Siria, Gentiloni sta (un po’) con gli Usa
Il dibattito sul conflitto tiene uniti M5S e Lega. E Napolitano applaude Toninelli
Quando Danilo Toninelli, capogruppo Cinque Stelle in Senato finisce di parlare, dopo l’informativa di Paolo Gentiloni sulla Siria, Giorgio Napolitano applaude, certificando che nei palazzi della politica il Movimento a questo punto non solo è sdoganato, “normalizzato”, ma viene anche considerato più affidabile di altri soggetti, a partire dalla Lega di Matteo Salvini. Le istantanee della giornata di ieri che vedono il premier per gli affari correnti riferire prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama fanno emergere prima di tutto questo dato. Alla Camera, la capogruppo M5s Giulia Grillo legge un breve intervento scritto. L’Italia, “pur restando sotto l’ombrello dell’Alleanza atlantica”, deve promuovere “iniziative di pace, non di guerra”. Maglietta glitterata, ma tono istituzionale. Il passo politicamente più denso è dedicato all’Italia: “Il bisogno di un governo legittimato è improcrastinabile”.
SI PARLA della Siria, ma la Siria appare una scusa per guardare al dibattito interno. Gli interventi, gli applausi, sono tutti segnali che i partiti si mandano. In linea i commenti dei renziani all’intervento della Grillo: “Sono diventati più istituzionali, ma di politica estera ne capiscono poco”. Citano l’intervento di Piero Fassino, quello che più sta nella linea storicamente seguita dall’Italia. Irridono: si sentono marginalizzati, in particolare da chi nel Pd lavora a un governo con il Movimento.
L’intervento di Gentiloni è pacato, ma fermo. Su Assad chiarisce: “Siamo davanti alla tragedia di un regime orribile, eppure da anni il negoziato è inevitabile”. E poi: “Il veto della Russia all’Onu blocca l’accertamento della verità”. Sottolinea che l’azione italiana è stata condizionata al “supporto logistico”. Messaggi forti al nuovo Parlamento: “L’Italia non è un Paese neutrale, che sceglie di volta in volta con chi schierarsi tra l’alleanza atlantica e la Russia: è un coerente alleato degli Stati Uniti”. A questo passaggio, alla Camera, applaude solo il Pd. E poi: “Nessuna stagione sovranista può portare al tramonto dei valori dell’Occidente”. L’atmosfera a Montecitorio è surreale. Impietriti ai banchi del governo ci sono i quasi ex, dalla Boschi a Orlando. I deputati dem passano dall’incredulità alla risata.
Se è per il centrodestra, salta agli occhi la scelta degli oratori. Per Forza Italia parla Valerio Valentini, fedelissimo di Berlusconi e da sempre suo consigliere per le relazioni internazionali, soprattutto sul fronte russo, conosciuto per la riservatezza. “L’a ttacco sembra più un gesto che un’iniziativa strategica”, dice. E pur ribadendo che l’Italia non può fare a meno della Nato e dell’Europa, sottolinea come la Russia non deve essere considerata nemica. Schierando lui, Berlusconi ci tie- ne a mostrare che il partito è suo. E l’Alleanza atlantica va difesa, ma con qualche distinguo. Per la Lega, Picchi sottolinea come “il mandato Onu non c’è”. Ma tiene i toni bassi. Accanto a lui c’è Giancarlo Giorgetti, capogruppo e referente numero 1 degli esteri. Per il Carroccio meglio non esporre una figura che può tornare utile in ogni tipo di governo.
IN SENATO, l’applauso a Gentiloni lo fa partire il senatore di Scandicci Matteo Renzi. Lo segue Forza Italia. Mentre il premier parla ha davanti a sè una lista con i senatori assenti e presenti. Quando finisce, stringe la mano a Gentiloni, poi a Napolitano e se ne va. Troppo occupato a bloccare i passi in avanti di Martina verso Di Maio. Dopo Gentiloni se ne va anche Salvini, non senza aver “condiviso” le parole di Gentiloni. Più prudente degli scorsi giorni.
Tra i gruppi, nessuno strappo e nessuna convergenza decisa: lo stallo in Parlamento è plastico.
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Il presidente del Consiglio rinnova fedeltà agli Usa, ma rivendica l’alternativa anti-bellica Pur restando sotto l’ombrello dell’Alleanza atlantica l’Italia de ve promuovere iniziative di pace, non di guerra GIULIA GRILLO (M5S)