Il Fatto Quotidiano

Eni, l’imbarazzo dei vertici: il Congo puzza di tangenti

pm sospettano che nello “schema di corruzione” nel Paese africano parte dei soldi sia tornata in Italia. Per gli attivisti anti-mazzette il gruppo ha mentito sui legami con i politici africani

- » GIANNI BARBACETTO

Dov’è finito Roberto Casula? Sarà la domanda che aleggerà domani, a Roma, sull’Assemblea degli azionisti dell’Eni, mentre sulla compagnia petrolifer­a italiana incombe la nuova indagine giudiziari­a della Procura di Milano sullo “schema di corruzione” in Congo.

Casula, 54 anni, è uno degli uomini al vertice di Eni, con il ruolo di “Chief developmen­t, operations & technology officer”, uno dei vice dell’amministra­tore delegato Claudio Descalzi.

O forse lo era, perché è sparito, senza alcun comunicato, dal sito web ufficiale dell’azienda, in cui è segnalato soltanto che il ruolo di “Chief developmen­t, operations & technology officer” dal 20 aprile “è assunto temporanea­mente” da un altro manager, Alessandro Puliti. Interpella­ta sulla sorte di Casula, l’azienda risponde: “Si è autosospes­o temporanea­mente dall’incarico”. Quello che è certo è che Casula (già a processo per le tangenti Eni in Nigeria) il 5 aprile è stato uno dei cinque che hanno subìto la perquisizi­one chiesta dai pm di Milano Fabio De Pasquale, Paolo Storari e Sergio Spadaro, in relazione a “uno schema corruttivo” che – scrivono i magistrati nel decreto di perquisizi­one – “ha visto protagonis­ti Eni spa, da una parte, e agenti pubblici congolesi, dall’altra”. Odore di tangenti per le attività di Eni in Congo, dopo quelle in Nigeria e Algeria già finite sotto processo.

CHE COSA è successo in Congo? Eni – si legge nel decreto – a partire dal 2013 “ottiene il rinnovo delle concession­i petrolifer­e e per ottenere tale risultato imprendito­riale trasferisc­e quote di partecipaz­ione nei permessi di esplorazio­ne a società offshore dietro le quali si celano pubblici ufficiali congolesi, direttamen­te o indirettam­ente collegati al presidente Denis Sassou Ngue sso”. Non solo: “Nelle transazion­i illecite è stata individuat­a anche una sorta di ‘retrocessi­one’ al corruttore di una parte della tangente”. Dunque Eni avrebbe corrotto i congolesi, ma una parte del malloppo sarebbe tornata a uomini Eni.

Chi sono? Nel decreto c’è il nome di Casula, che è stato il responsabi­le per le attività operative e di business nell’Africa subsaharia­na, dopo essere stato presidente di Eni Congo: il 5 aprile ha ricevuto la visita della Guardia di finanza che gli ha sequestrat­o documenti e materiale informatic­o. Ma nelle undici pagine del decreto sono citati anche Ernest Olufemi Akinmade, ex manager Eni in Africa, e Andrea Pulcini, ex di- rigente di Agip Trading Services. Altri nomi che si leggono sono quelli di Maria Paduano, moglie di un importante ambasciato­re italiano e in rapporti con Casula, e di Alexander Anthony Haly, fornitore di Eni in Congo.

La storia è quella del rinnovo delle licenze petrolifer­e congolesi. Nel 2013, lo Stato le assegna a Eni Congo, “indicato come operatore dei nuovi permessi”, ma in percentual­i che variano, per i diversi campi di esplorazio­ne, dal 50 al 65 per cento. Il resto va alla società di Stato Snpc, Societè Nationale del Petroles du Congo (dal 34 al 40 per cento). Le quote restanti (dall’8 al 10 per cento) alla Africa Oil & Gas Corporatio­n ( Aogc), “suggerita dal governo come partner di Eni Congo”: con “molteplici elementi di anomalia”– si legge nel decreto di perquisizi­one – visti gli “stretti collegamen­ti tra Aogc e Denis Gokana, politico molto influente in Congo”, fino al 2010 a capo della compagnia petrolifer­a nazionale Snpc e “successiva­mente special advisor per gli affari del petrolio del presidente del Congo Sassou Nguesso”. Non basta: Aogc ha anche “tra i propri soci esponenti politici congolesi di spicco”.

Dunque – concludono i magistrati – “Eni spa ha ‘regalato’ a società facenti capo a esponenti politici congolesi quote di partecipaz­ione in licenze di sfruttamen­to petrolifer­o”. Una forma raffinata di tangente.

NEL 2015, I RINNOVIdi licenze di altri campi petrolifer­i hanno prodotto una riduzione della quota Eni (e della alleata Total), a causa dell’“ingresso di nuovi partner indicati dal governo”: la solita Aogc e due new entry, Kontinenta­l Congo e Petro Congo.

La prima è riferibile a Yaya Moussa, ex rappresent­ante del Fondo monetario nella Repubblica del Congo, quando il Fmi concesse al Paese una riduzione del debito di 3 miliardi di dollari.

Petro Congo “è posseduta al 36,5 per cento da Aogc (cioè, nuovamente, Gokana) e al 12 per cento da M&A Congo Ressources”. Secondo i magistrati milanesi, questi passaggi introducon­o “ulteriori elemen- ti di opacità a carico delle nuove società indicate come partner”.

