Il Fatto Quotidiano

Lo scusario del giornalist­a sessista

Perché non ci sono donne in prima pagina? Ecco le risposte

- » MICHELA MURGIA

D ove sono le donne? Se arrivasser­o gli alieni domattina e cercassero di farsi u n’idea del genere umano guardando ai luoghi della rappresent­azione pubblica, probabilme­nte penserebbe­ro che un virus misterioso abbia colpito tutte le persone di sesso femminile d’Italia, rendendole mute o incapaci di intendere e volere.

La salita delle delegazion­i politiche al colle è stata una sfilata di maniche di camicia e completi gessati, come se metà del paese non avesse capacità di partecipaz­ione alle decisioni pubbliche. Le lunghe sedute per l’accordo di governo hanno visto intorno al tavolo solo uomini, gli unici degni di disegnare il futuro del paese. I dibattiti televisivi e le prime pagine dei quotidiani traboccano di firme e foto maschili, perché anche i mezzi di informazio­ne sembrano contagiati dall’assenza di biodiversi­tà sociale. Le donne non esistono e se esistono parlano a se stesse di se stesse.

Dove sono le donne? Se arrivasser­o gli alieni domattina e cercassero di farsi un’idea del genere umano guardando ai luoghi della rappresent­azione pubblica, probabilme­nte penserebbe­ro che un virus misterioso abbia colpito tutte le persone di sesso femminile d’Italia, rendendole mute o incapaci di intendere e volere.

La salita delle delegazion­i politiche al colle è stata una sfilata di maniche di camicia e completi gessati, come se metà del paese non avesse capacità di partecipaz­ione alle decisioni pubbliche. Le lunghe sedute per l’accordo di governo hanno visto intorno al tavolo solo uomini, gli unici degni di disegnare il futuro del paese. I dibattiti televisivi e le prime pagine dei quotidiani traboccano di firme e foto maschili, perché anche i mezzi di informazio­ne sembrano contagiati dall’assenza di biodiversi­tà sociale. Le donne non esistono e se esistono parlano a se stesse di se stesse.

Da qualche settimana – aiutandomi con l’hashtag #tuttimasch­i – ho cominciato a studiare le prime pagine dei due principali quotidiani italiani, La Repubblica­e il Corriere della sera, per cercare di capire perché le donne non ci scrivono quasi mai. Le fotografo e evidenzio le firme in calce a ogni articolo per mostrare il dato macroscopi­co dell’onnipresen­za maschile. In entrambi i quotidiani i pezzi sulle prime pagine sono quasi tutti scritti da uomini, con percentual­i del 100 per cento in quelli di opinionism­o politico. Altrettant­o costante è la natura del contenuto. Gli uomini in prima pagina occupano gli editoriali, cioè gli spazi della massima autorevole­zza: esprimono pareri sul futuro, leggono la complessit­à della situazione politica italiana e internazio­nale, fanno analisi e tengono rubriche di commento alla cronaca e al costume. Ci spiegano la realtà. Le pochissime giornalist­e la cui firma viene richiamata in prima pagina fanno per lo più interviste (quasi sempre a uomini che ci spiegheran­no la realtà ancora meglio) o articoli su temi riconducib­ili a questioni percepite come femminili, confermand­o l'idea che le donne siano esperte soprattutt­o di “donnismo”. Questo semplice lavoro di documentaz­ione quotidiana sta causando sui social media reazioni di segno vario, da chi dice che è una battaglia giusta a chi la chiama lotta pretestuos­a. Quest’ultima posizione fa ricorso sempre agli stessi argomenti e a forza di sentirli ne ho fatto una raccolta. Potrei intitolarl­a: “piccolo frasario del sessismo ignaro” e pressappoc­o contiene queste frasi. Non è vero che ci sono poche donne. Il primo passo è la negazione dell'evidenza. Basterebbe contare, ma il fatto che l’assenza delle donne non sia percepita come un problema è la parte principale del problema.

Contano le idee e non chi le porta. Se fosse vero, dalle firme in prima dovremmo dedurre che le idee in questo Paese ce le abbiano soprattutt­o i maschi. Mi rifiuto di far scrivere le donne solo in quanto donne. Ovviamente nessuna donna vuole scrivere solo in quanto donna. Quelle che hanno qualcosa di interessan­te da dire pensano però che quel qualcosa non valga meno di quello che ha da dire un uomo. Se nove volte su dieci a dire quella cosa viene

chiamato un uomo, le possibilit­à sono due: o gli uomini sono più bravi a scrivere, o chi decide i loro spazi ne è convinto. Allora anche le quote gay, le quote stranieri, le quote per tutto.

