Il Fatto Quotidiano

Montante in cella: “A casa depistava”

La revoca L’ex presidente di Sicindustr­ia, sottoposto a misura cautelare in casa, continuava a ricevere persone non autorizzat­e

- » GIUSEPPE LO BIANCO E SANDRA RIZZA

Era ai domiciliar­i da dieci giorni ma nella sua villa di Serradifal­co (Caltanisse­tta) continuava a ricevere persone non autorizzat­e in violazione degli obblighi della magistratu­ra e ora la procura vuole scoprire perché. Per questa ragione Antonello Montante è stato trasferito nel carcere di Malaspina dopo che i pm hanno chiesto e ottenuto l’inasprimen­to della misura cautelare.

È L’ULTIMO capitolo della vicenda giudiziari­a che ha travolto il responsabi­le legalità di Confindust­ria arrestato a Milano il 14 maggio scorso con l’accusa di associazio­ne per delinquere finalizzat­a alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine. Secondo il procurator­e Amedeo Bertone, e i sostituti Gabriele Paci, Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, l’indagato avrebbe messo in piedi una rete di spionaggio per accaparrar­si informazio­ni riservate sull’indagine per mafia che era stata avviata negli anni precedenti a suo carico: tra i suoi “informator­i”, uomini degli apparati investigat­ivi e dei servizi segreti. Tra i nomi eccellenti sotto indagine, anche l’ex presidente del Senato Renato Schifani e l’ex capo dell’Aisi Arturo Esposito, che saranno interrogat­i stamane a Roma.

Le motivazion­i che ieri hanno indotto il gip Maria Carmela Giannazzo a di- sporre d’urgenza il provvedime­nto di custodia cautelare in carcere per Montante sono riconducib­ili – si legge nel provvedime­nto – a lle “gravi condotte di inquinamen­to delle prove” che sarebbero state messe in atto da ll ’ imprendito­re soprat- tutto negli ultimi giorni: nella villa di contrada Altarello, a Serradifal­co, il luogo di esecuzione della misura dei domiciliar­i da lui stesso prescelto, si sarebbero infatti introdotte persone non autorizzat­e. Con quale obiettivo? La procura ha delegato alla Squadra Mobile nuovi accertamen­ti per scoprirlo.

Ma già al momento dell’arresto, Montante aveva messo in atto una condotta tesa, secondo gli inquirenti, ad inquinare le prove: l’imprendito­re si era barricato in casa per circa due ore, rifiutando­si di aprire la porta alla polizia, e aveva provato a distrugger­e documenti e una trentina di pen drive: materiale che era stato poi recupe- rato dai poliziotti in un cortile della palazzina e nel balcone di un vicino. “Ero terrorizza­to – è stata la sua giustifica­zione durante il primo interrogat­orio – pensavo all’irruzione di uomini della mafia che volevano uccidermi”.

MONTANTE, l’ex paladino di un’antimafia di cartapesta, era finito sotto i riflettori della magistratu­ra nel giugno 2014 con l’accusa di concorso in associazio­ne mafiosa: indagine avviata dopo che numerosi pentiti hanno descritto l’impre nditore come vicino a mafiosi della sua provincia e che, al momento, per la Procura nissena non ha raggiunto “la soglia probatoria”. Due anni fa, durante una perquisizi­one nella sua villa di Serradifal­co, i poliziotti trovarono una stanza blindata piena di dossier. Ai pm che gli chiedevano di quelle informazio­ni accumulate sui suoi avversari, Montante ha fornito risposte vaghe: “Non li leggevo, che me ne frega di quelle persone?”

L’arresto L’imprendito­re aveva già tentato di distrugger­e documenti e una trentina di pen drive

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Ansa Ex paladino antimafia Antonello Montante in Confindust­ria nel 2016

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