Palazzo Chigi, la Boschi “salva” i fedelissimi
L’ex sottosegretaria ha chiesto al successore Giorgetti di tenersi Aquilanti e Perrotta
Ormai
da giorni è il momento di svuotare i cassetti e portar via gli scatoloni. Il 25 maggio scorso il segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti, scriveva agli uffici che “al giuramento di un nuovo governo”, come prevede la legge, “cessano di avere effetto i decreti di utilizzazione del personale estraneo e del personale di prestito addetto ai gabinetti e segreterie delle autorità politiche e, conseguentemente, il personale interessato terminerà ogni rapporto con la Presidenza del Consiglio”, con l’invito a ritirare la documentazione sanitaria e a restituire tesserini e telefoni.
PERÒ AL MEDESIMO Aquilanti, l’ex funzionario del Senato fedelissimo di Maria Elena Boschi, che l’ha voluto nel ruolo più importante dell’amministrazione di Palazzo Chigi, la legge non è stata applicata. Almeno finora. C’è stata una proroga, si dice di 45 giorni. “Mai visto”, assicurano veterani della Presidenza del Consiglio. Nessuno sa dire se andrà via o rimarrà anche col nuovo governo. Così Aquilanti, classe
1960, che per il futuro ha già una nomina al Consiglio di Stato, era in tutte le foto del giuramento di Conte e dei suoi ministri, spesso molto vicino al leghista Giancarlo Giorgetti, successore di Boschi nel ruolo di sottosegretario alla Presidenza.
Nei giorni frenetici dell’andirivieni del professor Conte tra la Camera e il Qui- rinale raccontano che Aquilanti abbia provato anche a imporre l’a cco mpa gn ato re del presidente incaricato nella persona di Francesco Piazza, un “esterno” del Cerimoniale di Palazzo Chigi, lì traghettato dal Comune di Roma dopo la figuraccia della copertura dei marmi dei Musei Capitolini perché i nudi non dispiacessero al presidente iraniano Hassan Rouhani, che incontrava l’allora premier Matteo Renzi.
Ora, è vero che Conte viene da ll ’ un iv ers it à, non ha mai fatto politica e gli stessi grillini, e perfino qualche leghista, non hanno troppa familiarità con la gestione del potere romano: un segretario generale non si trova da un giorno all’altro. Ed è vero che Boschi lavora per i suoi fedelissimi e al potere ha dimostrato un pervicace attaccamento. Ma l’impressione è che ci sia un accordo esplicito tra la sottosegretaria democratica appena uscita e quello leghista appena entrato. Tant’è che un’altra colonna del potere boschiano, Daria Perrotta, consigliera giuridica e fino a qualche giorno fa capo della segreteria della madre della riforma costituzionale cancellata dal referendum del dicembre 2016, gli scatoloni li sta preparando ma solo per trasferirsi qualche stanza più in là.
GLI UFFICI TECNICI di Palazzo Chigi, nei giorni scorsi, hanno ricevuto l’ordine di trasferire la postazione di lavoro della dottoressa Perrotta, per 15 anni funzionaria della commissione Bilancio della Camera, in un altro locale dello stesso corridoio, “nelle more del perfezionamento del provvedimento di diretta collaborazione del sottosegretario di Stato Giancarlo Giorgetti”. Il decreto non c’è ancora ma sarebbe in arrivo. La fedelissima di Boschi, che per lei voleva la nomina a consigliera della Corte dei conti (ma non è riuscita nel suo intento perché Perrotta è giovane e non ha titoli sufficienti), passerebbe così armi e bagagli al “governo del cambiamento” osteggiato dal Pd. E magari lo stesso destino toccherà ad Aquilanti.
In manovra
L’ex consigliera giuridica ha già una nuova stanza Il segretario generale s’attacca al nuovo premier