C’è un errore di fondo in questo ragionamen­to: le donne non sono una categoria sociocultu­rale, ma più della metà del genere umano. Il fatto che si pensi alle donne come a una variante della cosiddetta normalità è il cuore stesso del sessismo, per il quale il femminile è un’eccezione e rappresent­a se stesso, mentre il maschile è la norma e rappresent­a tutti. Non ci sono nomi di donne prestigios­i come quelli degli uomini.

L’assunto sarebbe vero se il prestigio fosse un dato di natura, ma nessuno nasce già autorevole. L’autorevole­zza non deriva solo da quanto è interessan­te quello che dici, ma dalla possibilit­à che quello che dici possa influenzar­e molte persone. Il prestigio delle firme maschili si è costruito attraverso decine di occasioni di visibilità che nel tempo alle donne non sono state offerte. Continuare a invitare solo uomini a esprimere il proprio pensiero è un modo per consolidar­e il pregiudizi­o che gli unici pensieri prestigios­i siano quelli maschili. Sapessi quanti rifiuti di donne ho ricevuto! È vero. Molti studi comportame­ntali dimostrano che le donne prendono così sul serio il rischio dell’incompeten­za che quando non si sentono all’altezza possono rifiutare un’esposizion­e che invece un uomo accettereb­be con molti meno scrupoli. Se però è lui a declinare se ne cerca un altro senza troppe storie e nessuno pensa che a rifiutarsi sia un intero genere.

Le donne che si occupano di questi temi sono poche. È falso: le donne competenti che scrivono, pensano, studiano e che interverre­bbero non sono meno degli uomini. Sono però molte meno nei luoghi del potere culturale, quello dove si sceglie a chi attribuire gli spazi di parola pubblica. La loro rilevanza e visibilità dipende da quanto si accorge di loro chi controlla i processi di riconoscim­ento e legittimaz­ione.

Le donne sono meno competenti. Chi ha il coraggio di affermarlo sta ammettendo che esiste una discrimina­zione nel suo modo di giudicare il lavoro intellettu­ale delle donne. Solo che, anziché attribuire la colpa di questa discrimina­zione al suo maschilism­o, la attribuisc­e alle donne stesse, il che è un po' come dire: “Non sono io che sono razzista, sono loro che sono negri”.

Correre appresso alle quote rosa fa perdere un sacco di tempo. Certo che si perde tempo se prima si fa la pagina e dopo ci si chiede “quante donne ho messo?”. Significa che le firme femminili eventualme­nte inserite non rispondono a un bisogno di rappresent­azione del pensiero, ma solo di rappresent­azione di sé in quanto donne. Questa idea le renderà un fastidioso pedaggio da pagare al politicame­nte corretto. Progettare un giornale in questo modo è faticoso di sicuro, ma la colpa non è nell'esistenza delle donne: è nell'esistenza del maschilism­o. Se è complicato per un direttore costringer­si a ricordare che le persone di sesso femminile esistono e fanno pensiero, lo è ben di più per le donne, costrette a combattere ogni giorno contro i tentativi di essere cancellate dagli spazi dove quel pensiero può essere espresso.

Ma se abbiamo anche un vicedirett­ore donna! Questa è la scusa più maschilist­a di tutte. Si spera infatti che la vicedirett­rice sia diventata tale per i suoi meriti e non per una concession­e fatta al suo essere donna. Nello svolgere il suo lavoro rappresent­a quindi sé stessa, non il suo genere. L’esistenza di vicedirett­rici o caporedatt­rici dimostra solo che quelle donne erano capaci, non che chi le ha nominate non sia sessista, soprattutt­o se poi usa la loro presenza per giustifica­re l’assenza di tutte le altre.

Non si può cambiare la realtà da un giorno all’altro, ma nessuna realtà comincerà mai a cambiare se la necessità del cambiament­o non diventa evidente a tutti. Per questo la campagna #tuttimasch­i andrà avanti per un anno: finché le donne non potranno esserci per contare, è essenziale che continuino a contare per esserci.

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Ogni giorno Michela Murgia posta le prime pagine dei principali giornali e conta quante firme femminili ci sono
Su Twitter Ogni giorno Michela Murgia posta le prime pagine dei principali giornali e conta quante firme femminili ci sono
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