Zoncolan, Froome s’impone sulla montagna più dura. Yates ancora in rosa
Alle cinque. Di una sera memorabile per la piccola grande storia del Giro d’Italia, con lo Zoncolan ricoperto di centomila tifosi in delirio e in attesa del grande Spettacolo, Chris Froome mulina le gambe come quando dominava il Tour non aveva sul collo la spada di Damocle del sospetto di doping (che lui rinnega). Certo, non è lo stesso degli anni di gloria, ma quando schizza via dal gruppetto di testa la sua inconfondibile sagoma a gomiti allargati incendia la corsa. Mancano 4.200 metri al traguardo, sul valico dello Zoncolan. Il cielo è scuro e minaccia sfracelli. Fa freddo. La folla lo infastidisce: allontana brusco il buffone di turno (vestito da dinosauro) che gli disturba la traiettoria.
È CONCENTRATO, il suo attacco spariglia la tappa, distrugge la classifica. Non può permettersi di perdere. Vuole ristabilire le gerarchie del pedale. Tornare ad essere re, anche solo per un giorno. Ha scelto il sabato dello Zoncolan, la montagna più dura, la salita più infame, le pendenze più asfissianti. Il suo scatto, preparato dal fido e stoico Wout Poels, sorprende i favoriti superstiti rimasti in testa. La maglia rosa Simon Yates accusa il colpo, ma non crolla. Anzi, piano piano recupera, si avvicina a Froome. Inizia un duello formidabile. Il campione maturo regge la sfida del più giovane, vince per una manciata di secondi. Yates consolida la maglia rosa. Venticinque minuti epici. La bellezza del ciclismo di una volta, l’orgoglio dei campioni Brexit, una doppietta indimenticabile, degno regalo di nozze per il principe Harry.