La minaccia per i gialloverdi è la fine degli acquisti Bce
I mercati prevedono l’aumento dei costi del debito in autunno
Come
nei giorni del panico e di Carlo Cottarelli: il rendimento dei titoli di Stato italiani a 10 anni ieri è tornato sopra il 3 per cento, sul mercato secondario dove gli operatori comprano e vendono i Btp che hanno in portafoglio. A inizio settimana era al 2,5 per cento. “Questi movimenti rivelano la vulnerabilità dei mercati del debito nella periferia dell’eurozona, con l’Italia che trascina al rialzo i rendimenti dei bond degli altri Paesi”, scrive Kate Allen per il Financial Times. Sta tornando la crisi dell’euro? Molti analisti cominciano a chiederselo, ma non è colpa del governo italiano gialloverde.
GIOVEDÌ prossimo, la Bce riunirà i governatori per il meetingmensile e non si annunciano buone notizie: Peter Praet, il capo economista della Banca centrale europea, ha detto che “la prossima settimana il Consiglio direttivo valuterà se i progressi fatti finora sono stati sufficienti a giustificare una graduale uscita dal Quantitative easing”. E gli ultimi numeri indicano che i progressi ci sono stati: a maggio l’inflazione saliva dell’1,9 per cento, la Bce ha l’obiettivo del 2. Il presidente Mario Draghi nei mesi scorsi si era cautelato spiegando che il Quantitative easing – cioè l’acquisto di titoli di Stato da parte di Francoforte – non sarebbe terminato in modo meccanico al raggiungimento della soglia obiettivo, ma soltanto quando la tendenza dei prezzi si fosse assestata. Però sarà sempre più difficile contenere le pressioni che arrivano soprattutto dalla Germania per ridurre lo stimolo monetario straordinario – oggi 30 miliardi al mese – che ha come effetto collaterale di deprimere i rendimenti degli investimenti finanziari dei risparmiatori tedeschi i quali non si curano del costo del proprio debito pubblico, vicini a zero.
Il governo Conte rischia di trovarsi in una tempesta perfetta, con l’inizio della fine del Quantitative easing in autunno che si sovrappone alla sessione di bilancio. Ancora ieri Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo e leader M5S, ha ripetuto la promessa di non far aumentare l’Iva nel 2019: servono 12,5 miliardi da trovare nella legge di Bilancio. Poi ci sarebbe la manovra correttiva da 10 miliardi che la Commissione europea avrebbe titolo di richiedere (ma è difficile che lo faccia). Poi ci sono tutte le promesse del “contratto” di governo che valgono decine di miliardi. Se a questo si aggiungono tensioni sullo spread e un aumento della spesa per interessi (un incremento dell’1 per cento dei tassi, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, farebbe salire il conto di 1,8 miliardi già il primo anno).
C’è un contratto di governo da rispettare, dovremo discutere di deficit con l’Ue e non stiamo parlando di un paio di miliardi CLAUDIO BORGHI
“COS’È LA SOSTENIBILITÀ del debito dell’eurozona senza la garanzia della Banca centrale?”, la domanda di Claudio Borghi, economista e deputato della Lega, pare filosofica. Ma indica una linea: il problema del debito non sono le scelte della politica, ma il comportamento della Bce. Se anche Francoforte ridurrà il suo sostegno, il governo non ridurrà le sue pretese: “C’è un contratto di governo da rispettare, dovremo discutere di deficit con l’Ue e non stiamo parlando di un paio di miliardi”, assicura Borghi. Non sarà un autunno per deboli di cuore.