La miseria umana, ma con ironia Il ritorno di Sandro Luporini
Il
Maestro è tornato, ma in realtà non se n’è mai andato. Bastava, come sempre, rispettarne i silenzi. Riguardarne le opere, rileggerne le trame. E tentare ogni tanto di stanarlo nella sua tana viareggina. A più di quindici anni dalla scomparsa dell’amico fraterno Giorgio Gaber, Sandro Luporini torna a scrivere uno spettacolo teatrale inedito. Si intitola Lo stallo, immagine che andrebbe bene anche per descrivere la miseria della politica di oggi, ma per fortuna l’opera parla d’altro. Lo stallo debutta domani al Teatro Giglio di Lucca, dopo l’anteprima di stasera al Teatro Puccini di Torre del Lago. C’è ancora l’alternanza di monologhi e canzoni, come nella tradizione di quel Teatro Can- zone che in Italia hanno portato – inventato – proprio Luporini e il Signor G. Più prosa che poesia, cantava Rino Gaetano, anche se con Luporini coesistono entrambe.
GLI INTERPRETI sono David Riondino, qui anche regista, e la sorella Chiara. Con loro il gruppo musicale Khorakhanè e Luca Ravagni, già polistrumentista con Gaber. Produzione di DeepSide Music e MPL Communication, con patrocinio del Comune di Viareggio e del Comune di Lucca. Musiche di Simone Baldini Tosi, Marco Canepa, Fabrizio Coveri, Giulio D’Agnello, Pier David Fanti, Fabrizio Federighi, Meme Lucarelli, Chiara Riondino, David Riondino e Matteo Scheda. La locandina, che allude allo stallo negli scacchi, recupera un dipinto dell’autore oggi 87enne. Sin dal brano iniziale, Ai mar
gini del buio, si è catapultati nell’universo luporiniano: “Siamo appena arrivati/e già mi piace cominciare/con l’agonia di essere nati/e come fanno i poeti maledetti/ inveire contro tutto e tutti./ Ma non è più di moda/e penso che mi si chieda di non piagnucolare/ e di evitare il rimpianto/di un altro mondo e di un altro tempo/. Perché l’uomo infelice e devastato/ quasi certamente c’è sempre stato.” C’è già tutto Luporini (e dunque tutto
Gaber): l’iconoclastia mai fine a se stessa, l’ironia dolente, la rabbia e la disillusione, la ritrosia alle mode. E quel pessimismo che non cede mai alla rassegnazione.
NEL MONOLOGO successivo, che Gaber avrebbe reso da Dio ma che anche un talento navigato come Riondino saprà valorizzare eccome, una formichina susci- ta riflessioni esistenziali: “Signora Formica, come mai tutta sola? Non vede che là c’è una sua collega? Ero abituato a vedervi marciare tutte insieme, voi formiche. Insomma, non è che mi state diventando un po’ troppo individualiste? Dov’è finito quel senso di rivoluzione collettivista che vi contraddistingueva?”. E lei, la formichina, risponde: “Quella è roba tua, sei rimasto all’Ottocento”.
Alla fine degli Ottanta, per mandare l’uomo in crisi, bastava un topolino immaginario (accadeva nello spettacolo Il Grigio). Adesso è sufficiente una formichina. Luporini riesce come pochi a scandagliare le miserie umane, e a farti perfino ridere di esse. Le nevrosi del presente. La difficoltà di amare, la “questione femminile” (una volta si diceva così). La sessualità, centralissima in “Lupo”(e in Gaber). La solitudine, la vecchiaia. La violenza. La morte, quella propriamente detta e quella persino peggiore, ovvero la “mancanza di slanci”.
Sandro Luporini è uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo: lo è forse suo malgrado, quasi che tutto quello smisurato talento lo avesse sempre vissuto come un peso. Dal Dialogo tra un impegnato e un non soad Anche per oggi non si vola, da Libertà obbligatoria a Polli di allevamento. Ieri anni affollati e oggi in stallo, che Luporini attraversa con la lucidità illuminata di chi non ha mai letto Pasolini invano.
Prosa e poesia In scena canzoni e monologhi, come è stato nella tradizione dell’amico Signor Gaber