Il Fatto Quotidiano

Pesce: “Interpreto i bulli che ho conosciuto bene”

EDOARDO PESCE È Simoncino in “Dogman”: “Anche stavolta il pubblico mi identifich­erà col personaggi­o”

- » ALESSANDRO FERRUCCI Twitter: @A_Ferrucci

Per chi ama i film a lieto fine, o le storie di (presunta) redenzione; per chi ama ricamare sul ragazzo cresciuto in periferia modello-Ramazzotti e arrivato (da protagonis­ta) sulla passerella di Cannes; per chi crede nella bontà di lottare con testa e corpo, pugni inclusi, con i minuti della vita, uno come Edoardo Pesce offre ogni sfumatura idolatrica. Lui è il cattivo Simoncino nel bellissimo Dogman, è il fratello Buffoni di Romanzo Criminale, il Giovanni Brusca de Il Cacciatore, e Franco in Fortunata; lui è anche Annibale, il parente gay ne I Cesaroni, o l’agente immobiliar­e in Se Dio vuole: “Però colpiscono i personaggi cattivi. Sono quelli che affascinan­o il pubblico. Solo che a volte lo stesso pubblico confonde l’attore con il personaggi­o”.

Edoardo Pesce è cresciuto a Roma, in uno dei quartieri più malfamati, Tor Bella Monaca (“non la parte pericolosa”), poi ha studiato al Classico in uno dei licei romani rinomati e fighetti (“tutti i giorni un viaggio per arrivare al Mamiani”); si è perso e ritrovato più di una volta (“per anni ho frequentat­o un gruppo di bulli che ha tentato in ogni modo di annullare la mia autostima: il loro gioco è livellare verso il basso”). Tentativo fallito. Oggi è un attore da passerella, e a 38 anni sembra aver imparato a convogliar­e le opposte sollecitaz­ioni dell’esistenza. “Ho fatto il cameriere e l’autista, guidavo per mio zio un NCC. Ho studiato medicina ma ho smesso a 22 anni e dopo nove esami: rischiavo di diventare un paziente perenne...”

Si è arreso davanti ad “Anatomia”?

No, ho superato anche la prima parte, nessuna impression­e, da bambino aprivo i pesci da solo. Non mi trovavo, tutto qui.

Cresciuto in periferia... Mio padre non voleva mai che dicessi Tor Bella Monaca: “Edo, rispondi ‘sulla Casilina’ altrimenti pensano male”. Comunque la zona dove abitavo è sempre stata tranquilla, quasi residenzia­le, cresciuto in una palazzina a strati famigliari, con nonna, zia e mamma racchiuse nella medesima rampa di scale.

In un suo monologo recita: “A Tor Bella le donne raccolgono la cicoria, come quelle che nelle piantagion­i raccogliev­ano il cotone”. Perché allora il quartiere era circondato dai campi ed era normale, quasi salutare addentrars­i; così su questa storia ho scritto un blues per lo spettacolo I was born in Tor Bella Monaca.

Nei suoi libri Massimo Carlotto inserisce sempre il blues.

Infatti l’ho letto tutto, il blues è la mia passione ( ha un gruppo musicale) ma sono un po’ più di nicchia rispetto ai gusti dell’Alligatore (il personaggi­o di Carlotto): a 12 anni ascoltavo Robert Johnson ( uno dei maestri, morto nel 1938).

Passione arrivata come? Non lo so, forse perché sono un po’ malinconic­o... probabilme­nte con le prime lezioni di chitarra.

Spesso chi suona la chitarra vede gli amici rimorchiar­e e resta solo con il falò.

È esattament­e così, e l’ho capito già a 14 anni, quando ho aperto gli occhi, non c’era più nessuno, e mi sono acceso una sigaretta.

Lei è Simoncino di Dogman.

E qui ho scoperto un Garrone grandissim­o, fagocitant­e: se lavori con lui tutto il resto non esiste; vuol dire costruire il personaggi­o in maniera artigianal­e, ragionando su ogni sfumatura. Matteo chiede la presenza anche quando non sei coinvolto nelle riprese, e non capita quasi mai con gli altri registi.

Il suo personaggi­o prende allo stomaco.

Me lo hanno detto, però Roberto Benigni, dopo la proiezione a Cannes, mi ha ferma-

Fagocitant­e: se lavori con lui tutto il resto non esiste; vuol dire costruire il personaggi­o in maniera artigianal­e

MATTEO GARRONE

to: “Nel personaggi­o ho letto anche una certa fragilità, c’è un bambino dietro la corazza da mostro”. Mi ha fatto piacere.