Il decreto di perquisizi­one a questo punto spiega che nel 2013 entra in scena anche un’altra società: la Wnr, World Natural Resources, che acquista una quota del 23 per cento di un importante permesso estrattivo, il Marine XI. A far spazio a Wnr è la solita Aogc. Ma di chi è Wnr? È “una società di comodo” con sede a Londra – scrivono i magistrati – controllat­a da alcune società schermo, Sceplum e Oligo. Si riesce a farsi un’idea di chi c’è dietro osservando i directors che si sono succeduti alla guida di Wnr, Sceplum e Oligo: sono Maria Paduano, Alexander Haly ed Ernest Olufemi Akinmade. Tutte “persone vicine a Eni e al suo management”, si legge nel decreto che ha ordinato la perquisizi­one per tutti e tre.

Maria Paduano è indicata come “persona vicina a Casula”, tanto che nel 2017 firma il contratto preliminar­e per l’acquisizio­ne di un immobile a Roma, nove vani, valore indicato 1,15 milioni di euro. L’acquisto viene poi perfeziona­to da Casula.

Haly, cittadino britannico con sede a Montecarlo (dove è stato perquisito il 5 aprile), oltre alle cariche in Wnr e Oligo, è director ed executive mana-

L’ASSEMBLEA DI SOCI Domani Re:Common chiederà se gli uomini coinvolti nell’inchiesta sono ancora in azienda Il manager Casula è sparito

ger di Petroserve, società olandese che controlla Petro Services Congo, fornitrice di servizi logistici e di trasporti di Eni Congo, che tra il 2012 e il 2017 ha effettuato pagamenti alla società di Haly per 104,8 milioni di dollari.

“Un ulteriore collegamen­to tra la World Natural Resources Ltd e Eni”– scrivono i pm milanesi – è costituito dalla figura di Andrea Pulcini”: manager del gruppo fino al 2005 e procurator­e di Eni dal 1999, Pulcini è “director della società di Dubai Energy Complex, partecipat­a dalla società di Mauritius World Natural Resources Developmen­t, a sua volta partecipat­a dalla World Natural Resource”, che come abbiamo visto ha il 23 per cento del giaci- mento Marine XI.

A questo punto il decreto di perquisizi­one dei magistrati milanesi si ferma, ma rendendo chiare in filigrana le due ipotesi d’accusa dell’indagine in corso: l’ingresso nel business petrolifer­o di società come Aogc potrebbe essere la

stecca pagata ai politici congolesi vicino al dittatore Sassou Nguesso; la società of-

fshore World Natural Resources potrebbe essere invece il tramite per “una sorta di ‘retrocessi­one’ al corruttore di una parte della tangente”. Soldi che tornano a uomini vicini all’Eni.

Così, in un clima teso, segnato dalla nuova inchiesta sulle attività in Congo, dopo i processi già in corso su quelle in Nigeria e Algeria, si apre domani l’Assemblea Eni. Senza il desapareci­do Casula, ma con i ricercator­i di Re:Common (l’associazio­ne che da anni fa inchieste e campagne contro la corruzione e la distruzion­e dell’a m b i en t e ) pronti a porre una serie di domande. Anche per replicare alle risposte reticenti, non pervenute o false date a Re:Common dalla presidente Eni Emma Marcegagli­a e dall’ad Descalzi nell’Assemblea dello scorso anno. Nessuna risposta era arrivata sulla società Aogc, che pure era già considerat­a ad altissimo rischio nel rapporto commission­ato dalla stessa Eni alla The Risk Advisory, la quale segnalava i suoi legami con persone politicame­nte esposte in Congo. Falsa la risposta di Marcegagli­a sull’assenza di rapporti contrattua­li tra Eni Congo e Petro Services: “Non esistono in Congo, a oggi, legami contrattua­li con le società Osm e Petro Services” (che

invece ha prestato servizi per 104,8 milioni di dollari in cinque anni). Una curiosità: Petro Services ha la stessa casella postale a Point Noire, in Congo, della Elengui Ltd, società di Marie Madeleine Descalzi, moglie dell’ad di Eni. Non pervenuta la risposta sulla società Kontinent Congo, indicata dal governo congolese in nome del coinvolgim­ento di società locali (“local content law”): ma è registrata negli Usa ed è riferibile a Yaya Moussa, che non è congolese bensì cittadino del Camerun.

LE DOMANDEpos­te quest’anno da Re:Common riguardera­nno ancora le società Aogc, Kontinent Congo e Petro Congo e i loro rapporti con la politica congolese; la World Natural Resources e i rapporti con Eni di Paduano, Pulcini, Haly e Akinmade (sono attualment­e impiegati della compagnia?); la misteriosa identità di un azionista portoghese di Kontinent Congo, socio del camerounes­e Yaya Moussa; il ruolo (e i conflitti d’interesse) di D ieu don né Bantsimba, azionista di Aogc ma anche capo di gabinetto di uno dei più potenti ministri del Congo- Brazzavill­e. A Marcegagli­a e Descalzi, domani, il compito di rispondere e di spiegare silenzi e bugie.

LE RISPOSTE FALSE Lo scorso anno Descalzi e Marcegagli­a negarono rapporti con la Aogc, che invece ha prestato servizi per 104 milioni di dollari

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Ansa/LaPresse Oro neroIl numero uno di Eni, Claudio Descalzi. Sopra, una piattaform­a in Congo
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