Montante in cella: “A casa depistava”
La revoca L’ex presidente di Sicindustria, sottoposto a misura cautelare in casa, continuava a ricevere persone non autorizzate
Era ai domiciliari da dieci giorni ma nella sua villa di Serradifalco (Caltanissetta) continuava a ricevere persone non autorizzate in violazione degli obblighi della magistratura e ora la procura vuole scoprire perché. Per questa ragione Antonello Montante è stato trasferito nel carcere di Malaspina dopo che i pm hanno chiesto e ottenuto l’inasprimento della misura cautelare.
È L’ULTIMO capitolo della vicenda giudiziaria che ha travolto il responsabile legalità di Confindustria arrestato a Milano il 14 maggio scorso con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine. Secondo il procuratore Amedeo Bertone, e i sostituti Gabriele Paci, Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, l’indagato avrebbe messo in piedi una rete di spionaggio per accaparrarsi informazioni riservate sull’indagine per mafia che era stata avviata negli anni precedenti a suo carico: tra i suoi “informatori”, uomini degli apparati investigativi e dei servizi segreti. Tra i nomi eccellenti sotto indagine, anche l’ex presidente del Senato Renato Schifani e l’ex capo dell’Aisi Arturo Esposito, che saranno interrogati stamane a Roma.
Le motivazioni che ieri hanno indotto il gip Maria Carmela Giannazzo a di- sporre d’urgenza il provvedimento di custodia cautelare in carcere per Montante sono riconducibili – si legge nel provvedimento – a lle “gravi condotte di inquinamento delle prove” che sarebbero state messe in atto da ll ’ imprenditore soprat- tutto negli ultimi giorni: nella villa di contrada Altarello, a Serradifalco, il luogo di esecuzione della misura dei domiciliari da lui stesso prescelto, si sarebbero infatti introdotte persone non autorizzate. Con quale obiettivo? La procura ha delegato alla Squadra Mobile nuovi accertamenti per scoprirlo.
Ma già al momento dell’arresto, Montante aveva messo in atto una condotta tesa, secondo gli inquirenti, ad inquinare le prove: l’imprenditore si era barricato in casa per circa due ore, rifiutandosi di aprire la porta alla polizia, e aveva provato a distruggere documenti e una trentina di pen drive: materiale che era stato poi recupe- rato dai poliziotti in un cortile della palazzina e nel balcone di un vicino. “Ero terrorizzato – è stata la sua giustificazione durante il primo interrogatorio – pensavo all’irruzione di uomini della mafia che volevano uccidermi”.
MONTANTE, l’ex paladino di un’antimafia di cartapesta, era finito sotto i riflettori della magistratura nel giugno 2014 con l’accusa di concorso in associazione mafiosa: indagine avviata dopo che numerosi pentiti hanno descritto l’impre nditore come vicino a mafiosi della sua provincia e che, al momento, per la Procura nissena non ha raggiunto “la soglia probatoria”. Due anni fa, durante una perquisizione nella sua villa di Serradifalco, i poliziotti trovarono una stanza blindata piena di dossier. Ai pm che gli chiedevano di quelle informazioni accumulate sui suoi avversari, Montante ha fornito risposte vaghe: “Non li leggevo, che me ne frega di quelle persone?”
L’arresto L’imprenditore aveva già tentato di distruggere documenti e una trentina di pen drive