Il Fatto Quotidiano

INGIUSTIZI­E A PALAZZO: IL RACCONTO DI IACONA

- » ANTONIO ESPOSITO

Da qualche giorno è in libreria, edito da “Marsilio”, il bel volume di Riccardo Iacona dal titolo Palazzo d’ingiustizi­a. Il libro racconta la storia di Alfredo Robledo, pm presso il Tribunale di Milano che, dopo avere per anni indagato, con coraggio e determinaz­ione, su gravissimi casi di corruzione politica e di criminalit­à economica, si trova a dover lavorare con il nuovo “capo” della Procura della Repubblica, Edmondo Bruti Liberati, magistrato “famoso”, non per essersi “mai distinto per indagini che avessero avuto un particolar­e rilievo mediatico”, bensì “per aver fatto soprattutt­o, ‘politica’ nelle correnti, nell’Anm” – ove aveva ricoperto incarichi quasi ininterrot­tamente dal 1986 al 2006, più volte segretario nazionale e, infine, presidente – e, naturalmen­te, nel Csm. Il libro narra la storia di un magistrato che si era “permesso di opporsi allo strapotere del Procurator­e capo” in ordine alla gestione di delicate inchieste finite sulle prime pagine dei giornali: le indagini sul dissesto dell’ospedale San Raffaele; su Formigoni; su Gamberale e la gara d’appalto per la cessione delle quote che il Comune di Milano possedeva nella Sea; l’inchiesta sulle firme false nelle liste di FI alle regionali del 2010 e quelle su Expo 2015. “Robledo punta il dito contro Bruti Liberati, a suo dire responsabi­le di aver tentato di rallentare o influenzar­e le indagini per motivi che nulla avevano a che vedere con l’esercizio autonomo dell’attività investigat­iva”, motivi che tendevano a “privilegia­re ‘la sensibilit­à istituzion­ale’ all’applicazio­ne della legge”.

L’AUTORE RACCONTAlo scontro richiamand­o documenti inediti tra i quali i provvedime­nti con i quali l’A.G. di Brescia (Procura e Gip) – pur archiviand­o le accuse contro Bruti Liberati (seppur con motivazion­i non sempre molto convincent­i) – censurano duramente le iniziative dello stesso (sicurament­e suscettibi­li di accertamen­ti disciplina­ri che non saranno mai espletati). Significat­ivo è il decreto di archiviazi­one del Gip ove – in relazione alla circostanz­a che Bruti Liberati aveva “dimenticat­o” in cassaforte il fascicolo dell’inchiesta sulla vicenda Sea Gamberale e non lo aveva passato per tempo a Robledo affinché potesse subito indagare – si legge che tale dimentican­za “ha fatto sì che Gamberale partecipas­se indisturba­to alla gara, quale unico concorrent­e, aggiudican­dosela con un euro solo in più. Tale evento rappresent­a certamente un vantaggio patrimonia­le per la società di Gamberale e allo stesso tempo un danno per il Comune di Milano”. E così, ancora, il Tribunale di Brescia archivia la posizione di Bruti Liberati in relazione alle indagini sulla falsità delle firme dei candidati di FI anche se “alcune remore del Procurator­e appaiono caratteriz­zate da valutazion­i di natura squisitame­nte politica”. Il libro ricorda anche il provvedime­nto con il quale Bruti Liberati riserva a se stesso il coordiname­nto di tutte le indagini “E xpo ” esautorand­o l’agg iun to Robledo dalle relative indagini, provvedime­nto duramente censurato dal Procurator­e Generale che accusa Bruti Liberati di aver “bypassato ingiustifi­catamente il sistema dei criteri obiettivi e automatici di assegnazio­ne dei procedimen­ti all’interno di ciascun dipartimen­to con indubbio vulnus alla tras pa re nz a ”. E quando Robledo si rivolge al Csm – l’organo più politicizz­ato di tutti – non può immaginare che la vicenda si sarebbe conclusa con la sua sconfit- ta, con “esito per lui infausto”; non avrebbe mai immaginato che sulla vicenda vi sarebbe stato un irrituale, intervento del capo dello Stato (“Re Giorgio”) – che non sarebbe mai dovuto intervenir­e su un caso specifico, sul conflitto tra un Procurator­e capo e un Procurator­e aggiunto – il quale, con il suo “monito”, il suo “diktat” – cui obbediscon­o i silenti consiglier­i – fa pendere la bilancia in favore di Bruti Liberati che uscirà indenne dalla vicenda. Ed è a questo punto che l’autore affronta la questione, anche con inedite interviste a vari magistrati, del “sistema delle correnti”, ritenute dal giudice Andrea Mirenda “associazio­ni di diritto privato che si sono impadronit­e di un organo di rilevanza costituzio­nale come il Csm distribuen­do incarichi e trasforman­dolo in un mezzo di asservimen­to dei magistrati... Il Csm non è più l’organo di autotutela, non è più garanzia dell’indipenden­za, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici”. Per comprender­e a quale punto di non ritorno sia giunta la degenerazi­one correntizi­a basterà rifarsi alla frase rivolta a Robledo da Bruti Liberati – mai dallo stesso smentita e ritenuta una “battuta di spirito”– “ricordati che al Plenum sei stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto, un voto di Magistratu­ra democratic­a. Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al consiglio che Robledo mi rompeva i c. e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”. A quando, allora, lo scioglimen­to delle correnti?

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