Il Fatto Quotidiano

Alluvione a Genova: 5 anni per l’ex sindaca Vincenzi

In Appello Condanna pesante per le sei vittime dell’esondazion­e del novembre 2011: “Non chiuse scuole e strade”. Rischia il carcere

- » FERRUCCIO SANSA

Dalla poltrona di sindaco di Genova al rischio di finire in carcere. È mezzogiorn­o di ieri quando i giudici d’Appello di Genova leggono la sentenza: “Condanna confermata”. Cinque anni per disastro e omicidio colposi e falso per l’alluvione che nel 2011 provocò 6 morti. Si abbraccian­o i parenti delle vittime: “Dio manderà questa gente all’inferno”. Ma già ora sembra un inferno: Bruno Marchese, marito dell’ex sindaca, è terreo, trema. Si accascia a terra. Vincenzi, rimasta a casa, parla con un filo di voce ai cronisti: “Cosa posso dire? Non so se ce la farò ad andare avanti”.

È PASSATA una manciata di anni da quando Vincenzi era uno dei campioni del centrosini­stra. La prima sindaca di Genova, già proiettata verso traguardi nazionali. Poi arrivò quella mattina del 4 novembre 2011 e tutto cambiò: il disastro, poi il Pd – che già la maldigeriv­a – lesto a scaricarla. Infine la solitudine, il processo e la condanna. Manca la Cassazione, certo. Pene ridotte per l’allora assessore alla Protezione civile Francesco Scidone (2 anni e 10 mesi) e Gianfranco Delponte (2 anni e 9 mesi). La Corte d’Appello invece è stata più severa con i dirigenti comunali Pierpaolo Cha (4 anni e 4 mesi) e Sandro Gambelli (2 anni e 10 mesi).

Se la sentenza fosse confermata, per Vincenzi si aprirebber­o le porte del carcere. La pena è superiore ai quattro anni. Certo, l’ex sindaca ha settant’anni e potrebbe subito dopo chiedere la detenzione domiciliar­e. “Dentro di me so di essere innocente. Ho iniziato il processo che non ricordavo nulla, ora ricordo tutto”, ha sempre detto Vincenzi. “Dovremo attendere la Cassazione per insistere sull’applicazio­ne delle norme che regolano la responsabi­lità colposa, così come è avvenuto presso altri giudici in Italia”, spera ancora il suo avvocato, Stefano Savi, che l’ha difesa insieme con Franco Coppi.

Era la stessa ora di ieri, quella terribile mattina di quasi sette anni fa quando a Genova il rio Fereggiano esplose. Colpa delle piogge devastanti, del cemento follemente cresciuto per decenni lungo i corsi d’acqua. Ma la città fu colta impreparat­a. Migliaia di persone per strada. Centinaia di bambini e genitori che tornavano da scuola. Nonostante l’allerta 2 e l’acqua che trasformav­a le strade in fiumi impazziti.

C’ERA Shpresa Djala (29 anni) che cercava di mettere in salvo le sue due figlie: Gioia (di 8 anni), appena presa a scuola, e Janissa di 10 mesi. In quei terribili minuti persero la vita anche la diciottenn­e Serena Costa – che stava correndo a prendere il fratello a scuola – e la quarantenn­e Angela Chiaramont­e. Anche lei tentava di raggiunger­e il figlio a scuola. Evelina Pietranera (50 anni) invece aveva appena chiuso la sua edicola. I magistrati hanno contestato il fatto che politici e tecnici non avessero chiuso le scuole nonostante l’allerta e che non fossero state bloccate le strade (la causa della sesta morte). Hanno scritto i pm: “Gli uffici comunali di Prote- zione Civile avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11 mentre il rio Fereggiano esondò intorno all’una”. Ci sarebbero state due ore, ma i provvedime­nti “non vennero messi in atto”. Ci sarebbe di più: “Non solo non fecero quello che andava fatto... ma falsificar­ono il verbale alterando l’orario d e ll ’ e so n d az i o ne ”. È la tesi de ll’accusa: le carte sarebbero state “taroccate” per sostenere che quel giorno sulla città si abbattè una “bomba d’acqua” impossibil­e da prevedere. Ma le testimonia­nze delle gente e i video girati in quelle ore dimostraro­no che la piena arrivò alle 12: 15 e non alle 12:45.

Chi copre incarichi di vertice – ha detto il pm Luca Scorza Azzarà in aula – è colpevole anche se non fa nulla mentre i suoi sottoposti commettono errori macroscopi­ci. Il magistrato ha accostato chi era nella sala operativa del Comune di Genova ai manager della Thyssen di Torino le cui omissioni dopo ripetuti allarmi costarono la vita agli operai.

Nella casa di Rivarolo Vincenzi ripete: “Non so se riuscirò ad andare avanti”.

Isolata

La prima cittadina, già scaricata dal Pd: “Non so se ce la farò ad andare avanti così”

La scheda Il 4 novembre del 2011 le fortissime precipitaz­ioni su Genova causarono l’esondazion­e dei torrenti Bisagno e Fereggiano. Le vittime furono 6: una madre con le sue due figlie di 1 e 8 anni, una ragazza rimasta schiacciat­a da una macchina e altre due donne. In tutto gli sfollati sono stati un migliaio

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