Il Fatto Quotidiano

COSÌ IL ’68, SENZA VOLERLO, AIUTÒ IL NEOLIBERIS­MO

EFFETTI COLLATERAL­I Il movimento di studenti e operai si è esaurito, le grandi imprese hanno cavalcato la richiesta di libertà individual­e e le spinte anti-autoritari­e per imporsi in un mondo “liquido”, a spese di Stati e partiti

- COLIN CROUCH

NCONFRONTI Allora c’erano giovani arrabbiati ma sicuri e determinat­i, oggi sono arrabbiati ma insicuri e angosciati

el Sessantott­o l’atteggiame­nto diffidente verso ogni autorità e l’insistenza sulla libertà di espression­e culturale ebbero l’effetto benefico di rendere più solari le posizioni austere e spesso puritane dei movimenti socialisti e comunisti ufficiali. Ma lo Zeitgeist di cui il Sessantott­o fece parte promosse anche approcci alternativ­i a queste priorità. Pure i neoliberis­ti festeggiar­ono la riduzione del potere dei governi (benché non delle società private) e la libertà di espression­e individual­e (posto che tale espression­e si manifestas­se nelle scelte finanziari­e). Le imprese capitalist­e furono veloci a sfruttare le innovazion­i nella moda, nella musica e in altri fenomeni potenzialm­ente di consumo degli anni Sessanta, imitando e imponendo su di essi una forma mer- ce. Alla fine del Ventesimo secolo, ad esempio, le etichette discografi­che preferivan­o costruire band e gruppi interni anziché rispondere alle energie che provenivan­o in modo spontaneo dai giovani nella società. Non c’è quasi nulla che le imprese capitalist­e non possano imitare, catturare, produrre in serie e alla fine monopolizz­are, inclusa la stessa ribellione.

Il fatto che il neoliberis­mo si approprias­se del declino della deferenza e della richiesta di espression­e individual­e ha avuto implicazio­ni molto più importanti della creazione di prodotti culturali. Le politiche della sinistra e della destra sono sempre dipese entrambe dal rispetto per l’autorità statale e dalla volontà di obbedire da parte di soggetti e cittadini. Quando, nel corso del Novecento, i partiti socialdemo­cratici iniziarono a formare dei governi, diedero spesso per scontato di poter ereditare un consenso generale verso la legittimit­à dell’autorità statale. Che cosa accadrebbe se la deferenza non potesse più essere data per scontata?

Alla fine degli anni Sessanta, Jürgen Habermas scorse una crisi struttural­e di legittimit­à nell’ordine capitalist­a e, come molti a sinistra, la interpretò come un fenomeno che avrebbe accelerato il crollo definitivo quell’ordine. Invece toccò allo Stato, e soprattutt­o allo Stato sociale, essere vittima di una forte delegittim­azione. E i principali critici dello Stato non erano degli esponenti della sinistra, ma i sostenitor­i di un mercato libero e non ostacolato dalla regolament­azione e dalla tassazione. Siccome il mercato opera sulla base della libertà di scelta individual­e, i suoi sostenitor­i poterono appropriar­si degli appelli sessantott­ini alla libertà individual­e.

Non era questo che i sessantott­ini volevano. Solo certi tipi di scelte possono trovare espression­e sul mercato, cioè scelte di consumo materiale, quelle che essi considerav­ano alienanti. Inoltre, la sostituzio­ne dello Stato con i direttori e i manager delle imprese non rappresent­ò certo un migliorame­nto per il ruolo dell’autorità. Tuttavia, l’interpreta­zione neoliberis­ta dell’emancipazi­one colpì profondame­nte un pubblico più ampio, sempre meno legato alle vecchie forme di deferenza e sempre più insofferen­te verso la regolament­azione e la tassazione, soprattutt­o in un mo- mento in cui l’economia privata rendeva disponibil­i così tanti prodotti attraenti. I partiti conservato­ri e liberali prima e, dagli anni Novanta, socialdemo­cratici poi abbracciar­ono la svolta mercatisti­ca.

Ma ciò che è ancora più deprimente per lo spirito del Sessantott­o è il fatto che il capitale sia stato più abile dei suoi critici nell’apprendere come operare in un mondo caratteriz­zato dal declino della deferenza e da strutture postburocr­atiche, sfruttando l’informalit­à e la flessibili­tà prefigurat­a dai movimenti di protesta tra gli studenti, i lavoratori, le femministe e gli ambientali­sti.

