Stop alla riforma dello Sport: la farà il nuovo governo
Palazzo Chigi Congelati i “principi” voluti da Malagò per il riordino delle Federazioni in mano ai potentati e della giustizia interna
Palazzo Chigi stoppa il Coni. La riforma degli statuti di tutte le Federazioni e della giustizia sportiva, tanto cara a Giovanni Malagò, deve attendere: l’ufficio per lo Sport ha deciso di congelare i nuovi principi informatori che al Foro Italico davano per approvati, fino a quando il testo non sarà completo (manca infatti una seconda parte di norme). Il via libera è almeno rimandato: i tempi della totale sintonia tra Malagò e il ministro Lotti sembrano lontani. E al Coni sono preoccupati dall’arrivo del nuovo governo.
IL CONTRATTEMPO, che nessuno si aspettava, è che i principi informatori riscritti ad aprile non sono ancora entrati in vigore. Parliamo della riforma dei regolamenti delle Federazioni sportive. Le varie discipline hanno sempre seguito logiche tutte proprie, spesso cervellotiche, quasi sempre a favore dei soliti noti: basti a pensare a Tiro a volo e pattinaggio, dove i presidenti Luciano Rossi e Sabatino Aracu (anche ex senatori), sono in carica ininterrottamente dal 1993; oppure a ciclismo e canottaggio, dove le schede bianche e nulle sono state conteggiate in maniera differente.
Così, dopo le polemiche dell’ultima tornata elettorale, il capo del Coni aveva promesso di mettere ordine. Lo scorso mese giunta e consiglio hanno approvato la prima parte della riforma. Non tutta, perché su alcune modifiche (in particolare i voti plurimi, o la riduzione dei consiglieri federali) mancava l’accordo. Fra quelle passate, però, ci sono almeno un paio di norme a cui Malagò tiene particolarmente (tanto che si era deciso di procedere in due fasi, così da portare subito a casa il risultato più importante): ad esempio la revoca del diritto di voto agli arbitri (fondamentale per la Feder Calcio, dove i fischietti di Marcello Nicchi sono spesso stati decisivi), la nomina dei consiglieri federali in assemblea elettiva, e per quanto riguarda la giustizia sportiva il rafforzamento degli organi centrali e del Collegio di garanzia presieduto dall’amico Franco Frattini ( che ora avrà competenza diretta sui contenziosi elettorali). Sembrava fatta, è tutto rinviato.
Per legge, il governo aveva 20 giorni per dare il suo parere: il tempo è scaduto, tanto che al Foro Italico erano convinti che le nuove regole fossero acquisite. Invece l’Ufficio per lo sport ha bloccato la decorrenza, riservando al testo completo le sue eventuali osservazioni (c’è chi dice che ce ne saranno). Per i detrattori si tratta di una bocciatura, da Palazzo H assicurano che “è solo una questione formale, non ci sono motivi ostativi”. Di sicuro i tempi si allungano: la seconda tranche non potrà essere approvata prima di luglio (quando è convocato il consiglio nazionale). Ma soprattutto la prossima volta che il testo sarà trasmesso, a Palazzo Chigi ci sarà un nuovo esecutivo, ritenuto meno benevolo se a guida M5s-Lega. Nel contratto di governo c’è la volontà di “rivede- re le competenze del Coni”, “controllare l’assegnazione e la spesa delle risorse” e rendere “più autonoma” la società Coni Servizi: una sorta di “commissariamento”, più o meno credibile (alcune proposte sono impossibili da attuare senza la creazione di un vero Ministero con portafoglio, altre rischiano di violare il principio di autonomia dello sport sancito a livello internazionale). Anche senza arrivare a tanto, però, di certo un eventuale esecutivo giallo-verde non farà sconti a Malagò. A partire dai principi informatori.
LE PRIME conseguenze riguardano la Figc, dove è in corso un braccio di ferro con i “ribelli” guidati dai Dilettanti di Cosimo Sibilia e la Lega Pro di Gabriele Gravina, che chiedono di eleggere al più presto un nuovo presidente (nello specifico, il vecchio Giancarlo Abete). Se l’adeguamento dello statuto e l’attesa delle nuove regole poteva essere un cavillo per rimandare il voto al 2019, ora il commissario Fabbricini potrebbe non avere scuse ed essere costretto a concedere l’assemblea elettiva ad agosto (con le vecchie regole, arbitri compresi). Specie nel caso in cui la riforma dovesse slittare di diversi mesi.
L’altro fronte caldo è la Lega calcio: martedì a Milano è convocata un’assemblea decisiva (anche per i diritti tv e il caso MediaPro). In qualità di commissario, Malagò deve far passare la nuova governance: per il ruolo di amministratore delegato è sempre in corsa Marzio Perrelli, manager-banchiere di Hsbc e membro del Comitato della Ryder Cup di Golf. Per evitare brutte sorprese il capo del Coni potrebbe replicare l’anomalo voto per acclamazione (con tanto di schede mai aperte e secretate), già adottato e contestato per il presidente Gaetano Micciché. Anche qui qualcuno ha chiesto un intervento di garanzia, ma in questo caso Malagò ha avuto più fortuna: l’organo vigilante della Lega è la Figc, commissariata dal Coni. Ovvero, da se stesso.
Il caso del calcio
Il commissario Fabbricini potrebbe essere costretto a convocare l’assemblea con le vecchie regole