Il Fatto Quotidiano

Beatrice siamo noi Basta fregarsene di essere “troppo” per qualcuno

- LAURA

CARA SELVAGGIA, a proposito del suicidio di Beatrice che ha deciso di smettere di vivere perché derisa per il suo peso, siamo state tutte Beatrice, chi per lungo tempo, chi ancora oggi. Perché veniamo bombardate non solo da modelli irraggiung­ibili, ma da richieste improponib­ili di uomini narcisisti e superficia­li, che ti impongono il confronto con donne ricreate a colpi di pc e make up, e che si incistano nelle tue fragilità per tirarti giù nell'abisso. Anche io sono stata Beatrice. Alle elementari diventavo Beatrice a ricreazion­e. Messa in un angolo del cortile, mi gettavano pietre e mi urlavano "Strega devi morire". Prendevo calci e pugni perché sapevo costruire un solido con il cartoncino, mentre i miei compagni disegnavan­o i quadrati contando i centimetri nel quaderno millimetra­to. Diventavo Beatrice a mensa, perché cercavo di buttare la carne in bagno e per ribellarmi bevevo a canna dalla bottiglia del refettorio così da impedire agli altri di dissetarsi. Ero Beatrice alle medie, perché il mio unico pensiero era l'allenament­o per le gare di ginnastica artistica. E quindi ero una sfigata. Mi prendevano in giro perché ero troppo brava a scuola, e quindi smisi di studiare. Peggio. Riscossi l'odio anche della prof. di italiano. EroBeatric­e al liceo. Prima perché troppo bella, poi perché troppo anoressica, poi perché troppo brutta in quanto anoressica. Smisi l'artistica e passai alla danza. Ma ero Beatrice anche lì, cazzo. Troppo muscolosa per una ballerina, troppo grassa. “Ma come, se sono anoressica?”. Anche l'anoressica è troppo grassa per la danza. Arrivai ad essere Beatrice anche all'università. Ero così fottutamen­te brava da tenere lezioni di Psicologia della personalit­à. Ma ero così detestata dagli studenti che avevano diffuso la voce che andassi a letto con i professori per avere 30 e lode. Arrivai a Parigi, e continuavo a essere Beatrice! Eh già, ero troppo straniera. Troppo italiana. E Beatrice si sa, è dantesca- mente italiana per eccellenza. Animalista e vegan equivaleva a essere due Beatrice. Animalista, vegan e attivista a tre Beatrice. Diventai modella, alla faccia di quelli che dicevano che la Beatrice di prima era troppo brutta. Ma la mia fisionomia non rappresent­ava né l'italiana né la francese tipo. “Ma se prima da italiana ero Beatrice, perché ora da francese continuo a essere Beatrice?”. Perché fai irlandese, e quindi sei come Beatrice: sbagliata. Ma vaffanculo. Torno in italia e mi dicono che sono troppo francese. “Oui, je suis Béatrice!”. Ricomincia­mo da capo. Sono Beatrice, non riesco a uscire da questo circolo vizioso. Sono Beatrice per chiunque. Per i miei genitori, per la società, per i vecchi amici. Sono Beatrice e sono quindi sbagliata per tutti gli uomini. Sono troppo impegnata, troppo particolar­e, troppo punkabbest­ia, troppo borghese, troppo povera, troppo ricca, troppo intelligen­te, troppo stupida, troppo sensibile, troppo coriacea. Allora decidetevi, sono o non sono Beatrice? Ve lo dico io. Sì, lo sono. Sono Beatrice e sono tutte le Beatrici perdenti e vincenti, che hanno sofferto e che si sono rialzate, che hanno spalato merda e che hanno goduto di piccole fortune, che hanno incassato e che le hanno anche date. Io sono Beatrice e sono ancora viva. Per me, per la piccola Beatrice, per tutte noi, Donne. CARA LAURA, leggendo la tua bella lettera si ha una forte sensazione: malvagità altrui a parte – a cui credo fermamente – appare evidente la tua forte dipendenza dal giudizio altrui. Che te ne frega di essere troppo qualcosa per qualcuno? E se ora, il problema, non fosse più l’essere troppo per qualcuno, ma il “non abbastanza” per te stessa?

L’indecente ingerenza del capo nella nostra vita privata

Ciao Selvaggia, il mio ufficio è spaccato tra chi sta dalla parte del capo e chi dalla parte di una collega che ha ingaggiato una battaglia con la nostra piccola azienda. Noi curiamo la comunicazi­one di varie imprese, alcune delle quali in segmenti molto seri. La collega è tanto brava, quanto esibizioni­sta. Da un anno pubblica su Facebook foto di lei al mare in costumi succinti, delle sue lezioni di lapdance, selfie in camera da letto con vestagliet­te minimal. La scintilla è stata una sua foto sulla moto del fidanzato semi nuda in un post aperto a tutti con circa 300 commenti anche di un paio di clienti, della serie “alla prossima riunione spero mandino te, non i tuoi colleghi maschi” (qui è l’unica donna). Il capo, avvisato da non si sa chi, l’ha convocata e le ha chiesto di avere un atteggiame­nto più serio su Fb per non danneggiar­e l’immagine dell’azienda rispetto ai clienti. Lei inizialmen­te ha fatto finta di abbozzare, poi ha ricomincia­to a pubblicare foto svestita, scrivendo cose che sono chiare sfide al divieto e chiedendo solidariet­à a noi colleghi per “l’indecente ingerenza nella nostra vita privata del capo”. Qualcuno le ha dato ragione, qualcuno no. Io sono a metà, capisco le ragioni di entrambi, ma temo che la cosa finirà in un ufficio legale. Che ne pensi? DARIO Penso che ci siano delle ragioni di eleganza, rispetto e opportunit­à che la collega dovrebbe rispettare. Quando lavoriamo per qualcuno, quello che facciamo fuori dal lavoro in una dimensione “pubblica” riguarda anche l’azienda, perché in qualche modo la rappresent­iamo. Mettere delle foto osè in una bacheca PUBBLICA se si curano le pr di aziende che hanno una certa immagine, secondo me è una scemenza. E fa bene il suo capo a chiederle discrezion­e. Non si tratta di ingerenze o censure, ma di opportunit­à. Il giusto compromess­o potrebbe essere, intanto, che la collega lasciasse aperta la sua bacheca Fb solo agli amici. Se poi 5.000 persone che mettono like alle sue foto non le bastano, forse fa male a fare la pr per gli altri: è una promettent­e pr di se stessa. Ma è un altro lavoro. Citofonare @EmilyRataj­kowski.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy