Una festa per le Markle di periferia che una volta sognavano la pelle bianca
Il reverendo cita Luther King, i neri inglesi e americani soddisfatti
Sotto gli occhi del mondo, gli invitati attraversano il prato del castello di Windsor, verso la cappella di St. George. È una sfilata di privilegiati: la vecchia aristocrazia, quella anacronistica dei nobili di sangue, e la nuova, i Clooney, i Beckham, Elton John. Cappellini stravaganti, abiti pastello, completi esclusivi, la sicurezza ereditata da generazioni o conquistata grazie al successo.
Dall’altra parte delle transenne, la gente comune. Fan della monarchia, o della serie Suits di cui Meghan Markle era una star. Alle domande rispondono con l’entusiasmo generico dei turisti. Per capi- re di più di questo matrimonio bisogno chiedere ai pochi presenti di colore.
“Io sono qui perché Meghan è nera” chiarisce Stephanie, venuta dalla Florida con la compagna Yukka. “A strong black woman, e siamo qui per sostenerla. Hanno detto cose dure su di lei”. Buttati in un angolo, morti di noia, ci sono i due figli adolescenti di Johanna, nigeriana di Tottenham. “Per loro è una lezione di storia. E per me… mi dà speranza. Anni fa, uno dei miei figli ha detto che avrebbe tanto voluto essere bianco. Questo matrimonio non cancellerà le discrimin azioni, ma almeno il mondo vedrà che le cose stanno cambiando perfino per la famiglia reale ing le s e”. Tottenham è una metafora delle condizioni dei neri britannici: mi- noranza etnica sotto-rappresentata in politica e nelle professioni, maggioranza negli indici di povertà, criminalità giovanile, disagio sociale.
QUANDO L’AUSTERA cappella si riempie, per lunghi minuti l’immagine sugli schermi è il trionfo della tradizione britannica, con la famiglia reale al completo, l’arcivescovo di Canterbury, i piccoli cantori del coro. Poi arriva Doria Ragland, la mamma di Meghan. Venerdì, a Brixton, quartiere simbolo della comunità afro-caraibica londinese, Nouna, 52 anni, ci aveva detto: “Doria è una discen-
Le aspettative Johanna, origini nigeriane:
“Ho speranza, ma un matrimonio non cancella le discriminazioni”
dente di schiavi africani, come me. È una assistente sociale, e io sono un’infermiera. È come se nella famiglia reale ci entrasse mia figlia”. Meghan entra in chiesa da sola, seguita dai paggetti. Poco dopo prende la parola il reverendo Michael Curry, primate della Chiesa Episcopale americana. Per venti minuti, Windsor diventa Chicago, l’omelia un sermone pieno di riferimenti alla cultura americana, e nel cuore della monarchia britannica irrompe, per due volte, il nome di Martin Luther King: “Dobbiamo scoprire il potere dell’amore, il potere di redenzione dell’amore e se facciamo questo il vecchio mondo diventerà un mondo nuovo, perché l’amore è l’unica via”. Di sicuro, sposando una americana, divorziata e di razza mista, Harry esce dalla tradizione. Ma quando Curry grida
When Love is the way con una veemenza incompatibile con l’educazione britannica, e la regina scuote per tre volte le spalle, anche lo sposo resta paralizzato, Lady Zara Phillips spalanca la bocca incredula, i presenti sogghignano. “Noi britannici ridiamo quando siamo imbarazzati” spiega l’esperto di protocollo reale William Hanson. “Ma - sottolinea - la regina ha approvato ogni dettaglio di questa cerimonia” e quindi la foga del predicatore, l’esecuzione di Stand by me e il gospel che conclude la cerimonia diventano messaggi politici alla comunità nera nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Africa. È il segreto della sopravvivenza dei Windsor sotto Elisabetta II: la capacità di essere più avanti anche del proprio establishment.
Il messaggio arriva forte e chiaro a Johanna: “Per la prima volta, un matrimonio reale è stato anche per me”. Se la monarchia è pronta, lo è anche la Gran Bretagna più profonda? Rachel e Nathalie, pelle chiarissima, cinquantenni, sono arrivate dalla Cornovaglia alle 6 di mattina, la Union Jack perfino sulle unghie. E sono piene di rabbia: “Il sermone è stato inopportuno, ci siamo sentiti tutti in imbarazzo. Meghan ci era piaciuta fino a quel momento, ma ha voluto strafare e penso che le costerà caro. Non siamo a Hollywood. Dovrà rimediare se vuole i britannici dalla sua parte.”