Il Fatto Quotidiano

La carota della crescita, il bastone delle riforme: il Fmi “minaccia” l’Italia

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avvertono chiunque governerà in Italia: a Palazzo Chigi - si legge tra le righe del World Economic Outlook del Fondo monetario internazio­nale - vada chi deve, ma il programma c’è già ed è quello messo nero su bianco dagli ultimi governi, vale a dire ulteriori manovre restrittiv­e sui conti pubblici per far scendere il deficit e, si spera, il debito. Per l’Italia, oltre al solito bastone, c’è anche la carota: la crescita del Pil del 2018 viene rivista al rialzo di un decimale all’1,5%, come nel 2017 (mentre nel 2019 viene confermata la contrazion­e a +1,1%). Una buona notizia relativa visto che il nostro Paese resta il fanalino di coda di Eurolandia per aumento del Pil, l’unico assieme al Belgio a crescere meno del 2% quest’anno. Si diceva del “programma”. Il Fmi lo individua senzamezzi termini: “l’incertezza politica”, scrivono i tecnici di Christine Lagarde ( foto) citando Brasile, Colombia, Italia e Messico, “aumenta i rischi per l'attuazione delle riforme e quelli per un possibile riorientam­ento dell'agenda politica” (cioè, appunto, un cambio di programma). Non solo: l'Italia e la Spagna devono ridurre il loro elevato livello di debito che, insieme ai trend demografic­i sfavorevol­i, richiede un migliorame­nto dell’avanzo primario struttural­e (quindi ancora quella che sui giornali viene definità “austerità” e ha già dimostrato di non funzionare). Perché il gioco regga, però, è però necessario anche altro: che la Bce continui la sua “politica monetaria accomodant­e” almeno fino a quando l’inflazione non tornerà a salire verso l’obiettivo del 2%. Al momento, nonostante i miliardi del Quantitati­ve

easing, non accenna a farlo e senza l’inflazione il debito difficilme­nte scenderà.

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