili anche in un momento successivo. Ma con la riforma, la Pg potrà scrivere solo data e ora delle intercettazioni che ritiene irrilevanti e che finiranno in un archivio riservato sotto la responsabilità dei procuratori. Spiega il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo: “Se non potranno più esserci i brogliacci ma solo ‘annotazioni’ per intercettazioni di cui la pg ha dei dubbi, quale elemento ho io pm per discernere?” Creazzo, così come l’avvocato Migliucci, evidenzia una sperequazione tra gli imputati “abbienti e non abbienti”. Solo i primi potranno permettersi studi importanti con molti avvocati costretti all’ascolto di una marea di intercettazioni, senza nemmeno poter prendere appunti, alla ricerca di prove difensive.
IL PROCURATORE di Napoli Giovanni Melillo, che pure è stato il capo di Gabinetto di Orlando, dice che “non è possibile l’entrata in vigore” della riforma . Anche il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, noto per la sua prudenza istituzionale, scende in campo: la riforma “è un gran pasticcio” e ritiene “probabile un intervento della Consulta” per le limitazioni alla difesa. Il procu- ratore aggiunto antimafia di Milano Alessandra Dolci, come ha già scritto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, sostiene che non basta la previsione di un’annotazione “preventiva” della pg al pm solo quando ha il dubbio sulla rilevanza di un’intercettazione : “Tutto quello che è manifestamente irrilevante va coperto ma il resto deve essere indicato nell'annotazione, utile per accusa e difesa”.
Le conclusioni di Albamonte risentono del momento politico: “Lanciamo una specie di messaggio in bottiglia in assenza di interlocutori politici e senza sapere se verrà raccolto. C'è un ritardo enorme nella definizione delle linee guida. Occorre un congruo rinvio”.