B. resta a secco dopo 80 giorni di umiliazioni
Ha messo veti e chiesto riconoscimenti, Di Maio non gli ha nemmeno risposto al telefono
Fosse
stato un po’ più giovane, magari, l’avrebbe distrutto con la fantasia. Invece nella partita politica durata quasi 80 giorni, iniziata dopo il 4 marzo, Silvio Berlusconi ha perso sistematicamente tutte le mani che ha giocato. Al tavolo dell’ex Cavaliere, Luigi Di Maio è stato la nemesi, l’esecutore spietato. L’ultimo schiaffo (verbale) gliel’ha tirato ieri sera, durante l’assemblea dei gruppi parlamentari M5S: “Se avessi avuto l’impressione che Salvini non fosse stato libero, avrei abbandonato la trattativa”. Come a dire: il governo nasce (Mattarella permettendo) perché ha avuto la garanzia che Forza Italia non conti più niente.
Ieri è arrivata anche la disfatta in Valle d’Aosta, dove era pure andato a fare comizi e figuracce (la battuta sulla figlia del dirigente locale). In coalizione con Fratelli d’Italia, gli azzurri hanno preso la bellezza di 1.862 voti, il 2,9%: restano fuori dal consiglio regionale, mentre la Lega avanza (17,1%).
SEMBRA passata una vita da quando Berlusconi rubava la scena agli alleati dopo un colloquio al Quirinale, facendo il verso a Salvini e contando con le dita le sue dichiarazioni. Era il 12 aprile: l’ex Cavaliere si teneva stretta la convinzione di avere un potere di veto sulla riuscita dell’accordo tra i gialloverdi. Ha tentato di esercitarlo fino alla fine. Chiedendo, in fondo, solo una cosa: una forma di riconoscimento politico da parte del leader dei Cinque Stelle. Ci ha provato in ogni maniera ed è stato respinto clamorosamente.
Il primo abboccamento fallito, nei giorni dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato: Forza Italia inoltrò l’invito a “un incontro tra tutti i leader” per accordarsi sulle cariche. L’ex Cavaliere ne era convinto: “Di Maio deve parlare anche con me, non solo con Salvini”. Invece il capo dei 5Stelle parlò solo con Salvini, e con un certo profitto, visto che sull’elezione di Maria Elisabetta Casellati – paradossalmente una berlusconiana doc – si consumò il primo strappo tra Lega e Forza Italia. Si parla con tutti tranne che con il Caimano: la posizione di Di Maio nei due mesi successivi non si è spostata di un millimetro.
I tentativi di Berlusconi di intercettarlo sono diventati via via più imbarazzanti: Di Maio non si è solo rifiutato di incontrarlo, ma si è negato anche al telefono. I retroscena politici hanno raccontato di una chiamata dell’ex premier fatta partire dalle “batterie” (i centralini) di Palazzo Chigi; poi di un tentativo effettuato tramite Renato Brunetta, che avrebbe allungato al collega grillino il suo cellulare, con all’altro capo il leader di Forza Italia. Il risultato, sempre lo stesso: il rifiuto di qualsiasi contatto. Altre ricostruzioni hanno raccontato l’idea, da parte forzista, di propiziare un incontro “casuale” tra i due, o di proporre un colloquio in un luogo segreto.
FANTASIE O MENO, nu ll a cambia: il veto su Berlusconi non è caduto. Con effetti deleteri sull’umore dell’ex premier, che più di una volta ha perso il controllo (“I Cinque Stelle a Mediaset pulirebbero i cessi”; “Non conoscono l’abc della democrazia”; “Alcuni di fronte ai Cinque Stelle si sentono come gli ebrei al primo apparire di Hitler”).
Alla fine si è arreso, ha dato il via libera all’acco rdo Salvini-Di Maio senza ottenere nulla: né ministri graditi, né rassicurazioni sul programma. Ora se ne duole: fa sapere che se tornasse indietro non lo consentirebbe più. Ma in questa partita non ha mai avuto le carte: per vedere il suo bluff è bastata la minaccia concreta di tornare alle elezioni.
LUIGI DI MAIO
Se avessi pensato che Salvini non si fosse liberato da lui, avrei lasciato il tavolo della trattativa