L’Europa ormai ha un solo incubo: i dazi
Il summit dei leader è tutto all’insegna della guerra commerciale dichiarata da Trump
Ormai l’Europa ha una sola preoccupazione: i dazi di Donald Trump che minacciano il commercio globale e, in particolare, quello tra Usa e Ue. Il Consiglio europeo che si è chiuso ieri a Bruxelles doveva essere dedicato soprattutto alla firma del primo accordo sulla Brexit, il divorzio tra Gran Bretagna e Ue. Ma il tema è passato in secondo piano di fronte al pericolo delle barriere commerciali che Washington vuole costruire per punire i concorrenti internazionali delle imprese americane nel tentativo di proteggere fatturati e posti di lavoro con un po’ di protezionismo.
L’UE HA OTTENUTO, per ora, una esenzione provvisoria dai dazi che Trump ha annunciato su alluminio e acciaio, ma soltanto fino a maggio. E così il Consiglio, che riunisce i capi di Stato e di governo dei 28 Paesi membri, ha chiesto che l’esen- zione diventi permanente, cioè che il protezionismo di Trump non si applichi alla materia prima di provenienza europea. L’Ue “si riserva il diritto di rispondere alle misure statunitensi in modo appropriato e proporzionato”, scrivono i capi di Stato e di governo europei nelle loro conclusioni, è la minaccia di una guerra commerciale come non si è mai vi- sta anche se di scontri tra Ue e Usa sul commercio ce ne sono stati parecchi, finiti spesso davanti alle corti del Wto.
La Cina è già pronta alle contromisure e minaccia ritorsioni per 3 miliardi di dollari su 128 beni statunitensi, ha già la lista, dalla frutta fresca alla carne suina e al vino. Il primo passo dovrebbero essere dazi del 15 per cento su 120 beni per un valore di un miliardo di dollari, per costringere gli Stati Uniti a trattare. La guerra si combatterà anche al Wto, l’organizzazione mondiale del commercio dove invece sono gli Stati Uniti a denunciare la Cina per pratiche scorrette.
Tutte queste barriere al flusso di merci e il rischio di potenziali rincari sui prezzi finali, con calo della domanda, ovviamente non piacciono alle Borse, sempre più nervose. Piazza Affari, a Milano, dopo una giornata di tensioni ha chiuso in calo dello 0,5 per cento.
“Di tutto abbiamo bisogno, tranne che di un’escalation di misure e contromisure di ostacoli tariffari”, ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. L’Italia, però, ora si trova senza una guida con piena legittimità proprio mentre si accumulano incertezze su uno dei campi di azione politica dove ha più da perdere, quello del commercio internazionale. Per questo l’ex premier e senatore a vita Mario Monti, dalle colonne del Corriere della Sera, ha suggerito che il Parlamento appena insediato inizi subito a dare la linea al governo Gentiloni che potrebbe così trattare con gli altri Stati membri come fosse nella pienezza dei suoi poteri: “Si potrebbe lavorare a una mozione il più possibile ‘nazionale’e non partisan, approvata sia alla Camera sia al Senato, che presenti all’opinione pubblica europea e, attraverso il governo in carica, ai tavoli europei un’Italia più esigente di quanto è stata in generale in passato e meno divisa nel volere un’Europa più efficace di quanto il dibattito interno degli ultimi anni abbia fatto credere ai partner europei”.
PER ORA i partiti non hanno reagito, troppo occupati nel risiko per la presidenza delle Camere, ma è un problema che dovranno porsi presto, anche perché incombono le scadenze del Def, il documento di economia e finanza che imposta la politica economica, e perché tra un anno ci sono le elezioni europee. L’Italia rischia quindi di non pesare in questi mesi perché in cerca di un nuovo governo, e in quelli successivi perché sarà già travolta dalla campagna elettorale 2019.
Le Camere votino subito una mozione trasversale sulla linea che deve tenere a Bruxelles il governo in carica
MARIO MONTI