Sfidiamo tutti i giorni un mondo fatto per i destri. E vinciamo
Le matite, le forbici, i mouse. Non si contano gli oggetti disegnati non pensando a noi. E ogni volta che li usi per un attimo te lo ricordi: sei diverso
Chissà se Michelangelo la mattina prendeva brioche e cappuccino al bar. Perché è quello il primo momento in cui i mancini si sentono così: diversi. Il cameriere, prima di porgere la tazzina, gira il manico verso destra. È un atto di cortesia. Ma tu, mancino, anche da quel movimento capisci di essere minoranza. Diverso, appunto. Ti guardi intorno e vedi che 9 clienti su 10 sono destrimani. Tu no, devi rigirare il manico. Oppure, per sentirti uguale agli altri, tenti di bere con la mano destra tremante e magari ti versi il caffè sulla camicia.
Dunque anche Buonarroti era nato mancino, lo dice Davide Lazzeri, esperto di medicina dell’arte. Ma anche Michelangelo, come milioni di mancini, fu costretto a usare la destra. O magari fu lui ad abbandonare la mano naturale per sentirsi uguale agli altri. Lui che già si distingueva per il genio. E si raffigurava negli autoritratti mentre dipingeva con la destra. Ma poi, quando aveva bisogno di forza e precisione, scolpiva con la sinistra. Non è il solo, Michelangelo. Mancini nell’arte, come Leonardo o Charlie Chaplin; nella politica come Giulio Cesare, Castro (poteva, Fidel, essere destro?) e Barack Obama. Ma anche nella scienza e nella tecnologia, da Albert Einstein a Bill Gates. Fino allo sport, da Maradona a Gigi Riva. Bè, allora noi tutti mancini ci sentiamo meno soli. Perché questo è un mondo fatto per i destri (che vanno forte anche in politica): le matite, le forbici, i mouse. Non si contano gli oggetti che non sono disegnati per noi. E ogni volta che li usi te lo ricordi: sei diverso.
Non è un male, quel piccolo sforzo per tenere ferme le forbici ti ricorda che non è giusto disegnare il mondo soltanto a misura di qualcuno: gli uomini e non le donne, gli etero, i bianchi, gli alti, i magri.
Per un attimo sei dalla parte dei pochi. E chissà se sia per questo, cioè la paura dell’uomo per le diversità, che sui mancini sono nati pregiudizi. Guardate le parole, che tradiscono sempre un pensiero profondo: lo sguardo sinistro, il tiro mancino. Perché nei secoli in cui usavano i duelli chi tirava con la sinistra era favorito dai movimenti imprevisti. L’ha studiato anche la scienza: c’è chi sostiene che l’uso della sinistra si accompagni a genio e creatività. Ma la scienza, piegata dalle dittature, giunse a dire che il mancinismo era segno di demenza. La diversità fa paura. Arriva qualcuno e decide quale sia la normalità (che a volte nasconde la mediocrità).
Una volta, ce lo ricorda la vita di Michelangelo, i mancini venivano corretti. La maestra ti chiamava alla lavagna e tu, davanti ai compagni che ridevano, tracciavi lettere tremolanti. Finché il cervello si arrendeva e diventavi uguale agli altri. Per fortuna oggi non è più così. Michelangelo disegnerebbe il proprio autoritratto con il pennello nella sinistra. Libero di sentirsi mancino, forse omosessuale, genio straordinario.
Grazie al suo mancinismo? Chissà. Ma non perché chi è mancino sia più estroso e geniale. Forse la scintilla è proprio nella percezione della diversità: con quel piccolo gesto davanti a un cappuccino capisci che tu non sei “normale”, che nessuno forse lo è. E guardi la brioche e il mondo con occhi più attenti.