“Nuova” Italia, ma il dopo Ventura non arriva ancora
Buon inizio ripresa, ma con l’Argentina è 0-2
Dallo 0-0 con la Svezia che ci fece perdere la faccia al 2-0 amichevole inflittoci dall’Argentina e firmato da Banega e Lanzini sono passati quattro mesi. Tempi duri erano, tempi duri restano. Inutile illudersi o, peggio ancora, illudere.
Era il 13 novembre, e questa fu l’ultima Italia di Ventura (3-5-2): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Candreva (31’ st Bernardeschi), Parolo, Jorginho, Florenzi, Darmian (18’ st El Shaarawy); Immobile. Gabbiadini (18’ st Belotti). Questa, invece, la prima di Di Biagio, secondo il 4-3-3 a lui caro fin dalla Under: Buffon (alla 176ª presenza), poi Florenzi, Bonucci, Rugani e De Sciglio; a metà campo Parolo, Jorginho e Verratti; quindi Chiesa (al debutto), Immobile e Insigne, la cui panchina di San Siro, contro il catenaccione di mister Andersson, sembrò a molti di noi un “reato” di lesa maestà.
NON C’È MESSI, il genio della lampada e di molto altro. Sampaoli ha le idee così chiare da “permettersi” Higuain di punta. Ha bocciato Dybala, ha rimandato Icardi, e al posto della Pulce sventola Lo Celso, alfiere del Paris Saint-Germain. Toccante il minuto di silenzio alla memoria di Astori e Houseman. L’Etihad Stadium è l’arena del Manchester City e segue la partita con il brusio delle beghine che, in chiesa, recitano il rosario.
Fuori dai Mondiali e senza ancora un presidente il calcio italiano si lecca le ferite. Sarà pure un traghettatore, Di Biagio, ma il problema non è il ct. Il problema sono i giocatori. Nessun fuoriclasse a bordo, se non il quarantenne Buffon, reattivo su Otamendi, Tagliafico e, soprattutto, Higuain, nonché simbolo di quel “compromesso storico” che coltiviamo dall’epoca della staffet- ta messicana tra Mazzola e Rivera.
L’Argentina di scorta ruota attorno a Fazio, Biglia e Lanzini. Si palleggia di qua, si sbadiglia di là. I dribbling di Di Maria sono piccoli petardi (ma che numero, la palla al Pipita), Chiesa mendica munizioni, Verratti e Jorginho cercano di dare un senso alla manovra. Dal nostro tridente, rare notizie e zero tiri. I sudamericani occupano piano piano il centro del ring e ci spingono alle corde.
Improvvisamente, Insigne. Succede in avvio di ripresa. Immobile lo smarca e il cocco di Sarri si divora un gol clamoroso. Di più: clamorosissimo. Un altro se lo mangia Lanzini, di testa (su parabola di Di Maria, migliore per distacco).
DOPO TANTO russare, un po’ di bollicine. Era l’ora. Sono meno avari, i nostri; e Jorginho e Verratti, più precisi. Finalmente una sgommata di Chiesa; e finalmente Immobile. Caballero è lì, pronto. Comincia la giostra dei cambi; Zappacosta, Pellegrini e Candreva avvicendano Florenzi, Parolo e Chiesa: in pratica, tutta la catena di destra.
Ci prova ancora, Insigne. Cristante rimpiazza Verratti e Cutrone, altro “deb”, rileva Immobile. Il gol che spacca il barboso equilibrio lo sigla, al 75’, Banega, abile a sfruttare una leggerezza di Jorginho. Il diagonale dell’ex interista, che aveva sostituito Paredes, introduce il cin cin di Lanzini, servito da Higuain in capo a un contropiede vecchia maniera. Martedì sera a Wembley si replica: Inghilterra-Italia. Coraggio.