Il Fatto Quotidiano

B. resta a secco dopo 80 giorni di umiliazion­i

Ha messo veti e chiesto riconoscim­enti, Di Maio non gli ha nemmeno risposto al telefono

- » TOMMASO RODANO

Fosse

stato un po’ più giovane, magari, l’avrebbe distrutto con la fantasia. Invece nella partita politica durata quasi 80 giorni, iniziata dopo il 4 marzo, Silvio Berlusconi ha perso sistematic­amente tutte le mani che ha giocato. Al tavolo dell’ex Cavaliere, Luigi Di Maio è stato la nemesi, l’esecutore spietato. L’ultimo schiaffo (verbale) gliel’ha tirato ieri sera, durante l’assemblea dei gruppi parlamenta­ri M5S: “Se avessi avuto l’impression­e che Salvini non fosse stato libero, avrei abbandonat­o la trattativa”. Come a dire: il governo nasce (Mattarella permettend­o) perché ha avuto la garanzia che Forza Italia non conti più niente.

Ieri è arrivata anche la disfatta in Valle d’Aosta, dove era pure andato a fare comizi e figuracce (la battuta sulla figlia del dirigente locale). In coalizione con Fratelli d’Italia, gli azzurri hanno preso la bellezza di 1.862 voti, il 2,9%: restano fuori dal consiglio regionale, mentre la Lega avanza (17,1%).

SEMBRA passata una vita da quando Berlusconi rubava la scena agli alleati dopo un colloquio al Quirinale, facendo il verso a Salvini e contando con le dita le sue dichiarazi­oni. Era il 12 aprile: l’ex Cavaliere si teneva stretta la convinzion­e di avere un potere di veto sulla riuscita dell’accordo tra i gialloverd­i. Ha tentato di esercitarl­o fino alla fine. Chiedendo, in fondo, solo una cosa: una forma di riconoscim­ento politico da parte del leader dei Cinque Stelle. Ci ha provato in ogni maniera ed è stato respinto clamorosam­ente.

Il primo abboccamen­to fallito, nei giorni dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato: Forza Italia inoltrò l’invito a “un incontro tra tutti i leader” per accordarsi sulle cariche. L’ex Cavaliere ne era convinto: “Di Maio deve parlare anche con me, non solo con Salvini”. Invece il capo dei 5Stelle parlò solo con Salvini, e con un certo profitto, visto che sull’elezione di Maria Elisabetta Casellati – paradossal­mente una berlusconi­ana doc – si consumò il primo strappo tra Lega e Forza Italia. Si parla con tutti tranne che con il Caimano: la posizione di Di Maio nei due mesi successivi non si è spostata di un millimetro.

I tentativi di Berlusconi di intercetta­rlo sono diventati via via più imbarazzan­ti: Di Maio non si è solo rifiutato di incontrarl­o, ma si è negato anche al telefono. I retroscena politici hanno raccontato di una chiamata dell’ex premier fatta partire dalle “batterie” (i centralini) di Palazzo Chigi; poi di un tentativo effettuato tramite Renato Brunetta, che avrebbe allungato al collega grillino il suo cellulare, con all’altro capo il leader di Forza Italia. Il risultato, sempre lo stesso: il rifiuto di qualsiasi contatto. Altre ricostruzi­oni hanno raccontato l’idea, da parte forzista, di propiziare un incontro “casuale” tra i due, o di proporre un colloquio in un luogo segreto.

FANTASIE O MENO, nu ll a cambia: il veto su Berlusconi non è caduto. Con effetti deleteri sull’umore dell’ex premier, che più di una volta ha perso il controllo (“I Cinque Stelle a Mediaset pulirebber­o i cessi”; “Non conoscono l’abc della democrazia”; “Alcuni di fronte ai Cinque Stelle si sentono come gli ebrei al primo apparire di Hitler”).

Alla fine si è arreso, ha dato il via libera all’acco rdo Salvini-Di Maio senza ottenere nulla: né ministri graditi, né rassicuraz­ioni sul programma. Ora se ne duole: fa sapere che se tornasse indietro non lo consentire­bbe più. Ma in questa partita non ha mai avuto le carte: per vedere il suo bluff è bastata la minaccia concreta di tornare alle elezioni.

LUIGI DI MAIO

Se avessi pensato che Salvini non si fosse liberato da lui, avrei lasciato il tavolo della trattativa

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LaPresse Nemesi Silvio e Di Maio
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