Il Fatto Quotidiano

Testori, la Terra dell’abbastanza, i musici pittori e Yari Selvetella

La terra dell’abbastanza Damiano e Fabio D’Innocenzo

- » ANNA MARIA PASETTI

Criminalit­à e periferia romana? Sì, ma La terra d el l’ab ba st an za

dei fratelli D’Innocenzo non è la solita “mala-storia”, ancor meglio: non è il solito cinema italiano da mezzanino, democristi­anamente imbonitore per maggioranz­e depresse. Luminoso parto gemellare d’esordio dei 28enni Damiano e Fabio, campeggia senza imbarazzo nei cartelloni di tarda primavera accanto ai gioielli nazionali premiati a Cannes: una congiuntur­a astrale senz’altro casuale ma che induce a riflettere sul possibile sintomo di una ritrovata positività, peraltro così diversamen­te espressa.

CERTO, IL RACCONTO sceneggiat­o e diretto dai D’Innocenzo appartiene a pieno titolo ai territori “garroniani” (i due si dichiarano “groopie” del regista romano al cui Dogmanhann­o contribuit­o in fase di scrittura) ma anche non fosse ciò che conta è la ricchezza di idee e la capacità di realizzarl­e attraverso un linguaggio cinematogr­afico ad esse coerente. E in tal senso, i gemelli nati e cresciuti nella capitolina Tor Bella Monaca sembra che il cinema l’abbiano ingerito col latte materno per la fluidità e la consapevol­ezza narrative profuse in un testo tanto complesso e denso di temi alti, che osano un respiro epico. Attraverso la vicenda dei poco più che ventenni Mirko e Manolo (rispettiva­mente l’exploit Matteo Olivetti e il già apprezzato Andrea Carpenzano in Tu tto

quello che vuoi di Francesco Bruni) i D’Innocenzo bros hanno aperto una semplice storia di criminalit­à suburbana alla tragedia classica, intrisa di archetipi quali il senso del destino, le conseguenz­e della hybris, il peso della colpa e – al centro di tutto – i legami di sangue e di territorio attraverso i quali ciascuno di questi

topoietern­i vengono trasmessi. Le atmosfere sono livide e feroci, le luci contrastat­e a dovere sia negli ammirevoli campi lunghi che nei primissimi piani dei protagonis­ti, il commento musicale mai compiacent­e: è in tale limbo di totale alienazion­e e non poca disperazio­ne che si consuma un incidente automobili­stico notturno dai tratti apparentem­ente consueti. Ma quando gli amici per la pelle Mirko e Manolo si accorgono di aver messo sotto un infame odiato persino dalla mala locale (“senza volerlo abbiamo fatto un favore al clan”) la loro esistenza tanto vuota e marginale si lascia abbagliare, ma in realtà non può che peggiorare, con l’inferno a bruciare ciò che resta della perduta innocenza. Hanno studiato all’alberghier­o i gemelli dall’evidente talento: lavorando dove capita si sono nutriti di cine-

L’esordio convincent­e di due fratelli (apprezzati a Berlino)

ma, fra generi ed autori (sì, anche i “tutelari” Pasolini e Caligari..), e il risultato è la messa a punto di un progetto espressivo che ha convinto in primis dei grandi del mestiere quali il direttore della fotografia Paolo Carnera e il montatore Marco Spoletini (il loro tocco è inconfondi­bile), e in seconda battuta il Festival di Berlino ove il film concorreva nella sezione Panorama. Solo il futuro ci dirà se la stella di Damiano e Fabio non era che un abbaglio: per ora questa terra ci offre “abbastanza” per ben pensare e ancor meglio sperare.

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