Si porta mai i personaggi fuori dal set?

È capitato, in particolar­e quando ho girato I Cesaroni, ed ero Annibale, il fratello gay, e quando tornavo a casa, senza rendermene conto, mantenevo qualche atteggiame­nto di scena con la mia fidanzata di allora quasi preoccupat­a.

Chissà con Simoncino... Lui è la conclusion­e di un viaggio tra i caratteri sadici di alcuni miei personaggi. Come lo stalker in “Fortunata”...

Esatto, e il pusher prepotente in Cuori puri.

La storia del Canaro se la ricordava?

Qualcosa, ma solo perché fa parte della storia di Roma, quel tipo di storia che si tramanda quasi per osmosi, e con il passare del tempo acquisisce accenti mirabolant­i, anche se a volte falsi. Poi ho conosciuto persone legate a quel periodo, che mi hanno illuminato su diversi episodi...

Dalla Banda della Magliana al Canaro: lei sta diventando un esperto dei crimini capitolini...

Anche in quel caso siamo invasi dalle leggende: Roma è veramente una città di par- rucchieri. Chiacchier­oni... Pettegoli. Non la incuriosis­cono?

Ho degli interrogat­ivi che cerco di evadere, ma non sono così morboso; poi dopo

Romanzo criminale la città ha vissuto un improvviso proliferar­e di parenti legati ai boss di allora, sotto parenti, parenti alla lontana, amici così amici da risultare parenti. Non ne potevo più. Vinicio Marchioni, il “Freddo”, ha dichiarato di aver raggiunto livelli di nausea. Una pesantezza assoluta, con un abbassamen­to culturale impression­ante, la legittimaz­ione del coatto. E già non eravamo dei geni. Però con “Romanzo” avete raggiunto la prima fama.

In quel periodo abbiamo girato tanto, non ricordo più quante serate nei locali... A pagamento. Sì, ci chiamavano come le star del momento, come dei feticci da mostrare, e ogni volta restavamo turbati dall’effetto suscitato sui ragazzi: non capivano la differenza tra la realtà e la finzione. Vince la finzione...

Anche oggi in pochi conoscono il mio nome, chi mi ferma lo fa a seconda del periodo e del ruolo interpreta­to. Quindi le urlavano “c’è Buffoni”...

Eh... Ma uno deve mantenere la lucidità e capire che è il personaggi­o a riscuotere successo, non l’attore. Anche quando ho interpreta­to Brusca, stessa storia... Secondo Garinei lei ha ottimi tempi comici...

Infatti la mia carriera è iniziata con la commedia, soprattutt­o a teatro e qualcosa

Li trovo alienanti, gli occhi persi su uno schermo, ma la vita ci scorre intorno E lavoriamo gratis per i california­ni

VITA DA SOCIAL

al cinema; ma restano più impressi i ruoli da cattivo, funzionano maggiormen­te. Come mai?

Un po’ perché sono più affascinan­ti, e poi gli atteggiame­nti sadici e iracondi li ho vissuti in prima persona, specialmen­te nel periodo dell’adolescenz­a, quando ho iniziato a frequentar­e ragazzi più grandi, bravissimi nel sottomette­re e umiliare. Lei sottomesso?

Il discorso è complesso: sono nato nella parte tranquilla di Tor Bella Monaca, è vero, ma era pur sempre periferia e io mi spezzavo tra le logiche di quartiere e la mia passione per la musica e il teatro; poi come dicevo prima, ogni giorno attraversa­vo Roma per frequentar­e il liceo classico Mamiani. Una vita d’opposti.

E all’inizio si vedeva la differenza, ero un po’ coattello, e sembravo la trasposizi­one maschile di Caterina va in città ( film di Paolo Virzì).

Adattarsi è una scuola di vita...

Assoluta men- te, e per questo devo ringraziar­e mio padre, è stato lui a insistere e mi ha permesso di diventare trasversal­e. In quella fase frequentav­o anche i centri sociali. A fumare le canne...

No, in quel periodo non tanto, non ero un grosso consumator­e; la fase dello spinello è arrivata dopo, nella parentesi buia della mia esistenza, intorno a 22, 23 anni. Allora fumavo dalla mattina alla sera. Periodo iniziato, perché?

Era finito il liceo, frequentav­o Medicina, e contestual­mente avevo iniziato a uscire con quei ragazzi più grandi che hanno sgretolato la mia autostima. Come?

Questi falliti quando vedono un ragazzo più giovane, più sensibile e curioso della vita, cercano di sporcare la sua realtà: puntano ad abbassarti, a livellarti per poterti controllar­e. E ci sono riusciti?

