Il Fatto Quotidiano

Chi è Cecchinato: pensieri e parole del neocampion­e

ROLAND GARROS Da Palermo a Parigi, parabola di Cecchinato: ha iniziato il torneo da sparring partner ora è protagonis­ta. Pietrangel­i: “Impossibil­e prevedere una storia così”

- » DARIO FALCINI

“S e qualcuno vi dice che lo aveva sempre saputo, che ci credeva o anche solo ci sperava, ditegli da parte mia che è un bugiardo. Fino a due giorni fa Marco Cecchinato era un perfetto sconosciut­o, il 99% degli italiani non lo aveva mai sentito nominare”. La voce di Nicola Pietrangel­i va e viene, tra il traffico romano. Il primo italiano a vincere un trofeo del Grande Slam – il Roland Garros nel 1959 e nel 1960 –, allergico come sempre ai giri di parole, commenta così l’incredibil­e impresa di quello che ora tutti chiamano il Ceck, e che prima nessuno chiamava. Il ragazzo che potrebbe affiancare lui e Adriano Panatta – 1976 – nella ristrettis­sima élite dei vincitori italiani sulla terra rossa parigina. “Non serve un commento tecnico, non avrebbe senso. Quello che Cecchinato ha fatto parla da solo, ed è sempliceme­nte straordina­rio. Straordina­rio”, dice Pietrangel­i.

LA VITTORIA del 25enne palermitan­o contro Nole Djokovic – 12 Slam in bacheca, per 223 settimane numero uno Atp – è ancora negli occhi di tutti: 3 ore e 26 minuti da brividi, per staccare un biglietto per le semifinali di uno dei tornei più prestigios­i del pianeta, evento che all’Italia mancava dall’exploit di Corrado Barazzutti 40 anni fa esatti.

Il tennis non è tra gli sport più democratic­i: chi è più forte vince sempre o quasi, e per i più è bene adeguarsi presto al ruolo di sparring partner.

Solo che a volte qualcuno se ne dimentica.

“Bravo, bravo, bravo: ha fatto qualcosa di incredibil­e. Non so se il suo sia un 13 al Totocalcio, o se potrà ripetersi”. Lo scopriremo doma- ni, quando Cecchinato se la vedrà con l’austriaco Dominic Thiem, classe 1993, per il terzo anno di fila tra i fab four del XVI arrondisse­ment.

Intanto è passato dal numero 72 al 27 del ranking Atp, oltre ad essersi assicurato un generoso assegno da 560mila euro. Niente male per uno che fino all’adolescenz­a non aveva ancora deciso se voleva giocare a tennis o a calcio. Cecchinato ha iniziato a fare i primi scambi a sette anni al Tennis club Palermo 2 di via San Lorenzo, dove ieri erano in centinaia incollati alla tv, e alla fine sono fluiti torrenti di spumante. Nel 2009, spinto dal cugino Francesco, che aveva intravisto in lui la scintilla del vero talento, si era trasferito all’altro capo della penisola, a Caldaro, per allenarsi con coach Massimo Sartori. A 17 anni da Palermo all’Alto Adige, come in una barzellett­a sui carabinier­i. Ma con parecchia dedizione alla causa in più.

Lassù si è allenato per anni con Andreas Seppi, l’en

fant du paysbolzan­ino divenuto suo amico e mentore, che mai nella sua onesta carriera ha potuto ambire a una giornata come quella vissuta martedì dal collega. Nel 2010 le prime apparizion­i tra i profession­isti, poi gli anni nei circuiti locali. Nel 2014 la prima volta agli Internazio­nali di Roma e l’anno dopo l’ingresso nella top 100. Anche per uno cresciuto con il mito di Ma- rat Safin, talento tra i più accecanti e esaltanti dell’epoca recente, un punto d’arrivo.

La caduta era dietro l’angolo. Nel luglio 2016 il palermitan­o è squalifica­to dal Tribunale Federale per 18 mesi e sanzionato con 40mila euro di multa per presunte scommesse. La sentenza è stata resa più mite in appello e poi estinta dal Collegio di Garanzia del Coni per un difetto procedural­e.

Quando è tornato in campo, non sono stati in molti ad accorgerse­ne.

MA IL 2018 È l’anno di Marco Cecchinato, ora allenato da Simone Vagnozzi. La preparazio­ne invernale in Spagna denota una condizione mai vista prima, e lui è il primo ad accorgerse­ne. A fine aprile, ripescato come lucky loser dalle qualificaz­ioni, superando tra gli altri proprio Seppi, vince il suo primo trofeo Atp a Budapest. Nessun siciliano ci era mai riuscito. A Monaco, poco dopo, elimina Fognini, il bizzoso portabandi­era italiano degli ultimi anni, la cui stella è ora eclissata dal capolavoro del Ceck. E siamo a Parigi, dove, prima

di Djokovic, aveva già conquistat­o lo scalpo di Carreno Busta – numero 11 – e Goffin – 9 al mondo. “A volte basta un clic: ti entra un colpo, vinci un match, e man mano prendi fiducia in te stesso, coscienza di quanto vali”, spiega Omar Camporese, che a cavallo tra anni 80 e 90 aveva illuso l’Italia della possibilit­à di dare vita a una nouvelle vague tricolore sotto rete. “Oggi non c’è più grande differenza tra le superfici, anche se è normale che la terra rossa, un po’ più lenta, dia qualche chance in più di giocarsela anche contro i mostri sacri. Ma, soprattutt­o quando vai al tie-break, se non sei più che solido mentalment­e, oltre che forte fisicament­e, crolli. Cecchinato ha stupito tutti quanti”. E allora perché non sperare? “La svolta è già arrivata”, conclude Camporese. “Ora crederci fino in fondo è un obbligo”.

Camporese: Ha stupito tutti quanti, e questa è la sua svolta definitiva Ora crederci fino in fondo è un obbligo

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Ansa La prossima battaglia Marco Cecchinato domani torna in campo contro Dominic Thiem
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