La Nazionale degli incarcerati da Al-Sisi
Un’Ong e l’11 “alternativo” composto da oppositori
Alaa
Abdel Fattah, Esraa Abdel Fattah, Mahmoud Abu Zeid, Malek Adly, Ismail Al-Iskandarani, Gamal Eid, Negad El Borai, Mozn Hassan, Aida Seif Al Dawla, Azza Soliman, Mohammed Zaree. È molto probabile che questa formazione non sia gradita al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Scorrendo la lista di giocatori, non figura il nome della stella mondiale per eccellenza, Mohamed ‘Momo’Salah, e gli altri non sono che semplici sconosciuti agli amanti del calcio internazionale. In realtà l’11 in questione non rappresenterà la nazionale dei Faraoni all’imminente Mondiale di Russia 2018, limitandosi, piuttosto, a campeggiare sulle magliette indossate ieri sera dagli attivisti dell’organizzazione internazionale Euromed Rights durante la partita Belg io-Egitto. Di base in Danimarca, Euromed Rights si batte per il rispetto dei diritti umani in decine di Paesi e ha messo il regime di al-Sisi nel mirino. Magliette indossate da altrettanti attivisti davanti al pubblico presente sugli spalti dello stadio Re Baldovino di Bruxelles, dove si è disputata la gara amichevole in vista dell’ inaugurazione della Coppa del Mondo, venerdì 14.
Una protesta completamente oscurata dai media egiziani, totalmente nelle mani del regime. Sul terreno di gioco i giocatori ‘reali’, fuori gli attivisti e le ‘pesanti’ magliette indossate. Dietro gli 11 nomi pubblicati ci sono storie drammatiche, come quella di Gamal Eid, difensore dei diritti umani che si era espresso anche sul caso di Giulio Regeni, oppure di Malek Adly, avvocato rinchiuso per mesi in carcere su decisione del governo.
NON POTEVA MANCARE il simbolo dell’assurda strategia del terrore imposta dal regime di al-Sisi, Mahmoud Abu Zeid ‘Shawkan’, il fotoreporter in cella e in attesa di giudizio da quasi 5 anni.
Gli 11 nomi stampati sulle magliette della nazionale ‘alt er n at iv a ’ appartengono a persone che sono detenute, lo sono state e al momento han- no il divieto di viaggiare e di lasciare l’Egitto. Persone che, magari, avrebbero voluto essere presenti sugli spalti per tifare la propria squadra nazionale. Una forma di protesta civile e clamorosa al tempo stesso, in quanto va a toccare uno degli argomenti più sensibili del momento, il calcio, specie in un paese complesso come l’Egitto, dove il football rappresenta una vera e propria ancora di salvezza. Per almeno le prime due settimane della fase a gironi, periodo nel cui la nazionale allenata da Hector Cuper si giocherà le chance di accesso agli ottavi, il Paese nordafricano dimenticherà la violenza, i soprusi e l’insicurezza in cui versa ormai da troppo tempo. La repressione nei confronti di avvocati, giornalisti, blogger, attivisti e via discorrendo, ha subìto un ulteriore giro di vite dopo le elezioni farsa della fine di marzo, quando il presidente al-Sisi è stato rieletto con il 97% dei consensi. Ironia della sorte, tra i candidati ‘ombra’ del dittatore, proprio Salah ha ricevuto parecchi consensi, superando addirittura l’unico sfidante ufficiale, Moussa Mostafa Moussa, sconfitto pure dalle schede nulle.
Provocazione Durante il match a Bruxelles con il Belgio esposti i nomi dei nemici puniti in vario modo dal regime