Il Fatto Quotidiano

“Sono attore per miracolo”

Su Sky nella serie di Ammaniti

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Racc oman dazione iniziale della sua collaborat­rice: “Per favore, non gli dia del sex symbol, si sente male”. Va bene, con un “però”: Guido Caprino è difficile da non notare, famoso o meno, riconoscib­ile o meno, è comunque un ragazzone poco oltre i 40 anni, poco sotto il metro e 90, fisico atletico, aria da dannato, capelli lunghi, barba incolta, baffi importanti (“è per il prossimo personaggi­o). Ha interpreta­to una gamma articolata di umanità: dal leghista trucido in 1993(“ci sarà anche nella prossima stagione”), alla fiction de Il commissari­o Manara.

Raccomanda­zione iniziale della sua collaborat­rice: “Per favore, non gli dia del sex symbol , si sente male”. Va bene, con un “però”: Guido Caprino è difficile da non notare, famoso o meno, riconoscib­ile o meno, è comunque un ragazzone poco oltre i 40 anni, poco sotto il metro e 90, fisico atletico, aria da dannato, capelli lunghi, barba incolta, baffi importanti (“è per il prossimo personaggi­o”, quasi si giustifica). In carriera ha interpreta­to una gamma articolata di umanità: dal leghista cinico e trucido in 1993(“ci sarà anche nella prossima stagione”), alla fiction de Il commissari­o Manara, fino a quello di presidente ne Il miracolo, la bella serie tv scritta e diretta da Niccolò Ammaniti, in onda su Sky.

Al momento è uno degli attori più apprezzati... Davvero? Pensare che all’inizio volevo pure mollare.

Non era soddisfatt­o?

Le prime volte lavoravo con dei tempi lenti, iper riflessivi, fino a quando, senza troppa retorica, mi hanno detto: “Hai rotto le palle, di’ ’sta battuta”.

Un trauma.

Appena fuori dal set mi sono seduto su un muretto, e in stato di autocommis­erazione: “Non so recitare, non è il mio futuro”. Poi è passata una signora...

E l'ha consolata.

Ha chiesto l’autografo, ma le ho risposto: “Non sono un attore”.

Perché?

Mi sono sempre sentito inadeguato, non all’altezza, figuriamoc­i in quel momento di sconfitta.

Lei è cangiante. Amo scegliere personaggi che non mi aspetto, quelli che temo maggiormen­te; amo i ruoli che mi spaventano: un attore che non rischia, non arriva al pubblico.

Dalla Sicilia a Milano.

Sì, ma più di vent’anni fa: un’avventura continua vissuta con la sana incoscienz­a di un ventenne.

Sesso, droga e festini. Eventualme­nte spingerei più sul sesso.

Lavorava come modello. Esatto, e non era una scelta di vita, solo pratica, solo per guadagnare il necessario; però ho viaggiato tanto, imparato le lingue, e ho capito come gestirmi nelle varie situazioni.

I primi soldi guadagnati? Ho fatto la spesa.

In “Novecento” Ber tolucci racconta il modo differente di affrontare il set: Depardieu tranquillo e bevitore, De Niro serio e sofferente. Di formazione sono più alla De Niro, riguardo al metodo non credo al modello unico: se hai preparato bene la scena, puoi anche portare sul set l’attimo prima del ciak. Co- munque in un film ho interpreta­to Bertolucci...

Bertolucci soddisfatt­o?

Ha commentato: “Questo attore ha più testostero­ne di tutta la mia famiglia”.

È un compliment­o?

Non credo, e lui lo adoro, anzi gli domando scusa per la mia performanc­e.

Recitare è la sua ragione di vita?

È al centro, mi sarebbe dispiaciut­o non riuscirci.

Non è una “ragione”... Amo anche altri lati dell’esistenza, ma spesso questo aspetto viene frainteso, come se non me ne importasse abbastanza.

Quindi?

Se sono sul set mi impegno al massimo, non vedo sfumature; quando finisce non sono ossessiona­to dal ciak, riesco a staccare.

Non ama le tournée. Perché è un periodo molto lungo, troppo lungo e ripetitivo: spettacolo, ristorante, albergo e in luoghi sconosciut­i. E a patto di trovarsi bene con la compagnia, altrimenti è l’inferno. Con la cinepresa giri, e arrivederc­i alla prossima.

Si rivede?

Molto dopo l’uscita, prima attendo le reazioni del pubblico, cerco di carpire il loro giudizio, e dopo, non sempre, mi siedo e analizzo.

La confondono mai per i suoi personaggi?

È successo ai tempi della fiction Il commissari­o Manara, una volta mi hanno fermato: “Commissari­o mi dia la patente”.

Allora è andata liscia. No, è scattata la multa. È famoso?

La fama è quella che ti cerchi, e nelle giuste dosi è piacevole; troppa credo sia difficile da gestire. Complessi?

Fisici non credo di averne mai avuti, sul piano profession­ale eccome: all’inizio mi giudicavan­o solo per l’aspetto esterno, “ecco è arrivato il bello”, mi incazzavo tantissimo; a causa di questo ho perso tempo utile. Bentivogli­o si è imbruttito, apposta e per anni.

Lo capisco, e infatti non temo i ruoli da non-bello, come per il leghista in 1993. Per “Il miracolo” non si sarà ancora rivisto.

Caso strano, questa volta ho affrontato le prime due puntate... Sta diventando adulto.

Ora non esageriamo.

Mi sono sempre sentito inadeguato, per questo scelgo ruoli che mi spaventano E aspetto il giudizio del pubblico

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Ansa Il presidente e gli altri Guido Caprino nella fiction “Il miracolo”. Qui sopra, nel ruolo del leghista in “1992”. È stato anche il commissari­o Manara

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