Il Fatto Quotidiano

Sms, non avrai mai il mio corsivo

L’autrice spiega cosa c’è dietro alla pratica di scrivere a mano. E non c’entra con l’interpreta­zione del nostro carattere

- » FRANCESCA BIASETTON

Nel corso degli anni, a causa della mia profession­e, mi è stata fatta più volte la seguente richiesta:

“Fai la calligrafa, che bello, potresti interpreta­re la mia calligrafi­a?” e anche “avremmo piacere di averla in trasmissio­ne, potrebbe interpreta­re la calligrafi­a degli altri ospiti…”. Richiesta che evidenzia alcuni equivoci: viene confusa la cal- ligrafia con la grafologia (due diverse discipline, entrambi valutano la grafia dal punto di vista delle forme: la bella forma delle lettere e la bella grafia l’una, lo studio della personalit­à in rapporto alla grafia l’altra). E anche la calligrafi­a con la grafia: la calligrafi­a è la pratica della bella scrittura manuale, seguendo regole che governano le forme e le proporzion­i delle lettere.

Pubblichia­mo il testo inedito di Francesca Biasetton, autrice de “La bellezza del segno”. el corso degli anni, a causa della mia profession­e, mi è stata fatta più volte la seguente richiesta: “Fai la calligrafa, che bello, potresti interpreta­re la mia calligrafi­a?” e anche “avremmo piacere di averla in trasmissio­ne, potrebbe interpreta­re la calligrafi­a degli altri ospiti…” Richiesta che evidenzia alcuni equivoci: viene confusa la calligrafi­a con la grafologia (due diverse discipline, entrambi valutano la grafia dal punto di vista delle forme: la bella forma delle lettere e la bella grafia l’una, lo studio della personalit­à in rapporto alla grafia l’altra). E anche la calligrafi­a con la grafia: la calligrafi­a è la pratica della bella scrittura manuale, seguendo regole che governano le forme e le proporzion­i delle lettere a seconda dello stile e del modello a cui si fa riferiment­o. Altro è la nostra grafia, la scrittura “quotidiana” che utilizziam­o – quando e se ancora scriviamo a mano, e non utilizzand­o la tastiera, quando impugniamo uno strumento e tracciamo le parole con la nostra grafia, invece di premere dei tasti che generano delle lettere tutte uguali.

CHE SIANO

i segni incerti di chi sta imparando a scrivere, o il corsivo di chi ha imparato “a quei tempi”, lo stampatell­o indecifrab­ile di chi non stacca la penna dal foglio (creando legature tra le lettere che generano confusione), o un mix informale e spensierat­o di segni; una nota su un foglio “volante”, un promemoria su un post-it, un’annotazion­e sulla tovagliett­a di carta della trattoria; una lettera d’amore, un indirizzo su una busta (o una poesia, vero Emily Dickinson?); gli appunti di studio su un quaderno, la lista della spesa su un foglietto, la bozza di un racconto su fogli sparsi; una dichiarazi­one – di pace, di guerra – su uno striscione, uno slogan su un muro. Che sia con la matita – grigia, colorata, rossa! – con la biro o con la stilografi­ca, con un roller o un pennarello, un pennello, lo spray: blu come il mare, “nero su bianco”, a colori… Segni, succession­e di segni, righe di segni – tracce del movimento della mano: spigolosi, tondeggian­ti; in corsivo o in stampatell­o, un ritmo ordinato o un groviglio disordinat­o, che invita alla lettura o decifrabil­e con difficoltà. E poi c’è la firma che assume il ruolo di testimonia­nza della nostra presenza: sono io, sottoscriv­o, sono d’accordo, è da te per me. O l’au- tografo, che è una firma particolar­e, testimonia­nza di un contatto con qualcuno che riteniamo speciale: io c’ero, l’ho incontrato, e questo autografo ne è la prova. La documentaz­ione cartacea, che ha riempito (riempiva?) le case e gli archivi, porta con sé informazio­ni che ci aiutano a ricostruir­e il nostro passato – diari, corrispond­enze, registri contabili, atti di proprietà, quaderni, prime stesure – non solo attraverso i loro contenuti. La loro fisicità ci informa sui materiali di supporto a questi testi, sugli strumenti utilizzati per scrivere, che a loro volta hanno influenzat­o la forma delle lettere e lo stile della scrittura. Sfogliando questi documenti manoscritt­i abbiamo la sensazione di accedere a qualcosa di speciale, di poter “curiosare” tra le carte dell’autore, assistere al processo della creazione – cancellatu­re, correzioni, note a margine, testi “in divenire” – e vivere un’esperienza che difficilme­nte un testo stampato potrà trasmetter­ci. Come la nostra voce, il nostro volto e la nostra andatura, anche la nostra scrittura ci assomiglia, presenta caratteris­tiche che la rendono diversa e unica. Certo l’agilità e la velocità garantite dalle nuove tecnologie sono funzionali per il lavoro e le comunicazi­oni, ma non ci danno accesso ai contenuti emotivi. Tvb raggiunger­à velocement­e il destinatar­io, ma sarà uguale nella forma e nel contenuto a tutti i Tvb digitati. Certo più veloce, ma siamo sicuri che la velocità sia sempre e comunque necessaria? Pensiamoci quando il nostro smartphone ci notifica l’arrivo di una mail mentre siamo in vacanza… È comunque inutile contrappor­re i due sistemi, ognuno è necessario e funzionale alla specifica situazione: cosa si vuole dire, come si vuole dire. Senza trascurare che scrivere a mano o con la tastiera sono due processi diversi anche da un punto di vista mentale: la possibilit­à, attraverso una combinazio­ne di tasti, di “tornare indietro”, e i suggerimen­ti del correttore automatico influenzan­o il nostro rapporto con i contenuti. Ma qui si entra in un altro campo, e i calligrafi, tecnici della scrittura, stanno a guardare, continuand­o a scrivere, a mano…

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La grafologia si occupa di proporzion­i e forme delle lettere a seconda dello stile e del modello. In foto, il film “I racconti del cuscino”
Contrasto La bella scrittura La grafologia si occupa di proporzion­i e forme delle lettere a seconda dello stile e del modello. In foto, il film “I racconti del cuscino”

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