Tutti a chiedersi chi farà le liste e chi starà fuori
Terrore Con le urne nel 2018 i Democratici e (soprattutto) i berluscones perderanno altri seggi: a decidere sommersi e salvati saranno i soliti nomi
Tra parlamentari del Pd e parlamentari di FI le chiacchiere vanno avanti per tutto il giorno. Al centro c’è un’unica questione: a che punto sono le quotazioni del governo Cinque Stelle-Lega, con passo di lato di Berlusconi incorporato? Perché questa domanda se ne porta dietro una più stringente: quando si vota? Dem e azzurri sono quelli che hanno più da perdere con il voto subito. Nel Pd, si organizzano. Un caminetto con dentro praticamente tutti i big (tranne Renzi) al Nazareno decide la data dell’Assemblea: sabato 19 maggio. L’idea è quella di provare l’ armistizio e confermare segretario Maurizio Martina fino alle urne. E Paolo Gentiloni candidato premier. Matteo Renzi va a Di Martedì e lancia la candidatura.
UN MODOper sottolineare che è lui che comanda. Tutto da vedere se Gentiloni accetterà il ruolo (peraltro solo nominale, visto che pensare a un premier del Pd è quasi nell’o rdi ne dell’irrealtà). L’accettazione passa per la “neutralizzazione” di Renzi. Obiettivo difficile da raggiungere. Come dimostra l’ex premier anche ieri sera. “Io ho aperto a Bersani? Non mi pare proprio...”, dice, a proposito del fatto che Leu potrebbe far parte della coalizione di centrosinistra. Peccato che il ruolo che potrebbe convincere Gentiloni sarebbe proprio quello di “federatore” della coalizione, con LeU dentro. Non è solo Renzi ad andare in tv ieri, ma anche Maria Elena Boschi, a Porta a Porta.
Chi farà le liste nel Pd? La domanda è cruciale, la risposta generica “la direzione”. La Sottosegretaria fornisce la sua versione: “Se andassimo davvero al voto a luglio sarebbe ragionevole confermare le liste delle ultime elezioni”. Si tratta di liste ultra-renziane e la rivolta nel Pd è già dietro l’angolo. Al di là di chi nominalmente guiderà il partito è quella delle candidature la battaglia cruciale.
DENTRO Forza Italia la rivolta è già in corso, all’idea di andare a votare. Quando si tratterà di fare le liste, al tavolo saranno seduti come sempre Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Gianni Letta. Insieme ai capigruppo: stavolta, oltre alla Gelmini, la Bernini. Per adesso, tra gli azzurri, però, il tentativo è soprattutto quello di evitarle le elezioni. E sono proprio le liste il motivo principale. Perché, lo spiega un dirigente della Lega: “Per quelle del 4 marzo abbiamo u- tilizzato il criterio di dividere i posti tra noi e Forza Italia sulla base dei sondaggi dell’ultimo mese. Faremo lo stesso questa volta”. Stando alle rilevazioni correnti, la Lega ha già guadagnato oltre 5 punti, andando oltre il 20%, mentre Forza Italia starebbe sotto il 10%. In termini di riconferme per i parlamentari sarebbe una débacle. A via Bellerio si fanno i conti: i leghisti vorranno i circa 30 collegi, tra Camera e Senato, che erano andati a Noi con l’Italia. Oltre a quelli che erano stati persi dal centrodestra per pochi voti. E poi parecchi collegi adesso di Forza Italia.
La questione è aperta anche nei Cinque Stelle. Ma in caso di voto subito, l’idea è quella di derogare rispetto al secondo mandato per i parlamentari e riconfermare le liste del 4 marzo. Con qualche aggiustamento: ovvero la sostituzione dei parlamentari espulsi perché indagati. In teoria, dovrebbe andare liscia. In pratica, in caso di flessione, molti posti da sicuri diventeranno incerti.
“Er Moviola” L’ultima di Renzi: il centrosinistra candidi premier Gentiloni stavolta (però sarebbe ancora lui il capo)