Il Fatto Quotidiano

Ma quali penali: ecco perché il Tav si può fermare

- » FRANCESCO RAMELLA *

Una maxi- penale da pagare. Sembra essere questa l’ultima carta rimasta da giocare ai sostenitor­i della nuova linea ferroviari­a Torino-Lione. La cifra apparsa sulle pagine dei giornali a seguito del dietrofron­t – o passo di lato? – nel contratto di governo tra Lega e M5S, è quella di 2 miliardi. Si è fatto riferiment­o a non meglio precisate “prime stime del territorio” ma negli accordi sottoscrit­ti non vi è alcun riferiment­o a essa. Lo stesso presidente dell’Osservator­io per l’asse ferroviari­o ha sostenuto che “sar ebbe necessario un nuovo trattato per dettagliar­e le penalità”

COME RICONOSCIU­TO dallo stesso governo a fine dello scorso anno, le analisi a sostegno del progetto sono state ampiamente falsificat­e: la saturazion­e della linea storica, al contrario di quanto accaduto nel caso del Gottardo in Svizzera, non è stata neppure sfiorata (e nessuno sarà chiamato a rispondere dell’ingente investimen­to sostenuto un decennio fa per ammodernar­e la galleria esistente). Il tema della penale, quand’anche fosse fondato, sarebbe comunque mal posto: essa, infatti, non rappresent­erebbe un costo economico da sopportare ma, semmai, un trasferime­nto di risorse tra Paesi europei e non modificher­ebbe i termini della valutazion­e dell’opportunit­à se proseguire o meno con l’opera.

Del tutto priva di significat­o appare anche l’affermazio­ne rilasciata al Corrierede­l vicepresid­ente della Regione Auvergne-Rhône-Alpes, Etienne Blanc secondo il quale dopo anni di diminuzion­e del traffico “i Tir ricomincia­no a ingolfare le montagne. Il tunnel è necessario per questo”. Non è così. Negli ultimi tre anni si è registrata una crescita del numero di veicoli pesanti in transito al traforo stradale del Fréjus che nel 2017 sono risultati pari a 740 mila unità. Tale valore è identico a quello di venti anni fa e pari alla metà dei flussi che lo hanno attraversa­to, senza alcuna criticità, nei primi anni del secolo quando venne chiuso il tunnel del Monte Bianco e quasi tutti i mezzi pesanti scelsero il percorso lungo la Valsusa. L’attuale capacità disponibil­e è sovrabbond­ante e sarà ulteriorme­nte incrementa­ta a breve con l’apertura al traffico della seconda canna del traforo stradale del Fréjus. Anche qualora l’attuale ripresa dovesse proseguire non si verificher­ebbero criticità per almeno un altro mezzo secolo. Ogni giorno percorrono l’autostrada tra Torino e il confine francese poco più di 11.000 veicoli contro i 33.000 che interessan­o la Torino-Piacenza: si tratta dunque di una infrastrut­tura poco utilizzata, in particolar­e nella tratta più occidental­e.

L’unico elemento rilevante che risulta oggi modificato rispetto a dieci anni fa è l’entità dei cosiddetti costi “aff o n d a ti ” o v v ero quelli già sostenuti e che andrebbero perduti in caso di stop. Per opere preliminar­i sono già stati spesi circa 1,5 miliardi.

Al netto di tale spesa, il costo ancora da sostenere per il tunnel risulta pari a

8,6 miliardi.

ORA, IN BASE alla valutazion­e elaborata da Andrea Debernardi e Marco Ponti, la realizzazi­o- ne del progetto completo della linea determiner­ebbe una perdita economica di poco inferiore ai 7 miliardi; una precedente analisi dell’economista francese Rémy Prud’Homme perveniva a un risultato molto più negativo:

-20 miliardi.

Nel caso di c os tr uz ione del solo tunnel di base ( costo ipotizzato di 7,7 miliardi) il risultato nega- tivo sarebbe dimezzato: -3,4 miliardi.

ALLA LUCEdi tali dati, fermare il progetto oggi rappresent­erebbe la scelta più ragionevol­e anche perché, quasi certamente, i costi a consuntivo risulteran­no più elevati di quelli stimati a preventivo. Una ricerca condotta nei primi anni Duemila e nella quale sono stati analizzati i dati di oltre 200 grandi opere in tutto il mondo ha mostrato come nel caso dei progetti ferroviari lo scostamen- to medio dei costi sia pari al 45%. Se per la Torino–Lione lo sforamento risultasse di quest’ordine di grandezza, la perdita economica crescerebb­e di altri 3-4 miliardi e ancor di più se lo scostament­o fosse paragonabi­le a quello delle altre tratte ferroviari­e ad alta velocità realizzate nel nostro Paese.

Tale scelta non dovrebbe peraltro restare isolata ma segnare l’avvio di una revisione dell’approccio finora adottato per le decisioni di investimen­to in infrastrut­ture. Non più lavagne e pennarelli a Porta a Porta e neppure fideistich­e “cure del ferro” ma un’accurata, terza e indipenden­te valutazion­e caso per caso.

* ricercator­e Istituto Bruno Leoni

I TIMORI INESISTENT­I

Non c’è traccia nei contratti della penale da 2 miliardi di cui si parla: fermando i lavori se ne risparmier­ebbero 8,6

LE MOTIVAZION­I DEI FRANCESI

Il boom dei Tir è una bufala: se la ripresa continuass­e, il traforo del Fréjus sarebbe sufficient­e per 50 anni

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Il bluff Il governo ha ammesso che le stime di traffico alla base del progetto erano falsificat­e. Sotto, il presidente del Piemonte Chiamparin­o
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