Ermey e gli altri: grandi nomi a insaputa dell’intero mondo
Èquando muore uno come Ronald Lee Ermey, il maggiore Hartman di Full Metal Jacket, che si capisce quanto avesse ragione Stanislavskij: “Non esistono piccole parti, esistono solo piccoli attori”. Una manciata di pose, eppure, uno su cento ce la fa, prende l’arte e la mette da parte, anzi, nella particina e trova domicilio nella Storia del Cinema. Ermey, da poco scomparso, ha fatto di professione, 11 anni nel Corpo dei Marines, ruolo, e l’ha stampigliato sul nostro immaginario collettivo: “Io sono il sergente maggiore Hartman, vostro Capo Istruttore. Da questo momento potete parlare soltanto quando vi sarà richiesto, e la prima e l’ultima parola che dovrà uscire dalle vostre fogne sarà ‘ s ignore’! Tutto chiaro, luridissimi vermi?”. Succede ai caratteristi, attori chiamati a incarnare personaggi singolari, particolari, appunto, caratteristici, di fare necessità virtù, elevando a potenza una natura secondaria, subalterna, comprimaria: è stato così per Ermey, il cui Hartman è diventato pupazzetto da collezione e modello da cartoon ( Toy Story); è stato così per Vincent D’Onofrio, che ne interpretava la vittima, l’icastico Palla di lardo, per cui impugnò il Metodo e ingrassò 35 chili. Croce e delizia, siffatte occasioni: se condannano vita natural durante a quella parte, nondimeno permettono di costruirci sopra una carriera, tra coazione a ripetersi e copie conformi. Piccolo è bello, e potenzialmente ricco. Chi si ricorda Hattie McDaniel? E la Mami di Via col vento? Ebbene, è lei, Hattie McDaniel, che per la tosta cameriera degli O’Hara ebbe un Oscar, il primo conquistato da un’afroamericana, nel 1940: avrebbe salutato due stelle sulla Walk of Fame, recitato in 80 titoli, eppure, è rimasta quella di “Miss Rossella, dove andare senza scialle? Essere tardi e fare freddo!”. Idem Marty Feldman, l’indimenticato Igor di Frankenstein Junior, diretto nel 1974 da Mel Brooks: dopo quello di Notre-Dame, il gobbo più icastico è lui, ai servizi del dottor Gene Wilder. Chi conosce Jane Darwell? Nel ’41 vinse una statuetta per Furore, ma all’anagrafe popolare è segnata quale “vecchina dei piccioni” nel Mary Poppins di Robert Stevenson. E che dire di Joe Pesci? Caso limi- te, per i ruoli corposi e una statura alla Harvey Keitel, Chris Walken e, più giovani, Steve Buscemi e Paul Giamatti: nomen omen, tutti pesci grossi. Pensi a Joe e lo visualizzi chez Martin Scorsese, soprattutto in Quei bravi ragazzi (1990, è il survoltato Tommy DeVito) e C as in ò (1995, è l’ingestibile Nicky Santoro): mafioso, con licenza d’uccidere e di conquistarci, tanto da meritarsi un Joe Pesci Show al Saturday Night Live. Caso contemporaneo, e speciosissimo, è Andy Serkis, per tutti il Gollum del Signore degli
Anelli: tra motion e performance capture, il caratteri- sta principe del CGI è lui, e lui solo. A tal punto che dal secondario, tolkeniano Gollum s’è ritrovato protagonista e scimpanzé, il Cesare del Pianeta delle scimmie. Un Serkis nostrano non c’è, ma anche l’Italia brinda al carattere. Basti pensare a Mario Brega: dopo una pregevole sequenza leoniana, prestò faccione e battuta a Carlo Verdone, da Un sacco bello a Troppo forte. I personaggi potevano chiamarsi o meno come lui, lo spartito variare, Brega no: caratterista di se stesso. Ancora, Franco Fabrizi, che del dongiovanni Fausto dei Vitelloni felliniani fece stampino: Antonioni, Zampa, Germi, sempre seduttivo e provinciale. Il sardo Tiberio Murgia preso da Monicelli, mutuato in siciliano e tradotto nei Soliti ignoti , alias Ferribbotte: replicò a soggetto. Stesso film e analoga sorte per Carlo Pisacane: l’affamato e famelico vecchietto bolognese gli lasciò addosso il nome, Capannelle. Sardo per tutte le stagioni fu Sandro Ghiani: Puddu, Porcu, Cuccureddu, al cospetto di Banfi, Pozzetto, Calà e Verdone. Sempre in orbita Carlo, il compianto Angelo Infanti, ossia il Manuel Fan toni di Borotalco, ecome scordare Galeazzo Benti( il gagà dell’ Imperatore di Capri con Totò), Dorian Gray, al secolo Maria Luisa Man gin i, Malafemmina sempre per de Curtis, Carlo Delle Piane( Cicalone nell’ Americano a Roma ), Paolo Stoppa (Casotto ), Silvano Spadaccino (il fantozziano Birken mai er),l’ ineffabile Riccardo Garrone del primo Vacanze di Natale e il Cumenda, aka il Dogui Guido Nicheli. Poche pose, ma per l’eternità: taac!
All’ombra Chi si ricorda la Mami di “Via col vento”? È Hattie McDaniel, per quel ruolo ebbe un Oscar, primo a un’afroamericana; o Andy Serkis, il Gollum del “Signore degli Anelli”