Salah, l’idolo di Daesh prigioniero dei Crociati
È dietro le sbarre come unico sopravvissuto degli attentati del 2015: l’assaltatore di Trebes voleva la sua liberazione
Dopo parecchi mesi di apparente tregua, il terrorismo islamico colpisce di nuovo la Francia: in azione, un “lupo solitario” conosciuto dalla polizia per piccoli reati. Solamente un pregiudicato, di religione musulmana. Così, ancora una volta, come in passato, non è stato possibile impedire l’attacco. In Francia elementi come lui sono decine di migliaia.
Eppure, gli analisti avevano previsto che qualcosa sarebbe potuto succedere. Perché il 5 febbraio scorso si era aperto a Bruxelles il processo che riguardava l’arresto di Salah Abdeslam, avvenuto il 18 marzo del 2016 a Bruxelles, quattro giorni prima degli attentati al metrò e all’aeroporto della capitale belga (32 morti): Salah, infatti, è l’unico superstite dei commando che hanno insanguinato Parigi nella notte del 19 novembre 2015, provocando l’eccidio di 130 persone. Il suo corpetto esplosivo non aveva funzionato.
PER QUATTRO MESI era riuscito a sfuggire alla grande caccia: era diventato l’inafferrabile Primula dell’Isis. Dunque, per la galassia dei fanatici islamici, una sorta di eroe. Uno che, in galera, non si era piegato, non aveva collaborato con i giudici, anche se all’inizio della sua detenzione, si era sospettato del contrario. A questo cliché di leale combattente Isis prigioniero dei Crociati, Salah si è attenuto negli ultimi mesi. Durante l’ultima udienza del processo di Bruxelles, Salah ha infatti aperto bocca solo per scagionare il presunto complice Ali Oulka, accusato d’averlo aiutato nella fuga. D’altra parte, il silenzio gli garantisce la sopravvivenza (attualmente, si trova nel carcere di massima sicurezza di Fleury-Mérogis, vicino a Parigi, dove è videosorvegliato 24 ore su 24 ore).
Un prigioniero impossibile da liberare? Non per Redouane Lakdim, il terrorista solitario di Trèbes, e per i suoi mandanti: la richiesta di rilasciare Salah in cambio della vita degli ostaggi risponde ad una logica rozza: “Io sono un combattente dell’Isis”, avrebbe detto come premessa al tentativo di trattativa, “un soldato di Daesh”. Lui è uno di noi. Una logica senza spiragli. Forse, una sorta di prova, per un attentato più importante. Provare, cioè, quanto può resistere il governo al ricatto. Ma cedere, non se ne parla, fanno sapere da Parigi: sarebbe come aprire il vaso di Pandora. Linea dura, intransigente. Dalla fine del 2014 ad oggi, la Francia è stata il bersaglio prioritario del terrorismo islamico: dieci attentati quelli ispirati o organizzati dall’Isis (con un bilancio di 241 morti). Più il corollario di 17 attentati falliti e 42 sventati. Secondo il Centro d’analisi del terrorismo (CAT), solo nel 2017 la Francia ha subito 5 attentati, 6 tentativi e 20 progetti d’attacco. Degli undici attentati dello scorso anno, 9 avevano come bersaglio le forze dell’ordine. Insomma, guerriglia. Inoltre, i terroristi sono tutti residenti francesi, spesso frustrati per non essere riusciti a raggiungere il fronte siriano ed iracheno.
Il nemico in casa Undici attacchi solo lo scorso anno: gli autori erano tutti residenti in Francia