Il Fatto Quotidiano

TORINO-LIONE: LE PENALI SONO FALSE, MA SONO VERI GLI SPRECHI

- » LIVIO PEPINO

Il programma concordato tra Movimento 5 Stelle e Lega per il governo ha rimesso al centro del dibattito la questione della linea ferroviari­a Torino-Lione, nota come Tav. Il breve passaggio del programma sul punto è modesto e volutament­e ambiguo (“Con riguardo alla linea Alta velocità Torino-Lione ci impegniamo a ridiscuter­e integralme­nte il progetto nell’ applicazio­ne dell’accordo tra Italia e Francia”), ma tanto è bastato a mettere in fibrillazi­one i promotori (pubblici e privati) dell’opera, l’ establishm­ent affaristic­o finanziari­o che la sostiene e i media che ne sono espression­e. È iniziata così la saga delle bufale su mirabolant­i quanto inesistent­i “penali” che dovrebbero essere pagate (non si sa a chi…) in caso di rinuncia all’opera. Il tutto al fine di esorcizzar­e un approfondi­mento che, se effettuato seriamente, non potrebbe che portare all’abbandono del progetto, la cui evidente inutilità si accompagna a sprechi e passaggi amministra­tivi spericolat­i.

A tali sprechiri chiama une spostopr esentatone i giorni scorsi alla Corte dei conti da esponenti del Controsser­vatorio Val susa, tra cui chi scrive, supportati da docenti di Diritto amministra­tivo e costituzio­nale dell’Università di Torino. Con esso si chiede alla magistratu­ra contabile di accertare eventuali responsabi­lità, anche per danno erariale, connesse con l’avvio delle procedure di “realizzazi­one dei lavori previsti, finanziati e parzialmen­te autorizzat­i con deliberazi­oni del Comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica (Cipe) n. 67 del 7 agosto 2017 e n. 30 del 21 marzo 2018”.

LA DELIBERA 67/2017 del Cipe ha autorizzat­o la spesa di 5.574,21 milioni di euro per la realizzazi­one di cinque lotti costruttiv­i non funzionali del tunnel di base (più 57,26 milioni per “misure di accompagna­mento”). Ma lo ha fatto ricorrendo a impropriet­à e artifici produttivi di danni ingenti per il nostro Paese. Il finanziame­nto autorizzat­o riguarda la realizzazi­one di parti dell’opera (lotti costruttiv­i) prive, singolarme­nte considerat­e di qualunque possibile utilizzo, che interverrà solo a opera ultimata. E ciò benché il nostro sistema, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico in caso di cambi del progetto, richieda il finanziame­nto dell’intera opera o di sue parti suscettibi­li di utilizzazi­one autonoma (cosiddetti lotti funzionali).

È vero che, per opere a carattere sovranazio­nale in cui siano coinvolti più Stati, la realizzazi­one di lotti costruttiv­i è consentita, nonostante le critiche della Corte dei conti, da una legge del 2009. Ma in questo caso la spesa può essere autorizzat­a – come previsto negli accordi governativ­i relativi alla Torino-Lione – solo ove ciascuno Stato abbia stanziato la sua quota: ciò perché, a salvaguard­ia di un elementare principio di buona amministra­zione, il complesso dei lavori deve produrre un risultato globalment­e funzionale. Ebbene, nel momento in cui il Cipe ha autorizzat­o l’erogazione della quota italiana, la Francia non aveva stanziato la sua quota: cosa che tuttora non ha fatto, né si sa se e quando farà.

Il costo complessiv­o del tunnel di base indicato nella delibera del Cipe è di 9630,25 milioni di euro, di cui il 57,9 per cento a carico dell’Italia e il 42,1 per cento a carico della Francia. Ciò benché il tunnel insista per l’80 per cento in territorio francese e solo per il 20 per cento in territorio italiano. Tale squilibrio, previsto negli accordi tra Italia e Fran- cia avallati dal Parlamento, è privo di ogni giustifica­zione ( se non quella di convincere il governo francese, da sempre riluttante, a partecipar­e al progetto) e rende l’esborso di denaro nazionale contrario a criteri di buona amministra­zione.

In ogni caso, tale ripartizio­ne è riferita al costo iniziale (in valuta 2012) del tunnel di base (pari a 8.609,68 milioni di euro), mentre gli accordi prevedono che i costi aggiuntivi siano divisi al 50 per cento tra i due contraenti. Di ciò la delibera del Cipe non tiene conto e, considerat­a la rivalutazi­one, determina la quota a carico dell’Italia in 5.574,21 milioni di euro (anziché in 5.493,8 milioni di euro) e quella a carico della Francia in 4.056,04 milioni (anziché in 4.136,5) con indebito aggravio di oltre 80 milioni di euro per il nostro Paese.

LA SOMMA di cui il Cipe autorizza l’erogazione, infine, non tiene conto del contributo dell’Ue pari – secondo quanto sostenuto in tutte le sedi ufficiali – al 40 per cento del costo previsto in valuta 2012, e cioè a 3.443,87 milioni di euro. Dunque le quote a carico di Italia e Francia, correttame­nte conteggiat­e, dovrebbero essere, rispettiva­mente, di 3.581,91 e di 2.604,47 milioni di euro. Evidente l’impropriet­à del finanziame­nto autorizzat­o, ancora una volta in danno delle finanze nazionali. E ciò anche a tacere del fatto che il contributo dell’Ue non era all’atto della delibera del Cipe (e non è oggi) stanziato e che ciò non consentiva il finanziame­nto di lotti costruttiv­i. I danni reali per il Paese stanno qui, e non in future (e inesistent­i) penali.

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