L’isola del non arrivo Un luogo per salvarsi o morire
La storia di Lampedusa: un fenomeno lontano che diventa razzismo
Impossibile immaginare quanto sia piccola Lampedusa, quanto sia lontana da ogni costa italiana, quanto sia sperduta nel mare. Guardandola dall’aereo che si avvicina e si abbassa, non riesci a renderti conto della natura quasi mistica di questo luogo che, nell’avventura tragica, vorticosa prevista da nessun esperto e affrontata da nessun governo, è un estremo luogo di salvezza. È una tomba. Su Lampedusa si è scaricata la scossa di terrore degli italiani, la vanesia incapacità di conoscere e affrontare il problema di quasi chiunque sia una autorità, la solitudine dell’isola verso l’Italia e dell’Italia abbandonata dall’Europa, la disorganizzazione delle dimensioni della problema, quella della stupidità e della cattiveria. E anche l’intelligenza e la guida di isolani come il sindaco Giusi Nicolini, del medico instancabile narrato dal film di Gianfranco Rosi. Il numero molto alto e misconosciuto di individui che hanno agito da soli per salvare morenti e delle ong che sono andati e vanno in luoghi pericolosi e tentano ancora di salvare. Ovvero il popolo italiano di fronte al dramma dell’immigrazione è allo stesso tempo una massa impietrita e un formicaio di solidarietà individuali. Adesso c’è un libro che affronta il problema in un modo diverso sia dal reporting giornalistico che dalla doppia narrazione di approvazione e condan- na. È il libro di un antropologo (Marco Aime, L’isola del non arrivo, Bollati Boringhieri editore), un’analisi scientifica del fenomeno che tormenta l’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale. L’indagine è accurata, l’osservazione attenta, l’inventario delle tante parti di questo problema (umano, militare, burocratico, politico, privato e pubblico) compone un repertorio ampio e prezioso, considerando che sull’immigrazione una parte della cultura e della politica del Paese e degli organismi europei mente quasi sempre. Ma soprattutto è racconto. Alla maniera dei maestri fondatori dell’antropologia, Aime trasforma in vicende personali, storie, episodi, memorie e racconti tutto ciò che avviene in quel mare intorno a Lampedusa che, dall’alto, vi sembra sproporzionatamente grande, ma quando la avvistate, vi sembra troppo sola, troppo isola. Il libro è storia contemporanea, politica, sociologia del fenomeno non capito e non affrontato sulla paura che diventa razzismo e sul doppio volto della burocrazia (militare e civile) che salva e condanna in un rovesciamento che torna a ripetersi. Parla di un solo luogo e di un numero limitato di eventi con qualità letteraria e l’affidamento scientifico. È un libro più importante del piccolo luogo a cui è dedicato. È indispensabile per giudicare il nostro Paese oggi.