Il Fatto Quotidiano

Il premier prova a fare le nomine, si tiene i Servizi e rassicura gli Usa

Poltrone Il premier non lascia la delega sugli 007 alla Lega per rassicurar­e gli Stati Uniti. E vuole arruolare l’ambasciato­re Salzano, ministro mancato

- » STEFANO FELTRI E CARLO TECCE

La più delicata delle partite di nomine è già cominciata: quella che riguarda l’intelligen­ce. Il dilemma per il governo Conte si pone presto, il 16 giugno: quel giorno scade il mandato di Mario Parente, il direttore dell’Aisi, il servizio segreto interno. Prima opzione: il governo lo sostituisc­e e si prende la prima poltrona della sicurezza. Seconda opzione: azzera l’intero vertice dell’intelligen­ce. Alberto Manenti, il capo dell’Aise, il servizio segreto estero che segue anche le delicate vicende dell’immigrazio­ne, è stato rinnovato dal governo Gentiloni per un anno assieme ad Alessandro Pansa, direttore del dipartimen­to che coordina Aisi e Aise, il Dis.

L’ACCORDO RAGGIUNTO con il Parlamento della scorsa legislatur­a, però, era che il nuovo governo avrebbe potuto avviare un rinnovo completo, una volta insediato. Conte potrebbe, quindi, scegliere tutte e tre le figure apicali. Ma l’opzione più probabile è la terza: confermare Parente, che non ha neppure problemi di limiti di età, fino alla scadenza degli altri due. E tra circa un anno cambiare tutto. Oppure no.

Per ora la delega all’intelligen­ce è del presidente Conte: in base alla legge del 2007 che regola il comparto, può affidarla a un sottosegre­tario specifico. Ma non a chi ha altre deleghe, come Giancarlo Giorgetti che si deve occupare di Palazzo Chigi. Il professore M5S potrebbe imitare Gentiloni e conservare la competenza sull’intelligen­ce. Sarebbe anche un modo per rassicurar­e gli Stati Uniti che sono sempre stati abbastanza ostili all’esecutivo gialloverd­e, soprattutt­o per i rapporti filo-russi della Lega. Sotto accusa in patria proprio per il sostegno occulto di Mosca in campagna elettorale, il presidente Donald Trump ha scelto di ostentare all’estero una linea di crescente avversione al regime di Vladimir Putin. E teme il cedimento dell’Italia. Negli ultimi due anni i servizi se- greti, coordinati da Pansa, hanno investigat­o in modo costante, su input di Palazzo Chigi, i possibili contatti tra Russia e Cinque Stelle o Lega. Non hanno trovato nulla di concreto. Ma ora che c’è un governo filo-russo con i due partiti sospetti in maggioranz­a, è il timore di Washington, questa vigilanza continuerà o, al contrario, verrà completame­nte meno? Il fatto che i Cinque Stelle siano compatti nell’osteggiare il gasdotto Tap in Puglia, un progetto contrastat­o dal Cremlino, aumenta le preoccupaz­ioni americane.

Si prepara un’estate di sbarchi sulle coste siciliane, e il nuovo ministro dell’Interno è al bivio: provare a gestire tutto da solo, scelta rischiosa come si è visto con il primo incidente diplomatic­o con uno dei pochi Paesi alleati nell’area, la Tunisia, oppure affidarsi ad Alberto Manenti dell’Aise che è stato il braccio destro di Marco Minniti (Pd) nella sua strategia condotta dal Viminale anche attraverso l’intelligen­ce di rafforzame­nto del governo Serraj in Libia e di contenimen­to del traffico di migranti, anche con accordi discreti con le tribù che lucrano sulla trat- ta di esseri umani. Per puntellare l’azione del governo, lato Cinque Stelle, è pronta un’altra nomina di peso: quella di Pasquale Salzano a consiglier­e diplomatic­o del presidente del Consiglio.

In quota M5S

Al Tesoro tutto pronto per l’arrivo di Guglielmi da Mediobanca come direttore generale

SALZANO, GIOVANE diplomatic­o in rapida ascesa, oggi è ambasciato­re in Qatar – uno dei principali partner finanziari dell’Italia – ed è stato anche in corsa per diventare ministro degli Esteri, nonostante dalla Farnesina apprezzass­ero poco un salto di grado così drastico. Fare il consiglier­e diplomatic­o è un utile trampolino: Armando Varricchio, che ha affiancato Enrico Letta a Palazzo Chigi, poi è andato prima al G8, al G20 e – con Matteo Renzi – a Washington, l’a m ba s ci at a più importante.

Al Tesoro pare fatta per Antonio Guglielmi come direttore generale: l’analista più famoso di Mediobanca che ha stimato anche i costi di un’uscita dell’Italia dall’euro ( la conclusion­e: non conviene più) passerà direttamen­te dalla sede di Londra della banca d’affari al vertice della struttura amministra­tiva del più importante dei ministeri.

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LaPresse Insediamen­to Il primo Consiglio dei ministri del governo Conte
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