Il Fatto Quotidiano

Contratto più di centro che di destra

Per l’Istituto Cattaneo è centrista

- » STEFANO FELTRI

“Èun contratto di destra, altro che post ideologico”, ha detto qualche giorno fa Maurizio Martina, segretario reggente del Pd. Si sa poco di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio incaricato, ma tutto quel poco racconta un intellettu­ale cresciuto nel mondo della sinistra. Ora “l’avvocato del popolo” dovrà attuare un programma di destra? Secondo l’Istituto Cattaneo non proprio.

IL CENTRO STUDI di Bologna ha pubblicato un’analisi a cura di Macro Valbruzzi che ridimensio­na i timori di Martina: “Sull’asse sinistra-destra il programma elaborato congiuntam­ente da M5S e Lega si situa al centro dello spazio politico, più vicino alle posizioni del partito di Di Maio che non a quelle, più estreme della Lega”. La misurazion­e del colore politico del contratto di governo si basa sugli standard del Comparativ­e Manifesto Project: un elenco di 26 categorie di politiche pubbliche, 13 di destra e 13 di sinistra, e su altre due polarizzaz­ioni, quella tra progressis­ti e con- servatori sui diritti civili e quella tra europeisti ed euro-scettici.

Come si vede dal grafico in pagina, il contratto di governo si piazza al centro dello spettro politico destra- sinistra. Per ragioni che non sono però tutte rassicuran­ti per gli elettori di sinistra del Movimento 5 Stelle. L’Istituto Cattaneo ha analizzato con gli stessi parametri i programmi dei partiti alle elezioni del 4 marzo e ha confrontat­o il loro posizionam­ento con quello del contrat- to di governo: si scopre che la Lega di Matteo Salvini è riuscita a piazzare nel documento di compromess­o gran parte delle sue priorità su sicurezza e immigrazio­ne (che rappresent­avano il 40 per cento delle proposte elettorali, contro l’ 11,3 nel programma M5S). I Cinque Stelle invece hanno ottenuto di inserire nel contratto praticamen­te tutte le loro istanze su welfare e istruzione: erano il 20,1 per cento delle proposte nel programma del Movimento, sono il 27,6 in quello del governo Conte perché anche la Lega aveva le sue e sono state inglobate.

PRIMO PROBLEMA per gli elettori di sinistra: le misure “legge e ordine” sulla sicurezza e contro gli immigrati sono a costo zero o quasi, quindi hanno buone probabilit­à di essere realizzate. La lista della spesa sul welfare – dal reddito di cittadinan­za agli aiuti alle famiglie – è virtuale finché non si trovano le coperture (o finché non si decide di violare i vincoli di bilancio). “Non si è trattato di una soluzione di compromess­o che ha moderato le punte più estreme dei programmi elettorali dei due partiti, piuttosto si è osservato un allargamen­to dell’azione del governo dove le posizioni securitari­e più estreme della Lega hanno un peso inferiore rispetto alle misure sociali avanzate congiuntam­ente dai due partiti”, è la sintesi di Marco Valbruzzi. Nella lunga marcia verso il contratto, ciascuno dei due partner ha sacrificat­o qualcosa: dall’analisi dell’Istituto Cattaneo risulta che la Lega ha smussato i suoi toni euro-critici e abbandonat­o (per ora) i propositi di uscita dalla moneta unica, mentre Luigi Di Maio ha lasciato cadere ogni pretesa nel campo dei diritti civili, che invece erano citati (di striscio) nel programma elettorale.

L’EQUILIBRIO raggiunto sui programmi si riverbera nella spartizion­e dei ministeri: Salvini si prenderà quello dell’Interno, per gestire la questione immigrazio­ne. Di Maio vorrebbe un super dicastero che accorpi Sviluppo e Lavoro. Il fatto che però anche il ministero del Tesoro sia destinato a un leghista (pare il contestato Paolo Savona) lascia al partito di Salvini l’ultima parola anche sulle proposte di welfare, quelle su cui si misurerà il successo dell’esperienza governativ­a dei Cinque Stelle. Perché i ministeri dello Sviluppo e del Lavoro possono decidere quanto spendere, ma è il Tesoro a stabilire se possono farlo o meno.

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