Il diplomatico d’area, cioè di tutte le aree: litigò solo con Renzi
Giampiero Massolo parla sempre sottovoce, ha modi impeccabili e pochi nemici. Ma non è il tipico diplomatico prudente, gli amici dicono che è coraggioso, i nemici che è spregiudicato: sta per lasciare la presidenza della Fincantieri dove è arrivato nel 2016 (stipendio 2017: 285.000 euro più 116.000 di bonus) per diventare ministro degli Esteri del meno istituzionale dei governi con cui ha lavorato, quello targato Lega-Cinque Stelle.
NATO NEL 1954 a Varsavia, Massolo è uno fuori dallo stereotipo anche perché è ambasciatore (nomina della Presidenza del Consiglio nel 2006) senza aver mai guidato un’ambasciata, cosa che i suoi già pochi critici sottolineano. Certo, ha iniziato la carriera diplomatica nel 1978, a 23 anni, ma ha saltato la gavetta: prima il Vaticano, poi, dal 1982 al 1985, Mosca, e fino al 1988 Bruxelles. Nei successivi 30 anni i negoziati che ha gestito sono stati tutti italiani, con governi di ogni colore e caratura. Nel 1990 va a Palazzo Chigi nell’ufficio del consigliere diplomatico, nel 1993 è tra i collaboratori del primo ministro Carlo Azeglio Ciampi, nel 1994 guida la segreteria del premier nel primo esecutivo di Silvio Berlusconi, viene confermato da Lamberto Dini. Rientra alla Farnesina, sempre a occuparsi di potere romano: prima è capo del servizio stampa, poi vice-segretario, carica che ricopre fino al 2004 quando torna alla politica, capo di gabinetto del ministro degli Esteri Gianfranco Fini (An). Di nuovo alla Farnesina, durante il governo Prodi, per occupare la poltrona più alta: segretario generale.
NEL 2008 al governo c’è ancora il centrodestra e lui, all’epoca considerato un tecnico d’area, torna a Palazzo Chigi per gestire una partita cruciale per Berlusconi che voleva legittimazione internazionale: il G8 del 2009, prima previsto in Sardegna e poi spostato a L’Aquila, dopo il terremoto. Cade Berlusconi ma non cade Massolo: l’11 maggio 2012 il governo Monti lo nomina al posto di Gianni De Gennaro come direttore del Dis, il dipartimento che coordina i servizi segreti Aisi e Aise. De Gennaro, uno dei contro-poteri di Massolo nel rarefatto mondo dell’intelligence, continua a comandare per qualche mese, come sottosegretario con delega ai servizi nel governo, poi va alla presidenza di Finmeccanica. E l’intelligence resta a Massolo: tutti quelli che hanno lavorato con lui ne ricordano la dispo- nibilità e la propensione al dialogo, oltre alla capacità di schivare tutte le guerre per bande che spesso animano il mondo delle spie. Tutti tranne, forse, Matteo Renzi.
A gennaio 2016 il Fatto rivela che l’allora premier Renzi voleva affidare responsabilità di cyber security al suo amico Marco Carrai: un incarico che avrebbe interferito con la frontiera più avanzata dell’attività dei servizi. Gli apparati degli 007 non nascondono il loro malumore per l’ingerenza, tanto più che l’imprenditore fiorentino aveva anche una sua azienda attiva proprio nel settore della sicurezza cibernetica.
Nessuno sa bene cosa sia successo nei corridoi di Palaz- zo Chigi. I fatti sono che a maggio 2016, sfumata la poltrona per Carrai, salta anche quella di Massolo: congedato senza complimenti dal governo Renzi per mettere al suo posto Alessandro Pansa, poi prorogato dal governo Gentiloni nel vuoto post-elettorale. Massolo, che nel frattempo ha letto sui giornali di essere candidato a ogni poltrona che si libera, si prende la presidenza della Fincantieri, un’a zi e nd a nella galassia del settore della Difesa (a Finmeccanica-Leonardo resta, inamovibile, il collega-rivale De Gennaro). Ottiene anche la presidenza dell’Ispi, il prestigioso istituto per gli studi di politica internazionale di Milano, che è una piattaforma senza rivali per tessere relazioni in tutto il mondo (un esempio su tutti: l’incontro con l’ex presidente Usa Barack Obama a Milano nel maggio 2017). Nel novembre 2016 c’è un candidato che pare invincibile per la presidenza Ispi: un altro diploma- tico, Alberto Zanardi Landi, fino al 2015 consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una candidatura che pareva dall’esito scontato visto che Napolitano è presidente onorario dell’Ispi. Ma Giampiero Massolo usa la diplomazia che padroneggia meglio, quella delle relazioni nel potere italiano: aggrega i consensi nel consiglio di amministrazione dell’Ispi e riesce a vincere grazie anche al voto decisivo di Marco Tronchetti Provera che era il datore di lavoro di Zanardi Landi, “senior advisor” di Pirelli.
DALLA presidenza dell’Ispi Massolo ha coltivato relazioni eccellenti con la Lega e anche con i Cinque Stelle, sia con Di Maio che con Gianroberto Casaleggio (l’Ispi non ha fatto mancare la sua attenzione al convegno Sum di Ivrea). E ora Massolo si prepara a tornare al governo: non come inviato del Quirinale ma, ancora una volta, come tecnico di area. Un’area, però, completamente inedita perfino per lui che le ha cambiate tutte.
DA BERLUSCONI A FINI E A MONTI
I critici dicono che non ha mai guidato un’ambasciata: la sua specialità sono i corridoi del potere romano. Ha guidato gli 007 ma ha perso il posto dopo lo scontro sul ruolo di Carrai