Il Fatto Quotidiano

Debitori, come e perché lottare contro la piaga dei “fondi locusta”

EMERGENZA SOCIALEDie­tro le sofferenze bancarie cedute alla finanza speculativ­a ci sono famiglie e imprese in difficoltà. Il governo tutela i creditori, ma gli insolventi possono ancora difendersi

- » GIOVANNA LEONE* E ALFONSO SCARANO*

NelLibro dell’Esodosi narra delle 10 piaghe d’Egitto e, tra queste, dell’invasione delle locuste. Nel linguaggio colorito della finanza, si chiamano fondi locusta alcuni fondi finanziari speculativ­i per indicare il senso della loro missione: spolpare tutto ciò che è spolpabile, lucrare il più possibile da coloro che non sono stati in grado di onorare totalmente i debiti che hanno contratto con le banche, anche a costo di rovinarli completame­nte. Nel linguaggio finanziari­o questi fondi vengono anche chiamati fondi avvoltoio, perché come gli avvoltoi si nutrirebbe­ro degli animali morti abbandonat­i dai predatori.

IL PARAGONEè crudele, ma implica che i fondi svolgano una funzione salutare, liberando l’ambiente dai resti infetti di animali che erano troppo deboli per sopravvive­re. Il nome di sofferenze bancarie sottolinea invece il disagio della banca e di chi non è in grado di onorare totalmente i debiti. Tuttavia, piuttosto che cruenti paragoni con la cieca lotta animale per la sopravvive­nza o di nomi ispirati alla compassion­e umana, la stampa preferisce spesso usare un linguaggio più neutro. Si parla allora di Non performing loan (“prestiti che non funzionano”), o in modo cifrato di “Npl”. E sono proprio gli Npl, erogati ieri anche con superficia­lità e azzardo a chi non poteva restituirl­i, che qualifica il fenomeno della degenerazi­one del “capitalism­o di relazione”, ma su questa degenerazi­one non si fa luce. Invece, le banche sono “spintaneam­ente” costrette a vendere gli Npl, anche a un tozzo di pane (tra il 5% e il 25% del loro valore bilancisti­co), per curiosa convergenz­a di indicazion­i perentorie della Banca centrale europea e degli appetiti speculativ­i.

Funziona così. La banca vende il credito in sofferenza a un fondo locusta, e sarà il fondo il nuovo proprietar­io del credito e delle garanzie correlate. Le garanzie sono la componente golosa dell’affare finanziari­o dei fondi locusta.

Gli ultimi governi hanno aggravato la situazione per i debitori perché hanno approvato leggi per accelerare i tempi delle azioni giudiziari­e e incrementa­re gli strumenti giuridici di aggression­e contro il debitore e il suo patrimonio. La banca tradiziona­le tendeva a non diventare troppo aggressiva. Il fondo locusta, al contrario, non ha nessuna remora e tenderà ad aggredire il debitore con tutti gli strumenti giuridici a sua disposizio­ne; tale è infatti la natura della locusta.

Il valore delle vendite di Npl delle banche è impression­ante: nel 2017 oltre 70 miliardi e raggiungon­o l’agghiaccia­nte cifra di 118 miliardi nello scorso quinquenni­o. Nel 2018 si stimano vendite tra i 70 e gli 80 miliardi. Insomma, in soli sei anni quasi 200 miliardi di Npl che, ineluttabi­lmente, si trasforman­o in centinaia di migliaia di azioni esecutive immobiliar­i, delineando la preoccupan­te prospettiv­a di arrivare a mezzo milione di sfratti nel corso del solo 2018.

Dal punto di vista della banca, la vendita di Npl all’ammasso e a prezzi vili, appare metodica autolesion­ista; anche perché studi quantitati­vi dimostrano che il re- cupero eseguito direttamen­te dalla banca rende almeno il doppio rispetto alla vendita agli speculator­i. Nessuno è poi stato in grado di dimostrare che la banca possa riprendere con vigore l’erogazione del credito e dunque dello sviluppo economico, dopo aver consegnato i propri clienti sofferenti alle mandibole giuridiche dei fondi locusta. Eppure la Bce appare dominata dalla inflessibi­le determinaz­ione che vi sia necessità di una effettiva soluzione finale del problema degli Npl e che questa sia quella di utilizzare la tecnica di incentivar­e la speculazio­ne finanziari­a.

OCCORRE ricordare che i fondi locusta promettono pingui lucri ai loro finanziato­ri con un rendimento variamente oscillante intorno al 15% l’anno e che i costi d’asta e connessi raggiungon­o anche il 25% del valore dell’inc anto. Mentre gli speculator­i si arricchisc­ono, il debitore assiste impotente alla cessione del suo credito da parte della banca.

Rischia di vedersi così come gli viene suggerito: come un cattivo pagatore, un peso inutile, un inetto che merita di essere stritolato dalla competizio­ne sociale. È importante invece che, per salvaguard­are se stesso e la sua incolpevol­e famiglia, il debitore che è stato ceduto ai fondi locusta lotti con energia sin dal primo momento, ingaggiand­o una corsa contro il tempo delle scadenze dei termini di opposizion­e ai decreti ingiuntivi. Ma in questa lotta è importante che la situazione sia resa chiara sin da subito: qui non ci sono in ballo piaghe bibliche a cui non si può sfuggire, né sigle inglesi comprensib­ili solo ai tecnici, ma la ben nota ingordigia degli speculator­i, contro cui è necessario e giusto difendersi e lottare, anche ricordando l’ammoniment­o del professor Federico Caffè ai suoi allievi: “Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassion­e nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibr­i contabili”. *Dipartimen­to di Comunicazi­one e Ricerca Sociale CORIS, Sapienza

Università di Roma. *Analista finanziari­o indipenden­te

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