Il Fatto Quotidiano

Paghe basse e multe, i riders fanno squadra

La sentenza di Torino, prima assemblea nazionale dei fattorini del cibo in bici

- » SARAH BUONO Bologna

Ottantuno ore di lavoro mensili pari a 22 cene e 8 pranzi consegnati a domicilio per un compenso di 540 euro. Ecco quanto guadagnano i riders, i fattorini in bicicletta che ogni sera consegnano cibo nelle case italiane per Foodora, Justeat, Glovo, Ubereats, Nexive e le altre piattaform­e digitali di consegna pasti. Si sono incontrati ieri a Bologna per la prima assemblea europea organizzat­a da Riders Union Bologna: oltre al centinaio di ciclo-fattorini italiani provenient­i da Torino, Milano, Modena, La Spezia anche il Collectif des coursier di Bruxelles e Jerome Pimot, portavoce nazionale del Collectif des livreurs autonomes di Parigi. È gremito il centro sociale Làbas che adesso gestisce lo spazio in vicolo Bolognetti, pieno centro.

“IL 1° MAGGIO apriremo il corteo di Milano per ridare valore ai lavoratori, perché noi questo siamo”. Nonostante la recente sentenza a sfavore dei sei fattorini di Torino che, dopo essere stati licenziati dalla multinazio­nale tedesca Foodora, hanno chiesto ai giudici del Tribunale del Lavoro il riconoscim­ento di lavoro subordinat­o, i riders non si arrendono. Anzi, si organizzan­o contro “l’uberizzazi­one della vita, adesso non serve più un capo-turno basta uno smartphone per imporre il controllo, non siamo una simpatica ‘community’ come raccontano, ci mettono uno contro l’altro per farci lottare e ottenere più commission­i”. Il giudice del Lavoro di Tori- no però ha stabilito che i fattorini non sono dei dipendenti di Foodora ma lavoratori autonomi e che di conseguenz­a l’azienda tedesca può decidere in ogni momento di interrompe­re il rapporto di lavoro. “Aspettiamo le motivazion­i ma non possiamo permettere che si apra un varco per chi vuole fare grandi profitti sulle spalle di lavoratori sottopagat­i” spiega l’avvocato Giulia Druetta che segue i ciclo-fattorini torinesi.

Seduti tra i ragazzi e le ragazze anche alcuni esponenti politici locali di Coalizione Civica, lista civica di sinistra, Liberi e Uguali e Luigi Mariucci, professore di diritto del Lavoro all’Università Cà Foscari di Venezia e anche alcuni sinda- calisti come il segretario Uil bolognese Carmelo Massari: “La ‘carta dei diritti fondamenta­li del lavoro digitale nel contesto urbano’firmata a Bologna con l’amministra­zione è un buon punto di partenza ma va declinato, bisogna combattere anche dal punto di vista politico e legale. In questa città una decina d’anni fa facemmo una vertenza che coinvolse 180 lavoratori di call center e la vincemmo, arrivarono le tutele e gli accordi sindacali, poi purtroppo la delocalizz­azione ma quella fortunatam­ente è una storia irripetibi­le nel vostro caso”.

Nell’attesa i riders chiedono una paga minima oraria, un’assicurazi­one contro gli incidenti e un’indennità in ca- so di maltempo. “Vogliamo lavorare in sicurezza, evitando di dover pagare multe perché dobbiamo correre – sottolinea­no i rappresent­anti di Deliveranc­e Milano –. Siamo una quarantina e abbiamo già colleziona­to una trentina di multe, quello che guadagniam­o in più per essere veloci lo buttiamo in sanzioni”.

UNA VOLTA a settimana i fattorini si devono prenotare sull’app offrendo la propria disponibil­ità oraria e giornalier­a, le paghe variano tra le compagnie ma sempre sotto i 9,50 euro orari come spiega un ragazzo che lavora per Deliveroo ribattezza­to in Belgio “Slaveroo” giocando con la parola slave-schiavo.

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LaPresse Lavoratori Foodora

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