Senato Usa, a processo il padre di tutti i mali: Mark Zuckerberg
Le audizioni del Ceo hanno messo in scena un goffo: “Ti aspettiamo al varco” Ma al varco ci si è trovata la politica, incapace di legiferare a dovere negli ultimi decenni
Mollate Zuckerberg. Lasciatelo tornare nella sua casa d’intelligenza artificiale, perché tanto lui, di aprirsi un chiringuito sulla costa e salutare tutti caldamente, non ne vuole sapere. Tanto ha fatto, la politica americana, da riuscire a spostare l’asse dell’empatia dalla parte di uno degli uomini più potenti del mondo, che ha costruito un impero così grande da contenere la sua stessa concorrenza (vedere alla voce “Instagram”).
Ma quello che hanno messo in scena le audizioni al Senato e alla Camera del Congresso degli Stati Uniti (nelle commissioni competenti) sembrava un processo alla persona. Un “ti aspettiamo al varco”, quando a quel varco ci si è trovata la politica stessa, incapace di legiferare a dovere negli ultimi decenni. Questo è stato palese, specie al Senato, dove il ceo si è fatto scappare persino un sorrisetto diventato poi il meme migliore in circolazione da mesi. Gli hanno chiesto come facesse a essere gratuito il suo servizio, portandolo a rispondere: “Senatore, abbiamo la pubblicità”. Gli angoli della bocca si sono inarcati per una frazione di secondo. Eh già, senatore. E come funzionerà mai questo internet, lo strano mostro che come un Frankestein sfugge al controllo degli stessi creatori?
Che qualcosa sia andato storto, nel grande sogno democratico della rete, lo aveva confermato Tim Berners Lee, il papà del World Wide Web (esatto, www), quando commentò, via Twitter, lo scandalo di Cambridge Analytica: “Immagino che Mark Zuc- kerberg sia devastato dal vedere come la sua creazione sia stata abusata e usata impropriamente (certi giorni, ho la stessa sensazione)”.
PIÙ CHE una pacca sulla spalla al ceo, era un avvertimento per tutti: ragazzi, tocca rimboccarsi le maniche. Tocca capire, come ha sottolineato in un’analisi Thomas Baekdal su Baekdal.com, tradotto per l’Italia da Valigia Blu, che bisogna spostare la discussione su ll ’ ottica di sistema, sulla “tendenza generale sulla privacy”, sulla condivisione dei dati e su cosa i politici sono autorizzati o meno a fare.
Linea intrapresa dai Paesi europei in questi anni: la Germania, sull’hate speech, la Francia sul tracciamento. E ancora il Regno Unito e anche l’Italia, con il garante per la Privacy. Quell’Europa che da spina nel fianco ora viene spizzata come modello giuri- dico per l’entrata in vigore del nuovo regolamento sulla protezione dei dati, il Gdpr.
Molte delle domande che hanno rivolto i rappresentanti del Congresso a Zuckerberg, erano domande che riguardavano il funzionamento di molti altri servizi. E lui ci ha pure un po’ provato, a farlo presente, qua e là. Come quando ha risposto al deputato John Shimkus (Illinois), citando Google, tra i servizi che hanno un sistema pubblicitario sovrapponibile.
L’espressione di Mark Zuckerberg prima degli interrogatori, immortalata egregiamente da Chip Somodevilla per Getty Images, sopra tutti, avrà smosso le penne di sceneggiatori e registi in tutto il mondo: quello che è già andato in onda, però, è un processo sommario a una persona, assurta a volto unico di un sistema.