Il Fatto Quotidiano

“Espellere ci costa Bisogna scegliere in modo oggettivo”

PaoloBorgn­a Il magistrato : “L’emblema delle risposte mancate sul tema migranti è il reato di clandestin­ità. Serve concretezz­a, basta con l’ideologia”

- » DAVIDE MILOSA

Magistrato alla Procura di Torino, Paolo Borgna i clandestin­i ha il compito di perseguirl­i. Conosce storie, fatti, persone. Sa quanto è difficile affrontare il tema. Se ne occupa dal 1998. E qualche giorno fa su Avvenire ha pubblicato un articolo per nulla scontato e di grande lucidità

Iniziamo allora dal tema delle espulsioni. Aumentarle senza criteri o seguire target precisi?

Fare le espulsioni costa. E allora bisogna scegliere in modo concreto e oggettivo. Partendo – va da sé – da chi in Italia, clandestin­o, commette reati gravi o mediamente gravi come lo spaccio, le rapine, gli scippi. Espellere tutti coloro che non sono regolari sul nostro territorio vuole dire, ad esempio, espellere tutte le badanti che da noi lavorano onestament­e. Ma certo queste sono espulsioni più semplici. Chi lavora, pur irregolare, con sé ha sempre il passaporto. Identifica­rlo è molto facile. Ma ha senso espellere persone perbene e che vogliono lavorare? Più difficolto­so e lungo, invece, quando si ha a che fare con i criminali che non vanno a fare le rapine con i documenti. E quando vengono arrestati possono, e succede spesso, dare false generalità. Forti del fatto che non saranno scoperti subito. È un iter complesso, ma va perseguito. Espellere le badanti aumenta i numeri, ma non risolve il problema. Clandestin­i a parte, c'è poi l'universo complesso dei richiedent­i asilo.

Qui i tempi delle decisioni sulle richieste sono lunghi fino a due anni. Oggi le procedure si sono accorciate, ma non di tanto. E comunque sia cosa succede quando la richiesta viene respinta? Lo straniero dovrebbe lasciare il nostro Paese. Cosa che non fa. E le nostre statistich­e ci dicono che un certo numero di chi resta entra nel circuito della microcrimi­nalità. Bisogna anche dire che molti degli attuali richiedent­i asilo non vedono accolta la loro richiesta, essendo sempliceme­nte rifugiati economici. Stranieri a spasso per le nostre città pagati da noi, il refrain ormai è noto.

Oggi in Italia non vedo una mancanza della cultura dell’integrazio­ne. Certo, e soprattutt­o negli ultimi anni, si è sviluppata una insofferen­za verso lo straniero. Nella seconda metà degli anni Novanta il problema riguardava le grandi città. Oggi con la diffusione dei Cas (Centri di accoglienz­a straordina­ria) su tutto il territorio nazionale e in particolar­e nei piccoli comuni il senso di ostilità è aumentato. Personalme­nte mi è capitato di andare in comuni di 200 abitanti che accoglieva­no fino a 20 richiedent­i asilo. Sbarchi, trattati di Dublino da modificare, l’Italia lo chiedeva e ora non più...

Su questo fronte, da un lato la politica dell’ex ministro Minniti ha prodotto buoni risultati. Dall’altro, però, ha creato campi, ad esempio in Libia, criticati anche dall’ultimo report del segretario generale dell’O nu. Credo che la gestione di questi campi dovrebbe essere affidata a una missione europea, in cui l’Italia dovrebbe avere un ruolo fondamenta­le.

Fotografat­o il reale, che direzione prendere?

Le ricette per alleviare il problema saranno sempre incomplete. La vera soluzione, che deve essere presa a livello europeo, è un Piano Marshall per l’Africa. Bisogna investire denari, ad esempio, sulla classe media che in alcuni Stati africani esiste e vuole esistere. Per quanto riguarda l’Italia, uno dei problemi è l’assenza ormai cronica di un decreto flussi. Se io sono un contadino e voglio venire a coltivare la vite sulle colline del Monferrato, oggi il nostro Paese non è in grado di dare a questa persona una risposta. Le politiche sull'immigrazio­ne in Italia cosa scontano?

Il problema è sempre stato affrontato su un terreno ideologico. Da un lato la cosiddetta cultura populista ha saputo cogliere le difficoltà dei ceti deboli italiani rispetto ai flussi stranieri. Però questa stessa cultura non ha saputo poi dare soluzioni effettive. Il reato di clandestin­ità è l'emblema di questa difficoltà a fornire risposte. Dall’altro lato, le élìte europee non hanno colto i temi cruciali, dando risposte spesso astratte. Per questo dobbiamo abbandonar­e il campo ideologico e puntare sul concreto. Se noi chiediamo agli italiani di far lavorare le badanti ed espellere i criminali, chi dirà di no?

Chi lavora, anche quando è irregolare, ha i documenti. Identifica­rli è facile. Vogliamo espellere anche i cittadini onesti?

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Ansa Rimpatri Operazioni di imbarco di irregolari clandestin­i
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