Il Fatto Quotidiano

Hamas e il sacrificio palestines­e nel venerdì di sangue di Gaza

Israele si prepara all’ennesima manifestaz­ione al confine, mentre la popolazion­e araba appare sempre meno convinta delle linea intransige­nte dei suoi leader

- » FABIO SCUTO

Si prepara l’esercito israeliano schierato attorno alla Striscia di Gaza. I punti deboli della Barriera sono stati sostituiti, le linee sono state rinforzate con altri reparti arrivati di fresco. Elicotteri e caccia sono pronti al decollo nelle basi del sud. Il dispositiv­o militare per fermare oltre la Barriera che circonda Gaza le masse palestines­i è pronto per l’ultimo venerdì di Ramadan. Dall’altra parte del confine anche Hamas è pronto, i palestines­i si preparano per una nuova Great Return March che oggi assume anche il ricordo per l’anniversar­io della Naksa, la bruciante sconfitta del 5 giugno 1967 degli eserciti arabi con l’occupazion­e di Gaza e della Cisgiordan­ia. Si preparano i miliziani mobilitati al massimo per portare anche oggi migliaia di persone a manifestar­e lungo i 37 chilometri della Barriera di confine con Israele. Si preparano gli “aviatori” di Hamas, i lanciatori degli aquiloni incendiari che hanno bruciato centinaia di ettari di terreni agricoli israeliani intorno alla Striscia. Si preparano i medici e paramedici volontari palestines­i: nelle marce sono finora morte 120 persone e 10.000 sono state ferite, 3.500 da munizioni vere. Cifre impression­anti che potrebbero limitare il numero dei partecipan­ti alle proteste, dipenderà dalla capacità di Hamas di convincere i disperati della Striscia che la soluzione alle loro emergen- ze passa attraverso la “Great Return March”.

Ieri mattina l’aviazione israeliana ha lasciato cadere i volantini lungo tutta la Striscia di Gaza, invitando i palestines­i a non prendere parte a violente proteste lungo la Barriera di sicurezza. L’esercito si aspetta che migliaia di residenti di Gaza vadano a protestare, a cercare di abbattere in alcuni punti la Barriera e far sciamare migliaia di manifestan­ti verso le cittadine e kibbutz che sor- gono nelle vicinanze. Un incubo per la sicurezza israeliana. Ieri sera il portavoce dell’Idf ha detto che l’esercito è “pronto e preparato” per una serie di scenari diversi lungo il confine ed è “determinat­o a proteggere i cittadini di Israele e la sua sovranità”. Ieri mattina, come ulteriore deterrenza, sono stati lanciati volantini dagli aerei per dire agli abitanti di Gaza che Hamas sta cercando di usare loro e i loro figli per i propri obiettivi politici, per creare “l’a n a rchia”. “Per il tuo bene” - recita il testo - “è meglio per te non prendere parte a manifestaz­ioni violente lungo il confine o attraversa­rlo. E non lasciare che Hamas ti trasformi in uno strumento per i suoi ristretti interessi”.

Giovedì scorso, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha difeso l’uso da parte israeliana di munizioni vere contro i manifestan­ti di Gaza e ha detto che Hamas vuole che i palestines­i muoiano. “L’ultima cosa che vogliamo è la violenza o lo scontro”, ha sostenuto il premier. Sull’uso delle munizioni vere - quelle usate durante questa crisi sono “modificate” e hanno un effetto devastante nelle parti colpite - la Corte Suprema israeliana questa settimana ha respinto all’unanimità una petizione di due gruppi per la difesa dei diritti umani che accusavano l’Idf di aver violato la legge usando cecchini e munizioni vere contro manifestan­ti armati di sassi e molotov.

La “questione Gaz a” deve essere affrontata, concordano anche molti ufficiali dell’Idf. Ma come? Le condizioni di vita dentro sono terribili e l’emergenza umanitaria è dietro l’angolo. Israele può combattere contro Hamas che controlla la Striscia, ma non può riconquist­are Gaza militarmen­te, il costo umano - oggi - sarebbe spaventoso. L’Anp di Abu Mazen non è in grado di riprendere politicame­nte il controllo della Striscia.

Disgrazie passate La marcia del ritorno di oggi ricorda la seconda cacciata dopo la sconfitta del 1967

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Ansa Barriera insanguina­ta Un manifestan­te ferito a Gaza il 1° giugno
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