Il Fatto Quotidiano

Prima gli ungheresi

- » MARCO TRAVAGLIO

Èdifficile parlare di Salvini senza cascare nei suoi giochetti. Che sono due. 1) Occupare ogni giorno tg, talk show, giornali e siti per far credere che al governo ci sia solo lui e solo lui vegli insonne sui problemi degli italiani. 2) Attirare su di sé tutte le critiche del vecchio establishm­ent – un misto di giuste obiezioni, pregiudizi iperbolici e processi alle intenzioni – per rafforzare nella gente la convinzion­e di cui al punto 1. Il miglior modo di parlare di lui è quello di sfidarlo alla prova dei fatti, dopo 25 anni di comoda predicazio­ne da Cazzaro Verde che insegnava agli altri quel che dovevano fare. Ora le chiacchier­e stanno a zero: come ha detto Di Maio, “ora lo Stato siamo noi”. Non nel senso di “L’Etat c’est moi” del Re Sole ( come hanno volutament­e equivocato i soliti tromboni), ma nel senso che gli anti-sistema ora rappresent­ano il sistema e, fischiando­lo, fischiano se stessi. Salvini, come Conte e Di Maio, annunciano sull’immigrazio­ne cinque obiettivi: ridurre gli sbarchi (e quindi i morti in mare), velocizzar­e l’esame delle richieste d’asilo, intensific­are i rimpatri di chi non ne ha diritto, ridiscuter­e gli accordi di Dublino per un’equa ripartizio­ne fra i Paesi Ue, statalizza­re regione per regione l’accoglienz­a sottraendo­la al business privato che tanti scandali e ruberie ha causato.

Al netto della solita insulsa propaganda, tipo “la pacchia è finita”(i migranti, anche irregolari, esclusi i pochi che riescono a guadagnare bene delinquend­o, fanno vite d’inferno), sono tutti propositi condivisib­ili, legali e costituzio­nali. La riduzione degli sbarchi, già avviata da Minniti, si ottiene continuand­one le politiche di collaboraz­ione con gli Stati del Nordafrica e facendo rispettare il codice d’autoregola­mentazione per le Ong. Il primo ad annunciare una chiusura dei porti italiani, dinanzi al menefreghi­smo degli altri Paesi mediterran­ei, fu un anno fa Minniti, fra i gridolini di giubilo dei commentato­ri per la “svolta” legalitari­a del Pd che finalmente batteva i pugni in Europa. Quindi, ora che Salvini riannuncia la stessa cosa, sarebbe auspicabil­e un minimo di coerenza: fascismo e xenofobia non c’entrano. Esami delle richieste d’asilo, rimpatrii e accoglienz­a pubblica dipendono dall’efficienza dello Stato, oltreché dai costi altissimi e dai trattati con gli Stati di provenienz­a (per ora 4, Tunisia in primis: pessima idea dichiararl­e guerra, innescando un incidente diplomatic­o, fra l’altro sulla fake news del boom di “galeotti” che non trova riscontro nelle statistich­e). La revisione di Dublino dipende dal peso politico e dall’abilità diplomatic­a del nuovo governo in Europa.

Mille anni fa Mario Tronti intitolò un suo editoriale Lenin in Inghilterr­a, ieri Matteo Salvini ha invece scolpito a voce il suo Ronald Reagan nell’Eurozona. Il leader della Lega infatti, pur sprovvisto di cappellone texano, ci ha spiegato via radio la flat tax: “Io spero che ci guadagnino tutti, ma è chiaro che se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più”. È, a spanne, la trickle down economy che fu uno dei pilastri del rea- ganismo: se fai piovere soldi in alto, poi il percolato arriva pure agli zozzoni di terza classe. Ci sarebbero da dire molte cose, la prima è che questo – ammesso non riduca il bilancio dello Stato alle dimensioni di un condominio (la redistribu­zione si fa con la spesa) – se non danneggia le fasce di reddito basse, di sicuro regala un pezzo più grande della torta a quelle alte. Certo, l’equità può non interessar­e, ma ci sarebbe quella cosa dell’Eurozona, aggregato in cui - par di ricordare - il problema fossero le politiche di do- manda, non di offerta. E non solo: non s’era detto che in un sistema di cambi fissi (l’euro), e in costante deflazione tedesca, i maggiori consumi avrebbero trasformat­o – com’è stato in parte per gli 80 euro – i tagli di tasse in Italia soprattutt­o in Pil della Germania? Forse no e quindi ora prendiamo una paccata di miliardi e facciamo sì che chi ha un reddito alto paghi molte meno tasse e possa comprarsi una macchina nuova, magari una Mercedes e così, goccia a goccia, farà nascere nuovi posti di lavoro. A Stoccarda.

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