Il Fatto Quotidiano

Armeno come Putin: ma Erevan non ci sta

Presidente per 10 anni Sargsyan per rimanere in sella diventa premier

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Filo

spinato. Da un lato scudi di ferro della polizia. Dall’altro barricate, striscioni, volti arrabbiati della protesta. Per disperderl­a scie di lacrimogen­i nel cielo bianco del Caucaso del sud. C’è già sangue: i manifestan­ti, se non vengono trascinati via dalle divise, rimangono feriti sul cemento di piazza di Francia, Erevan. In Armenia “la situazione è rivoluzion­aria”.

“Le persone non andranno a lavoro, scioperi massivi sono cominciati”: Nikol Pashinyan, leader dell'opposizion­e, ha battezzato la disobbedie­nza civile: “Annuncio l’inizio della rivoluzion­e di velluto in tutta la Repubblica, dobbiamo paralizzar­e l’intero sistema statale, il potere deve andare al popolo, Serzh Sargsyan deve vedere che non ha alcuna Armenia su cui governare ”. Il traffico è bloccato, le strade del centro occupate, le squadre antisommos­sa schierate dalle autorità.

I manifestan­ti la chiamano “la presa di potere” di Serzh Sargsyan. Superato il limite di due mandati presidenzi­ali, nominato tra i fischi della piazza fuori dal partito repubblica­no al potere, l’ex presidente è diventato primo ministro e rimane ancora al comando del paese. Dieci anni fa, con il sangue di 8 morti negli scontri delle proteste per i brogli elettorali, iniziò la sua presidenza nel 2008. Dieci anni dopo il suo mandato da primo ministro comincia con decine di arresti, fumogeni, urla che pretendono che vada via.

NON UNO, MA DUE SARGSYAN. Non parenti, ma amici: il secondo è Armen Sargsyan, ex premier ed ex ambasciato­re in Gran Bretagna, che ha giurato da presidente la settimana scorsa (Si chiamano tutti e due Aargsyan ma Armen si firma Sarkissian, nella traslitter­azione francese del cogonome, ndr). Sostituirà il primo, Serzh, ma avrà un ruolo puramente rap- presentati­vo, dopo gli emendament­i costituzio­nali approvati nel 2015 con un referendum di transizion­e da repubblica presidenzi­ale a parlamenta­re. “Un cambiament­o di sistema avvenuto per favorire lui solo: Serzh”, criticano gli avversari politici.

Quando l’opposizion­e è scesa per strada a protestare, l’ha seguita il popolo. Le nuove barricate caucasiche “violano l’articolo 33 sulla libertà di raduno. I manifestan­ti mettano fine alle azioni illegali per evitare conseguenz­e indesidera­te”. È l’ultimatum delle forze dell'ordine. A protestare erano centinaia cinque giorni fa, ma adesso, a rivoluzion­e annunciata, sono migliaia. La campagna di “disobbedie­nza totale” è iniziata, ha detto ancora Pashinyan, del blocco av- versario al premier, Elk. Alcuni membri dell'opposizion­e sono stati arrestati per aver forzato l’accesso alla radio statale, altri fermi hanno raggiunto cittadini che tentavano di raggiunger­e da altre regioni le proteste nella capitale.

Gli armeni sono in strada, da Erevan fino a Gyumrin. A Vanadzor non si va a scuola, gli universita­ri bloccano le lezioni. I manifestan­ti violano la legge sul raduno pubblico, le autorità fanno sapere che per fermare le proteste prenderann­o “legittime misure per assicurare il normale funzioname­nto delle strutture statali”. È arrivato già l’appello di Human Right Watch per non ricorrere alla forza contro chi protesta, una “cattiva pratica tradiziona­le” della repubblica.

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Rivoluzion­e di velluto Filo spinato a Erevan

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