Prima gli ungheresi
Èdifficile parlare di Salvini senza cascare nei suoi giochetti. Che sono due. 1) Occupare ogni giorno tg, talk show, giornali e siti per far credere che al governo ci sia solo lui e solo lui vegli insonne sui problemi degli italiani. 2) Attirare su di sé tutte le critiche del vecchio establishment – un misto di giuste obiezioni, pregiudizi iperbolici e processi alle intenzioni – per rafforzare nella gente la convinzione di cui al punto 1. Il miglior modo di parlare di lui è quello di sfidarlo alla prova dei fatti, dopo 25 anni di comoda predicazione da Cazzaro Verde che insegnava agli altri quel che dovevano fare. Ora le chiacchiere stanno a zero: come ha detto Di Maio, “ora lo Stato siamo noi”. Non nel senso di “L’Etat c’est moi” del Re Sole ( come hanno volutamente equivocato i soliti tromboni), ma nel senso che gli anti-sistema ora rappresentano il sistema e, fischiandolo, fischiano se stessi. Salvini, come Conte e Di Maio, annunciano sull’immigrazione cinque obiettivi: ridurre gli sbarchi (e quindi i morti in mare), velocizzare l’esame delle richieste d’asilo, intensificare i rimpatri di chi non ne ha diritto, ridiscutere gli accordi di Dublino per un’equa ripartizione fra i Paesi Ue, statalizzare regione per regione l’accoglienza sottraendola al business privato che tanti scandali e ruberie ha causato.
Al netto della solita insulsa propaganda, tipo “la pacchia è finita”(i migranti, anche irregolari, esclusi i pochi che riescono a guadagnare bene delinquendo, fanno vite d’inferno), sono tutti propositi condivisibili, legali e costituzionali. La riduzione degli sbarchi, già avviata da Minniti, si ottiene continuandone le politiche di collaborazione con gli Stati del Nordafrica e facendo rispettare il codice d’autoregolamentazione per le Ong. Il primo ad annunciare una chiusura dei porti italiani, dinanzi al menefreghismo degli altri Paesi mediterranei, fu un anno fa Minniti, fra i gridolini di giubilo dei commentatori per la “svolta” legalitaria del Pd che finalmente batteva i pugni in Europa. Quindi, ora che Salvini riannuncia la stessa cosa, sarebbe auspicabile un minimo di coerenza: fascismo e xenofobia non c’entrano. Esami delle richieste d’asilo, rimpatrii e accoglienza pubblica dipendono dall’efficienza dello Stato, oltreché dai costi altissimi e dai trattati con gli Stati di provenienza (per ora 4, Tunisia in primis: pessima idea dichiararle guerra, innescando un incidente diplomatico, fra l’altro sulla fake news del boom di “galeotti” che non trova riscontro nelle statistiche). La revisione di Dublino dipende dal peso politico e dall’abilità diplomatica del nuovo governo in Europa.
Mille anni fa Mario Tronti intitolò un suo editoriale Lenin in Inghilterra, ieri Matteo Salvini ha invece scolpito a voce il suo Ronald Reagan nell’Eurozona. Il leader della Lega infatti, pur sprovvisto di cappellone texano, ci ha spiegato via radio la flat tax: “Io spero che ci guadagnino tutti, ma è chiaro che se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più”. È, a spanne, la trickle down economy che fu uno dei pilastri del rea- ganismo: se fai piovere soldi in alto, poi il percolato arriva pure agli zozzoni di terza classe. Ci sarebbero da dire molte cose, la prima è che questo – ammesso non riduca il bilancio dello Stato alle dimensioni di un condominio (la redistribuzione si fa con la spesa) – se non danneggia le fasce di reddito basse, di sicuro regala un pezzo più grande della torta a quelle alte. Certo, l’equità può non interessare, ma ci sarebbe quella cosa dell’Eurozona, aggregato in cui - par di ricordare - il problema fossero le politiche di do- manda, non di offerta. E non solo: non s’era detto che in un sistema di cambi fissi (l’euro), e in costante deflazione tedesca, i maggiori consumi avrebbero trasformato – com’è stato in parte per gli 80 euro – i tagli di tasse in Italia soprattutto in Pil della Germania? Forse no e quindi ora prendiamo una paccata di miliardi e facciamo sì che chi ha un reddito alto paghi molte meno tasse e possa comprarsi una macchina nuova, magari una Mercedes e così, goccia a goccia, farà nascere nuovi posti di lavoro. A Stoccarda.