Dalla Prima
Davvero, se B. avesse mantenuto tutte le promesse, tipo la riforma presidenziale, la separazione delle carriere dei magistrati, il controllo del governo sulle procure o la segregazione dei pm “matti, antropologicamente diversi dal resto della razza umana” in manicomio, oggi il M5S potrebbe dialogare con lui? E per far che? Carelli ha poi aggiunto: “Sono stato un dipendente di Mediaset e non ho nessun problema a dirlo: non mi sembra che all’interno del Movimento ci sia intenzione di attaccare Mediaset”. Ma un ex dipendente Mediaset dovrebbe astenersi dal pronunciare giudizi sulla sua azienda: sia per un elementare conflitto d’interessi quantomeno affettivo, sia perché sappiamo benissimo che cosa intende Mediaset per “attacchi”: quelle poche norme di minima civiltà e decenza che l’Italia attende da 35 anni. Cioè dal 1984-’ 85, quando Bettino Craxi varò due “decreti Berlusconi” (i primi di una lunga serie) per neutralizzare le ordinanze di tre pretori che imponevano alla Fininvest il rispetto delle leggi; poi nel ’90 impose la Mammì, presunta legge antitrust talmente anti da consacrare tale e quale il trust di Canale5, Rete4 e Italia1. Intanto B. lo ricompensava con 23 miliardi di lire di finanziamenti in nero estero su estero e con lo scippo della Mondadori a De Benedetti (con i giornali Repubblica, Panorama, Espresso ed Epoca , spine nel fianco di Bettino e di tutto il Caf), grazie a una sentenza comprata da Previti con soldi suoi.
Siccome nel ’94 la Consulta bocciò la Mammì per palese incostituzionalità e impose alla Fininvest di rinunciare a una tv in chiaro (Rete4), provvide poi il centrosinistra a lasciare tutto com’era grazie all’apposita proroga concessa dal ministro Maccanico. E siccome la Consulta dichiarò incostituzionale anche quella, ci pensò poi B. col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri. Una legge orrenda che il centrosinistra si guardò sempre bene dall’abrogare. Anzi, nel 2015 Renzi riuscì addirittura a peggiorarla infeudando vieppiù la Rai al governo, con l’ennesima “riforma” salva-Mediaset. Dunque imporre una legge antitrust (sulle reti in chiaro e sulla pubblicità) e una seria normativa sul conflitto d’interessi, che proibisca agli azionisti di giornali e tv di fare politica, oltre a liberare finalmente la Rai dal servaggio governativo perché faccia una vera concorrenza al Biscione, sarebbe il minimo sindacale di un governo almeno decente. E questo, se non andiamo errati, diceva il programma elettorale dei 5Stelle. A che titolo Carelli prende impegni in senso contrario, ammainando una bandiera storica del Movimento, nato nelle piazze del V- Day proprio raccogliendo firme per cancellare la Gasparri? La svolta governista di Di Maio va benissimo: chi rappresenta ormai un terzo dei votanti non può stare all’opposizione in eterno. E per governare, in un sistema parlamentare e proporzionale, è giusto fare compromessi. Ma non con tutti e non su tutto. Un governo Di Maio che facesse le stesse cose di chi l’ha preceduto sarebbe inutile. Anzi dannoso, perché frustrerebbe anche l’ultima speranza degli italiani di cambiare qualcosa.