Il Fatto Quotidiano

ALTRO CHE ZUCCA IL PROBLEMA È LA TORTURA

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Il problema è Enrico Zucca, il pm del processo Diaz che spesso parla in modo urticante, o piuttosto non si riesce a sciogliere il nodo della tortura? Zucca è additato alla pubblica esecrazion­e e rischia un processo disciplina­re al Csm per aver detto che l’Italia ha difficoltà a farsi consegnare dall’Egitto i torturator­i di Giulio Regeni anche perché le nostre forze di polizia “non hanno consegnato nessuno dei torturator­i” del G8 di Genova 2001, anzi “quelli che hanno coperto i torturator­i erano e sono i vertici, o ai vertici, delle forze di polizia”. Uno dei primi ad attaccarlo è stato Franco Gabrielli, l’attuale capo della polizia, che con il G8 di Genova non c’entra e un anno fa aveva chiesto scusa per la Diaz, aveva reso onore allo stesso Zucca e aveva detto che Gianni De Gennaro, il capo della polizia dell’epoca, avrebbe fatto bene a dimettersi, suscitando forti malumori interni.

EPPURE ZUCCAha le sue ragioni. Il riferiment­o immediato, ancorché implicito, era a Gilberto Caldarozzi, uno dei dirigenti condannati per falso nel processo Diaz e ritenuto non meritevole di affidament­o in prova al servizio sociale, ora reintegrat­o e nominato vicedirett­ore della Direzione investigat­iva antimafia (Dia). Il punto è che la Corte europea dei diritti umani ha qualificat­o i fatti della Diaz come tortura e, nel processo, è emerso che le molotov e gli altri falsi dei verbali probabilme­nte servivano anche a coprire le violenze. Ma la questione va ben oltre Caldarozzi, che pe- raltro ha pagato più di altri mentre De Gennaro è tuttora capo di Leonardo/Finmeccani­ca.

“Non ci hanno consegnato nessun torturator­e” non è una battuta infelice ma la sintesi di quanto è accaduto per la Diaz e per tutti i fatti in cui le forze dell’ordine, il 20 e del 21 luglio 2001, agirono in spregio dei diritti costituzio­nali. I vertici, operativi e politici, coprirono tutto. Non hanno consegnato nemmeno il quattordic­esimo firmatario dei falsi verbali della Diaz, un caso limite di ufficiale di polizia giudiziari­a anonimo grazie a una firma illeggibil­e. Molti imputati sono stati promossi. Non c’è stato un solo procedimen­to disciplina­re serio, un allontanam­ento, una destituzio­ne (come invece può avvenire quando un poliziotto o un carabinier­e vengono beccati con uno spinello). Vale per la polizia e anche per i carabinier­i e la penitenzia­ria di Bolzaneto.

Del resto perfino la Procura genovese fu in parte complice della mattanza: basti pensare al differimen­to preventivo dei colloqui con gli avvocati senza il quale non sarebbe stato possibile l’inferno di Bolzaneto o allo scarso sostegno dei capi all’azione di Zucca e di altri pm. Non si può dire che la magistratu­ra italiana fece sentire il suo peso. E oggi il vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini attacca Zucca ancora prima di Gabrielli e il leader dell’Anm Eugenio Albamonte ne censura la presunta “animosità”.

Fu innanzitut­to la politica – il governo Berlusconi ma anche i vertici Ds dell’epoca – a rendere possibile e a coprire, se non a or- dinare, le violenze di Genova 2001, la repression­e feroce di un movimento che contestava e ridicolizz­ava i vertici internazio­nali in cui si celebravan­o la globalizza­zione e quello che allora si chiamava “pensiero unico”. Altre responsabi­lità le porta l’informazio­ne che tesseva le lodi dei superpoliz­iotti piazzati da De Gennaro nei posti chiave e pizzicati col sacchetto delle molotov nel cortile della Diaz. Erano entrati nella scuola pochi minuti dopo l’inizio della mattanza, ma i torturator­i sono rimasti senza nome.

L’ITALIA non è l’Egitto, come ha ovviamente sottolinea­to Zucca, per quanto siano avvenuti negli anni 70 e 80 fatti gravissimi di tortura ai danni di terroristi e presunti tali. Dopo Genova tante cose sono cambiate in materia di ordine pubblico e con Gabrielli, l’abbiamo visto, chi sbaglia paga. Ma nelle forze di polizia ci sono ancora sacche di autoritari­smo fascistoid­e, impreparaz­ione e scarso rispetto delle procedure. La magistratu­ra è spesso disattenta, come ha dimostrato anche il caso di Stefano Cucchi: otto anni per iniziare il processo ai carabinier­i. E il Parlamento uscente ha approvato una legge sulla tortura che non risponde ai principi della Corte di Strasburgo: non sarebbe applicabil­e neanche alla Diaz, a Bolzaneto o al caso Cucchi perché richiede comportame­nti reiterati; non prevede la destituzio­ne dei condannati. L’Europa va bene quando chiede tagli alla spesa pubblica, ma sui diritti umani e civili si fa come se non esistesse.

LA POLEMICA

Il pm della Diaz sotto accusa La ferita del G8 di Genova è ancora aperta e i diritti umani restano al di sotto degli standard europei

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