IL CDA RAI, PRIMO BANCO DI PROVA PER L’ESECUTIVO
Il primo banco di prova del governo sarà a breve, quando verrà deciso il futuro della Rai con il rinnovo del Cda. Avremo la solita lottizzazione o finalmente l’azienda sarà liberata dalla servitù politica? Credo di parlare con cognizione sin da quando un mio pamphlet, Senza chiedere permesso, fu tra le cause della caduta del secondo governo Andreotti, inciampato sulle rovine dell’allora monopolio. In queste ore si sono palesate le prime bramosie. Scandalosa la pretesa dei consiglieri uscenti che senza pudore hanno chiesto di essere rinnovati (tutti eccetto uno), dopo aver dato prova di inerzia e vassallaggio.
HANNO PERSINO avallato la cacciata di Massimo Giletti, nonostante gli ottimi ascolti. Aveva ragione Montanelli quando diceva che i dirigenti tv andrebbero processati non solo per ciò che fanno, ma per ciò che non hanno mai fatto. Saranno capaci 5Stelle e Lega di dare un segnale, rinunciando alla spartizione dei tg, che ci affligge sin dai tempi di Telekabul? L’ultimo asservimento è stato sancito da Renzi, quando ha varato una riforma peggiore persino di quella del dominus targato Dc Ettore Bernabei. Il Pd renziano, dopo aver promosso direttore Campo Dall’Orto, lo ha costretto alle dimissioni, reo di non ubbidire abbastanza. Di recente è stato pubblicato un bando e poco dopo i nominativi di chi ha fatto domanda per il nuovo Cda. Sarà la solita farsa di parvenza democratica per coprire decisioni prese nelle segrete stanze? Rober- to Fico, che prima di diventare presidente del Senato era a capo della Commissione di Vigilanza Rai (un coacervo di inutilità), ha pubblicato un post auspicando che la scelta avvenga “in base al merito e alla competenza”. Gli ha risposto Michele Anzaldi, fedelissimo renziano, chiedendo un consigliere anche per il Pd, dunque sancendo il diritto a perpetuare la lottizzazione. Stando alla legge, il Cda dovrà essere formato da 7 componenti, di cui 6 di nomina politica, roba da repubblica delle banane. Manca la possibilità che qualche consigliere venga espresso dal pubblico attraverso una consultazione e qualcun altro dalle associazioni giovanili. Dovrebbero essere questi i primi referenti, se si avesse rispetto degli spettatori. Nel bando si specifica che possono partecipare “persone di riconosciuta onorabilità, prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative e- sperienze manageriali”. Una poltiglia così vaga da consentire di nominare anche quei due disgraziati studenti di aria fritta, nipoti di Vittorio Feltri, di cui si lamenta dovendoli mantenere a casa. Ho avuto modo di leggere curricula molto interessanti, inviati da una docente della Sapienza e da alcuni esperti di comunicazione. Venisse scelto anche solo uno di loro, avremmo un bel salto di qualità. Attraverso quali criteri e quale trasparenza verificabile dall’opinione pubblica verranno fatte le nomine? Temo nessuna.
OCCORREREBBE che personalità di conclamata indipendenza vagliassero le proposte, valutandole alla luce del sole. Salterebbero i soliti giochini dei partiti per premiare i fedeli, anziché gente competente con la schiena dritta. Infine la cosa più importante: nulla si dice del progetto di tv che si vuole perseguire, né dei programmi da realizzare invece del quotidiano minestrone. Siamo contenti che la Rai sia seguita da un pubblico ultra anziano (i cosiddetti telemorenti) e disertata dai giovani? E ci sta bene che le risorse finanziarie siano divorate da appalti esterni in presenza di circa 13.000 dipendenti lasciati all’angolo, da presentatori costosissimi e servili, da una fiction sempre uguale che spartisce circa 200 milioni di euro l’anno in barba a ogni pretesa di equità?
ROMPERE GLI SCHEMI Parola chiave: indipendenza Avremo la solita lottizzazione o finalmente l’azienda sarà liberata dalla servitù politica?