Conte, c’è la seconda fiducia: numeri ampi e qualche gaffe
Oraèincarica Alla Camera la maggioranza è solida: 350 sì, 236 no. Il premier però non è brillante e inciampa spesso: Di Maio fa da badante, Salvini resta solo pochi minuti
L’esordio di Giuseppe Conte alla Camera non è brillantissimo: si perde il foglio con la scaletta del discorso. Resta in silenzio per quasi un minuto di fronte al microfono sollevato, con la luce rossa accesa, rovistando freneticamente tra i fogli sulla scrivania. Lo soccorre Luigi Di Maio, seduto alla sua destra: non è l’immagine migliore per un premier sconosciuto ai più, che deve mostrare di sapersi emancipare dall’uomo che l’ha scelto.
Il grillino, a sua volta in imbarazzo, lo invita a parlare (mentre con la mano sinistra prova a coprirsi la bocca): “Vai, dai, inizia. Te li scelgo io”. Intende gli appunti. Conte parte. Dopo qualche minuto vengono trovati quei benedetti fogli. Mentre li tiene davanti a sé, le mani tremano un po’. Il nuovo presidente del Consiglio non è ancora un animale politico.
Inciampa con le parole quando parla di giustizia (cita la “presunzione di colpevolezza”) e vive un altro momento di disagio quando ringrazia il presidente della Repubblica: “Mi ha addolorato che qualcuno abbia attaccato la memoria di un suo congiunt o”. Non pronuncia – fo rs e non ricorda – il nome di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, ucciso dalla mafia. Glielo grida Graziano Delrio durante la sua dichiarazione di voto: “Si chiamava Piersanti, si chiamava Piersanti”. Il capogruppo del Pd non si ferma, gli dà della marionetta: “Non faccia il pupazzo dei partiti”. Una virulenza insolita per l’ex democristiano. Applaude convinta anche Forza Italia (succederà più volte nel corso della giornata).
LA BUONA notizia per Conte sono i numeri della fiducia alla Camera. Molto solidi: 350 sì, 236 no, 35 astenuti. I voti per il governo sono 4 più della somma di Lega e 5Stelle, 34 sopra la soglia della maggioranza assoluta. Tra i favorevoli anche quattro espulsi dal M5S – Vitiello, Caiata, Cecconi e Benedetti – e due deputati del Maie, Mario Borghese e Antonio Tasso. Sarebbero 352 se non mancassero due deputati grillini.
Malgrado questo, la cerimonia di battesimo non è felice: non solo il premier è compassato, ma le opposizioni sono molto più aggressive del giorno prima. E uno dei due padrini è assente: se Di Maio è l’ombra di Conte, Matteo Salvini lo si nota di più perché non c’è. In mattinata, durante la discussione generale, si fa vedere solo per il discorso di Riccardo Molinari: il giovane leghista piemontese sarà il capogruppo del Carroccio alla Camera, ora che Giancarlo Giorgetti è passato a Palazzo Chigi.
Salvini lo ascolta, si congratula con lui davanti agli altri deputati e poi lascia Montecitorio. Ritorna nel pomeriggio per un cameo durante la replica di Conte: pochi minuti, una fotografia insieme al premier pubblicata sui social (“Qui Camera, bella squadra. Si parte!”) e poi via di nuovo per un comizio a Brindisi per le Amministrative di domenica. Ancora campagna elettorale.
CONTE in fondo non cambia spartito rispetto a Palazzo Madama. È pacato e un po’monocorde, l’eloquio è professorale (gli escono termini come “censitario”, “bellicistico”, “osten- sibile”). Cerca di specificare alcuni dei temi del contratto trascurati al Senato: infrastrutture e Sud. Un po’ a sorpresa riabilita la “Buona Scuola” di Renzi: “Ci sono delle criticità su cui vogliamo intervenire, ma non abbiamo intenzione di stravolgerla”. Nel complesso non entusiasma nemmeno i suoi. Commento di un anonimo leghista in Transatlantico: “Cosa vuole che le dica? Non mi pare Van Basten, però nemmeno una pippa”.
Il premier vorrebbe evitare toni provocatori ma finisce coinvolto in due polemiche. Una con l’Anac, l’autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone: “Non ci sta dando i risultati che ci attendevamo – dice Conte – e forse avevamo investito troppo”. Dai corridoi dell’Authority fanno sapere che le sue parole sono state accolte con “stupore” ed “è probabile che il presidente del Consiglio non conosca tutto ciò che Anac fa per prevenire la corruzione”. L’altra con le opposizioni: una frase di Conte fa imbufalire il Pd (“Il fatto che mi interrompiate, significa che ciascuno ha il suo piccolo conflitto d’interessi da risolvere”). I dem protestano con una veemenza che pare una copia speculare della passata legislatura, quand’erano dall’altra parte della barricata; i più spiritati sono Emanuele Fiano e Roberto Giachetti.
Nemmeno la chiusura del dibattito, affidata agli “amici” della Lega, è morbidissima. Parla Nicola Molteni: “Presidente Conte, ha la fiducia del grande popolo leghista. Ma dovrà saperla difendere e onorare giorno per giorno”. Ora si inizia.
La giornata del prof Diversi lapsus e battibecchi coi dem, che svelano nell’Aula un asse con Forza Italia