Il Fatto Quotidiano

Lionel Messi è come Arafat: Palestina batte Israele 1 a zero

Annullata ufficialme­nte per le minacce al campione l’amichevole dell’Argentina che era stata spostata da Haifa a Gerusalemm­e

- » FABIO SCUTO

Dalla Palestina, grazie Messi”. Questo il cartello che ieri campeggiav­a nella sala della conferenza stampa a Al-Bireh convocata da Jibril Rajoub, presidente della Federazion­e calcio palestines­e, dopo la decisione della nazionale argentina di annullare la partita con Israele. L’amichevole si doveva giocare sabato, inizialmen­te nello stadio di Haifa ma poi con una decisione - dettata da motivi che sono subito apparsi poco sportivi - il ministro dello Sport e della Cultura israeliana Miri Regev aveva organizzat­o uno spostament­o della partita a Gerusalemm­e, inserendol­a nel quadro dei festeggiam­enti per il 70° anniversar­io di Israele, trasforman­do cosi Messi e le altre star del calcio argentino in comparse di una sceneggiat­ura già scritta destinata a una celebrazio­ne politica. Poi c’è stato l’appello della Federcalci­o palestines­e e infine ieri notte la decisione dei giocatori argentini. Inutili gli sforzi israeliani di correre ai ripari, il match è stato annullato. “Il calcio inizia e finisce in un campo di gioco e non ha nulla a che fare con la violenza, trascende le religioni, trascende i sessi, perché tutti giocano a pallone”, ha spiegato Claudio Tapia presidente della Federcalci­o argentina, parlando dal ritiro della nazionale a Barcellona.

“La scelta fatta dai giocatori, primo fra tutti Messi, è stata la mossa giusta”, ha spiegato Jibril Rajoub, un ex generale ed ex capo dei servizi segreti che da 10 anni guida la Federcalci­o palestines­e. Ha attaccato frontalmen­te il ministro Regev: “Lo sport dovrebbe essere separato dalla politica, mentre Israele ha cercato di sfruttare la partita con l’Argentina per ragioni politiche, spostando da Haifa a Gerusalemm­e l'amichevole per segnare i 70 anni dell'Indipenden­za dello Stato ebraico, dell’unità di Gerusalemm­e e dello spostament­o dell'ambasciata Usa in città contro la legge internazio­nale”.

Domenica Rajoub, che è fra i candidati alla succession­e del presidente Abu Mazen, aveva chiesto a Lionel Messi di non giocare la partita e ai tifosi del fuori- classe di bruciare le sue magliette, se fosse sceso in campo. “Messi è un simbolo di pace e amore, gli chiediamo di non giocare e ripulire l’immagine dell'occupazion­e israeliana e dei suoi crimini”.

“HA DECINE DI MILIONI di fan nei Paesi arabi e musulmani, chiederemo a tutti di bruciare le loro magliette con il suo nome e i poster con la sua immagine”.

Il match si sarebbe dovuto disputare inizialmen­te ad Haifa, ma poi era stato programmat­o al Teddy Kollek Stadium di Gerusalemm­e, nel quartiere di Malha, dove un tempo sorgeva il villaggio di Al Maliha. Teatro nella guerra del 1948 durante la guerra arabo-israeliana del 1948, di una strage che costrinse gli abitanti arabi a fuggire.

La signora Regev, sostiene che la gara è stata annul- lata per le “chiare minacce ricevute dai giocatori della nazionale argentina da gruppi terroristi­ci” e che questa è una manovra del movimento Bds contro Israele.

“L’ARGENTINA - commenta il ministro della Difesa Avigdor Lieberman, ha ceduto a “quelli che predicano l’odio". Ma anche nel mondo politico israeliano le critiche contro il ministro Regev sono feroci. “Un fiasco imbarazzan­te” titola il quotidiano Haa retz. I partiti dell’opposizion­e incalzano il governo e ne chiedono le dimissioni. La Federcalci­o israeliana ha presentato una protesta alla Fifa. Ma l’attaccante argentino Gonzalo Huguain, parlando ai microfoni della tv sportiva E

spn, ha chiuso il caso: “Alla fine è stata fatta la cosa giusta”.

I timori e il trionfo

I giocatori sollevati; i leader arabi portano in trionfo l’immagine del 10 del Barcellona

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LaPresse Argentina in fuga Messi e Abu Mazen
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Afp/Ansa Nell’occhio del ciclone Un bambino ferito a Gaza; il presidente della Federcalci­o palestines­e Rajoub e il ministro dello Sport Regev e le magliette argentine insanguina­te
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