Incontrando Dario Argento
Entriamo al Ta l en t Sc out, il locale del momento, dove gli artisti la notte si incontrano e si esibiscono. Qui può succedere che chiunque abbia successo. Manolita si muove con disinvoltura tra un nugolo di p er so na gg i, conosce tutti, si ferma di continuo a salutare. Qualcuno mi guarda con un punto interrogativo sul viso: “Ma chi è? Bo!”. Rimango impacciata in un angolo e con aria disinvolta mi fingo interessata alla nuance della tappezzeria. Momenti interminabili! L’unica soluzione è avventarsi sulle noccioline, inizio a ingurgitarne centinaia, tutte quelle che trovo sul bancone, come in un totale cupio dissolvi nocciolinato. Salgono sul palco Rodolfo Laganà e Stefano Palatresi, intonano Alla fiera dell’est di Branduardi. Guardano da questa parte. Oddio no! Mi obbligano a salire sul palcoscenico e mi chiedono di cantare. Entro nel panico e dico una nota a caso “sol” così per darmi un tono. Mi brucia lo stomaco, un po’ per l’imbarazzo, ma soprattutto per le noccioline. “...e venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo...”: la tonalità è bassissima, sembro Barry White, ho la tremarella, non posso farcela, non canto mormoro sillabe, ho difficoltà a emettere dei suoni percepibili. Provo a sussurrarla, alla Paolo Conte, ma non funziona. Mi gridano: “Voce!”. Vampate di calore mi pervadono, vorrei darmi fuoco. Mi alzano la tonalità, troppo alta, inizio a ululare come fossi un castrato del ’ 700. Un film dell’orrore fatto realtà! Il mio sguardo cade sul terzo tavolino a destra e vedo Dario Argento che sorride. Un sogno forse? No, è lui in carne e soprattutto ossa. Sto per svenire. Manolita mi agguanta al volo e mi porta verso il bancone, dove ingurgito una pinta di birra glaciale e quintali di arachidi. Tutt’al più finirò al pronto soccorso. Lì hanno rispetto per tutti, compresi i castrati del ’700!