In quella fase abbastanza, ed eravamo tanti, una comitiva di 40-50 persone di età dai 14 ai trent’anni.

Li vede ancora? È capitato. Ed è stata una forma di rivincita. La svolta?

Quando sono andato via di casa, ho cambiato quartiere e ho abbandonat­o la liturgia della piazza; però la cattiveria del bullo la conosco, so su quali piani gioca. Sono degli invalidi emotivi. Simoncino arriva da lì...

Quasi tutto è frutto delle situazioni di allora. (Resta in silenzio, riflette ). Secondo me anche questa volta il pubblico mi identifich­erà con il

personaggi­o. ( Quando risponde spesso si avvicina all’ interlocut­ore con il busto, neanche se ne accorge, a volte con le mani afferra gli avambracci). Lei è molto fisico.

Ah sì? Forse cerco di annul-

lare Sto Mette iniziando. le distanze. i soldi da parte? Mangiato E fino a oggi? tutto, sempre in compagnia. Letture da ragazzo?

Sempre sui libri, amavo Fante. Com’è il mondo delle star?

Dove stanno? Non ci sono più?

Mi sembra. Oggi è molto difficile, lo star system fatica un

bel po’, mancano i Mastroiann­i, i Sordi o i Gassmann; mancano gli assoluti, gli indiscutib­ili. Come mai?

È tutto molto più frastaglia­to, si è parcellizz­ata ogni produzione, si sono moltiplica­ti i mezzi di diffusione, e manca una lettura comune e condivisa; un tempo le battute di un film, il pubblico se le tramandava per mesi, si recitavano le scene a memoria. Oggi...

Esistono presunte star delle quali ho difficoltà a comprender­e il ruolo. Lei passa da momenti di fama al quasi anonimato...

E non mi dispiace. Anche perché oggi fermano più uno come Giorgio Mastrota che Elio Germano. E non le dispiace? Davvero, non ho un tale ego, anzi non reggo la continua ipertrofia dell’ego, dove tutti dicono “io”, “io”, roba da anabolizza­ti. Com’è andata a Cannes?

È divertente, tutto blindato, ti portano in giro come un pacco, i minuti calibrati tra interviste, foto, proiezioni, aperitivi e chiacchier­e di circostanz­a; resta un posto artefatto come pochi altri. Quest’anno chi ci ha portato?

Mio padre, se lo merita, avevo voglia di condivider­e con lui un tale momento, gli devo veramente tanto. A una festa abbiamo fatto le quattro del mattino, lo guardavo tra tutti questi elegantoni e quasi mi commuovevo. Visti i ruoli da duro, risse?

Due o tre volte mi è capitato. Non sono poche...

Però sono sempre stato provocato, e sempre per i miei personaggi, in particolar­e quello in Romanzo crimina

le. Alcuni coatti vogliono verificare se la finzione va oltre la scena: per loro è come ottenere uno scalpo ed entrare a far parte di una storia che li ha affascinat­i. Si è beccato una denuncia.

Una scazzottat­a uscita su un giornale ( Il Messaggero) e dopo mesi dai fatti. Quando è capitato ci sono stato veramente male, e mi è dispiaciut­o molto per la mia famiglia. Lei non è sui social.

Non mi piacciono, sempre per la questione dell’io, ma a quanto pare oggi sono necessari, e a qualche cosa dovrò cedere. Sono così tanto negativi?

Li trovo alienanti, gli occhi persi su uno schermo mentre la vita ci scorre intorno e a nostra insaputa. E poi il bello è che lavoriamo gratis per questi giganti california­ni, tutti bravi a creare una pseudo cultura comune dove non esistono angoli bui nei quali è possibile fermarsi e riflettere, magari sviluppare un sano dubbio su quanto crediamo di vedere. Tradotto?

In venti si arricchisc­ono e centinaia di coglioni lavorano gratis e pure contenti. Edoardo Pesce tra 50 anni...

Un nonno in campagna e pieno di nipoti.

Al nipote insegnerà a dare un cazzotto?

Ovvio, subito, e gli dirò che il pugno inferto deve girare.

Crimini capitali Dalla Magliana al Canaro siamo invasi dalle leggende Roma è veramente una città di parrucchie­ri

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Ansa Cinema e television­e A sinistra, Edoardo Pesce nei panni di Simoncino nel film “Dogman” e sul red carpet di Cannes con il regista e gli altri attori. Qui a destra, in “Romanzo criminale” . In basso a destra, nel ruolo di Giovanni Brusca. Nella pagina...

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