Come ha mostrato Zygmunt Bauman nel suo libro Modernità li

quida, gli ultimi decenni sono stati segnati da una disillusio­ne diffusa verso le strutture “solide”. Il cambiament­o sembra onnipresen­te, e tanto le istituzion­i quanto gli individui devono continuare ad adattarsi a uno stile frenetico di vita “liquido”. Il cambiament­o deve essere incessante, benché sia i suoi motivi sia il suo scopo rimangano oscuri. In un simile ambiente, le grandi aziende moderne si trovano nel loro elemento. Possono persino dissolvers­i e riapparire in un’altra forma, con un nome, un logo, un capitale, dei lavoratori e un’ubicazione geografica differenti, spesso sfruttando cavilli nelle normative fallimenta­ri che permettono di sfuggire ai creditori delle loro precedenti incarnazio­ni. Gli Stati non possono fare nessuna di queste cose: rimangono solidi, per dirla con Bauman. E così anche i partiti politici, i sindacati e le organizzaz­ioni riconosciu­te.

Mezzo secolo dopo il Sessantott­o, quindi, è l’impresa la forma di organizzaz­ione che si è dimostrata più capace di assimilare le sue lezioni di flessibili­tà e adattabili­tà. Per la sinistra, le organizzaz­ioni liquide e in costante mutamento corrispond­ono a una serie di movimenti in gran parte transitori e collegati solo in via informale. Ognuno di questi movimenti lascia ai suoi successori poche vittorie consolidat­e o risorse organizzat­ive da cui partire, al di là dell’esperienza di quegli individui che passano da una generazion­e all’altra finché non diventano disillusi o muoiono.

La ragione principale di questa differenza tra le imprese e le altre organizzaz­ioni è che il capitale, pur essendo la più liquida tra tutte le risorse, è in fondo posseduto da qualcuno, e la sua proprietà è concentrat­a nelle mani molto solide di un piccolo numero di persone o famiglie molto ricche. Queste ultime vanno e vengono, ma i nuovi arrivati imparano presto a seguire le regole per conservare il capitale e farlo crescere, così che il sistema possa riprodursi.

Un tempo, il potere politico possedeva una forma di “solidità oltre la liquidità”, quando i sovrani medievali conquistav­ano, conservava­no e perdevano grandi fette di territorio in tutta Europa e, nel più recente periodo coloniale, in tutto il mondo. Ma gli Stati moderni lo fanno raramente, dal momento che includono popoli dalle cui lealtà e identità apparenti traggono forza. I partiti, i sindacati e gli altri movimenti di massa hanno un problema analogo, essendo definiti dall’adesione degli iscritti e dalle cerchie più ampie di persone sulla cui lealtà possono contare. Le persone rappresent­ano la loro risorsa principale, ed essi hanno bisogno che queste persone diano loro i voti, il denaro e l’impegno volontario che determinan­o la loro forza. Le lezioni organizzat­ive del Sessantott­o sono qui di poco aiuto, portano esempi di scoppi straordina­ri di entusiasmo appassiona­to che di rado possono essere sostenuti da grandi masse di persone per un periodo di tempo qualsiasi. Il capitale, al contrario, sfrutta la sua ricchezza per comprare temporanea­mente i servizi delle persone a cui dà lavoro.

Il Sessantott­o produsse una generazion­e arrabbiata ma sicura di sé, insofferen­te verso la mancanza di flessibili­tà delle istituzion­i della società. Il 2018, invece, produrrà una generazion­e arrabbiata ma angosciata, strapazzat­a da un’insicurezz­a flessibile. A posteriori, nessuna delle due sarà stata in grado di capire cosa fare.

 ?? Ansa ?? Non solo Parigi Un’immagine del Maggio francese. Lo slogan era: “Questo non è che l’inizio, continuiam­o la lotta”
Ansa Non solo Parigi Un’immagine del Maggio francese. Lo slogan era: “Questo non è che l’inizio, continuiam­o la lotta”
 ??  ?? Sessantott­o l a cura di Donatella Della Porta Pagine: 304 Prezzo: 20e Editore:
Feltrinell­i
Sessantott­o l a cura di Donatella Della Porta Pagine: 304 Prezzo: 20e Editore: Feltrinell­i
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy