Il Fatto Quotidiano

La neutralità come equivoco: il ruolo filosofico di Mattarella

- » MARCO PALOMBI

Neutrale, dice Treccani, “di persona o gruppo di persone che si astiene dal prendere posizione tra due parti contrappos­te”. Può un governo essere neutrale? Ovviamente no, anzi tra le istituzion­i è la meno neutrale: nel nostro caso, per dire, non potrebbe essere neutrale neanche non facendo nulla. Lasciar aumentare l’Iva è una scelta politica; evitare l’aumento coprendo la differenza con tagli e altre tasse anche; far salire l’imposta e rifiutarsi di abbassare il deficit pure: sono tutte scelte che presuppong­ono una vi- sione del futuro del Paese (e parliamo di un solo tema). Sergio Mattarella, però, proponendo il governo degli ottimati neutrali non sta prendendo in giro gli elettori: pensa davvero, par di capire, che “rispettare gli impegni europei”, cioè mandare l’Italia in recessione, sia un fatto neutrale, anzi naturale. Il capo dello Stato finisce così per essere simbolo e garante di quella gran parte di italiani che s’è intellettu­almente consegnata alla fine della storia, a una sorta di eterno borgesiano in cui un uomo o un Paese, alla lunga, altro non sono che le circostanz­e in cui si trovano a vivere: fuori dal “si è sempre fatto così” ( sempre...) non c’è vita possibile, dentro solo conformism­o, la rassicuran­te coperta della sconfitta e la mascherata delle libertà innocue e dei conflitti che fanno male solo a chi ha già perso. La libertà però - e parafrasia­mo Adorno - non è scegliere tra Iva e non Iva, “ma nel sottrarsi alla scelta prescritta”. Come se esistesser­o ancora la politica e la storia, la quale - com’è noto - siamo noi ( bella ciao che partiamo...)

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