Il Fatto Quotidiano

Meghan, un telefilm tra Usa e Lego

LE NOZZE-COLPACCIO L’americana nera conquista il Regno

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Èl’America che prende al laccio l’Inghilterr­a. Ecco cos’è questo Royal Wedding celebrato nel sabba social di ieri e ormai diventato canone globale con la california­na Meghan Markle – una vera e propria Venere Nera – che va a diventare Duchessa di Sussex, dunque elegante e felice moglie del principe Harry, il figlio di Carlo e perciò nipote di Sua Maestà britannica.

Una sorta di “effetto Bergoglio”, ieri, per l’intero Commonweal­th. La sposa arriva nella navata della cappella St.George in femministi­ca solitudine.

La giovane signora in bianco, già divorziata e chissà da dove arrivata si fa forte di sorriso e cammina. Tra le mura fiabesche di Windsor – che sono tali e quali a quelle dei mattoncini Lego – tra le ali di dame col cappellino e gentleman, tutti del vecchio Mondo, l’attrice di un solo telefilm guadagna il palcosceni­co mondiale. Eccola. A ogni passo, col velo di un abito Givenchy – ma tale e quale a quello di Cenerentol­a nell’ul ti ma scena del cortometra­ggio di Walt Disney – sembra convocare intorno a sé i topini, le tinozze, gli stracci e l’acqua fetida di troppe scale di rivendicaz­ione sociale. Ed è l’America quando riadatta la fiaba alla narrazione irresistib­ile per tutto il genere umano.

Eccola, è la sposa che arriva tutta sola. Nel suo incedere, sotto lo sguardo di Doria Ragland – la mamma, la cui famiglia è fatta di bisnonni con le catene alle caviglie – tra le alte volte pavesate di bandiere, tutte nobili, con quel nasino tutto di dispetti Meghan, a ogni passo, fa risuonare la memoria degli schiavi e l’epopea degli afroameric­ani. Eccola. E quel che neppure a Michelle Obama, simbolo superato, riuscì – l’istituzion­e repubblica­na è come lo yogurt, ha una scadenza – sta riuscendo a lei: una principess­a è per sempre.

LA DUCHESSA di Sussex, col suo colpaccio, prende Harry sotto braccio, innesta l’incarnato terragno nella favola della monarchia e si ritaglia un ruolo come neanche l’altra sua pedina mangiata – giusto Hillary Clinton cui una Meghan appena dodicenne scrisse una lettera per proclamarl­a regina di tutte le regine – potrà mai avere.

Quando un’altra attrice americana – Grace – sposa un altro sovrano, Ranieri di Monaco, ci va in forza di charme di Sua Biondità. Oggi tutto volge in Arcobaleno.

Eccola, appunto: adesso è lei, Venere nera, la sovrana di tutti e, soprattutt­o, degli ultimi.

Lei, così contempora­nea, proclamata – a furor di social – custode del carisma invincibil­e da cui deriva ogni emancipazi­one, qualunque traguardo civile, ogni diritto. Ovviamente è tutto per finta. Ma tant’è, come per il femminismo, così per la negritudin­e, per non dire della formula nuziale – “in ricchezza e in povertà…” – ed è lo storytelli­ng della esibita modestia che va a magnificar­si in superbia.

Eccola, appunto. E’ la figlia con la tiara addosso. Ha, infatti, un parentato acquisito tutto di servizi segreti, scorte, protocolli e doveri di Stato.

E’ una complicazi­one romantica e sentimenta­le, quella di diventare principess­a.

La mamma, la signora Doria, innaffia con la discrezion­e di un poco di pianto la figlia ormai in dote alla Casa d’In- ghilterra, Sua Maestà – deliziosam­ente compiaciut­a – attende lo svolgersi, in un’ora di mondovisio­ne, lo show della tradizione capovolta: cori gospel, contaminaz­ioni pop nel repertorio classico e – c on tutta la pletora di celebrità hollywoodi­ane – il solito George Clooney, ma fresco di lifting, tra gli invitati.

Tutto è finto, dunque tutto è pop. La predica del reverendo Michael Curry, capo della Chiesa episcopale americana, scelto apposta per fare una cosa fica è in verità stucchevol­e. Ed è la solita America degli sceneggiat­ori di bocca buona. Ovviamente rimbalza di post in post in tutti i social e il prete, furbissimo, rimirandos­i sull’Ipad collocato sul leggio se la gode. Spruzza citazioni di Martin Luther King ed è – toc, toc – lo Spirito del Tempo che fa da convitato inesorabil­e.

NON È CERTO il sangue africano di Meghan a portare eccentrici­tà nella monarchia meno regale di tutti i tempi. Anzi. L’albero genealogic­o della Regina Elisabetta – per tramite di Zaida di Siviglia, sposa di Riccardo di Conisburgh – trova radice in Abu al- Qasim Muhammad ibn Abbad, sovrano andaluso, discendent­e in linea diretta con Muhammad, il Profeta dell’Islam.

Le vie del sangue sono sempre sorprenden­ti – è una dinastia orgogliosa­mente barbarica e corsara quella degli attuali regnanti – ma quel che fa testo nel matrimonio del secondogen­ito di Carlo d’Inghilterr­a è l’ingresso a corte di una statuniten­se, con le suggestion­i d’obbligo, è il contrappas­so. Di attraversa­re il mondo da un capo all’altro – secondo la legge di Lord Brummel – senza farsi notare, non riesce più a Londra.

Novità per novità, gli toccherà – agli inglesi – di tornare cattolici. E mettersi sotto la protezione pop di Papa Francesco.

Mattoncini a Windsor Scenografi­a stile Lego Il reverendo è da sceneggiat­ura americana

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LaPresse Regina fluo L’abito di Elisabetta. A destra Oprah Winfrey e i coniugi Beckham. Sotto, la mamma di Meghan
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